Thursday, 25 June 2015
Simon Wren-Lewis
I have wasted far too much of my time killing zombies. This is what Paul Krugman calls ideas or alleged facts that, despite being shown to be wrong countless times, keep coming back to life. In terms of anti-Keynesian mythology, the zombie I have spent too much time on is that 2013 UK growth showed austerity works, but I’ve also done a bit on the mistaken idea that US growth in 2013 shows that Keynesian multipliers are zero. (I’ve been told that what I have done in the US case is deficient for a couple of reasons – neither of which I accept – but those saying this have never shown that doing it their way makes any difference. Instead they prefer to stick to gotcha economics. You can draw your own conclusions from that.) But these are particular episodes for particular countries – what about the big picture?
I happened to be using the IMF’s datamapper recently, and it contains the following for GDP growth in the advanced economies.
There was slow growth in the early 80s, but that was followed by years of around 4% growth. Another slow growth period in the early 90s, followed by years of around 3% growth. The same again for the 2000s. We then had the massive recession of 2009, followed by 3% growth in 2010. Then four years of growth below 2%, which would have been classed as a downturn based on previous experience.
Why has there been such a pathetic recovery? There is a simple, entirely conventional answer, which perfectly fits the timing: fiscal austerity. As I set out here, growth from 2010 in the US, UK and Eurozone would have been closer to previous recoveries without cuts in government consumption and investment.
Now of course there are other explanations. The most obvious is that recoveries from financial crises have been weaker and more prolonged in the past. However a point that is not made often enough is that the austerity explanation and the weak finance explanation are quite compatible with each other. In a recession private spending and public spending on goods and services do not compete, so even if private spending has been weak because of difficulties in obtaining finance, austerity in the form of public spending cuts will still reduce GDP. Furthermore, an inability by consumers to borrow can magnify the impact of cuts in transfers or increases in taxes on consumption.
The only theoretically plausible explanation for why austerity in the form of cuts to government consumption and investment will not reduce output in a demand deficient recession is if monetary policy eases to offset the cuts. That explanation suggests weak growth since the recession is a deliberate choice by monetary policy makers, and it gets more implausible as each day passes. Here is consumer price inflation from the same source. Whereas inflation wobbled around 2% during the Great Moderation, in 2013 and 2014 it was below 1.5%, and this year is heading towards zero.
Il grande quadro
di Simon Wren-Lewis
Ho sprecato anche troppo tempo nell’ammazzare gli zombi. Zombi è il termine con cui Paul Krugman definisce le idee o i fatti presunti che, nonostante siano stati dimostrati sbagliati un numero infinito di volte, continuano a tornare in vita. Nei termini della mitologia antikeynesiana, lo zombi sul quale ho speso troppo tempo è quello per il quale la crescita del Regno Unito nel 2013 avrebbe dimostrato che l’austerità funziona, ma ne ho perso un po’ anche sull’idea sbagliata secondo la quale la crescita degli Stati Uniti nel 2013 mostrerebbe che i moltiplicatori keynesiani sono pari a zero [1] (mi è stato detto che quello che avevo fatto nel caso degli Stati Uniti era difettoso per una paio di ragioni – nessuna delle quali io condivido – ma quelli che lo dicono non hanno mai dimostrato che il loro metodo comporti alcuna differenza. Preferiscono piuttosto attenersi all’economia del “prendere in castagna” [2] gli altri. Da ciò potete trarre le conclusioni del caso). Ma questi sono episodi particolari per particolari paesi – cosa dire del quadro più generale?
Di recente mi è capitato di utilizzare l’atlante statistico del FMI, ed esso contiene quello che segue per la crescita del PIL nelle economie avanzate.
C’è stata la lenta crescita nel corso degli anni ’80, ma ciò che seguì furono anni di crescita attorno al 4%. Un altro periodo di lenta crescita nei primi anno ’90, fu seguito da anni di crescita attorno al 3%. Lo stesso dicasi per gli anni 2000. Avemmo poi la massiccia recessione del 2009, seguita da una crescita del 3% nel 2010. Poi quattro anni di crescita al di sotto del 2%, che sulla base delle precedenti esperienze dovrebbe essere classificata come recessione.
Perché c’è stata una ripresa così modesta? C’è un semplice risposta, del tutto convenzionale, che si adatta perfettamente alla cronologia: l’austerità delle finanze pubbliche. Come ho chiarito in questo articolo [3], la crescita a partire dal 2010 negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Eurozona sarebbe stata più vicina alle precedenti riprese senza i tagli nei consumi e negli investimenti pubblici.
Come è naturale, ci sono adesso altre spiegazioni. La più ovvia è che le riprese dalle crisi finanziarie sono state più deboli e più prolungate nel passato. Tuttavia un aspetto che non è illustrato a sufficienza è che la spiegazione dell’austerità e quella relativa alla debole situazione della finanza sono abbastanza compatibili l’una con l’altra. In una recessione la spesa privata e la spesa pubblica su beni e servizi non sono in competizione, cosicché persino se la spesa privata è stata debole a causa delle difficoltà ad ottenere i finanziamenti, l’austerità nella forma dei tagli alla spesa pubblica ridurrà il PIL. Inoltre, l’incapacità da parte dei consumatori ad indebitarsi amplifica l’impatto dei tagli nei trasferimenti o degli aumenti delle tasse sui consumi.
La sola plausibile spiegazione teorica per la quale l’austerità nella forma di tagli ai consumi ed agli investimenti pubblici non ridurrebbe la produzione in una recessione per insufficienza di domanda, la si ha qualora la politica monetaria faciliti un bilanciamento dei quei tagli. Quella spiegazione indica che una crescita debole a partire da una recessione è una scelta deliberata da parte degli operatori della politica monetaria, e diventa sempre meno plausibile con il passare del tempo. Ed ecco, dalla stessa fonte, l’inflazione dei prezzi al consumo. Mentre l’inflazione oscillò attorno al 2% durante la Grande Moderazione [4], nel 2013 e 2014 essa è stata al di sotto dell’1,5% e quest’anno si sta indirizzando verso lo zero.
[1] Si riferisce ad un post in polemica con l’economista Jeffrey Sachs del 7 gennaio 2015.
[2] “Gotcha” ha il significato di “prendere in castagna” ed è un termine dello slang ebraico americano. Si dice “gotcha” quando si è scoperto un errore o un difetto altrui (ma lo si dice anche per significare di aver compreso finalmente qualcosa, dando una certa enfasi alla scoperta).
[3] L’articolo in connessione nel testo inglese apparve sul blog Vox del 30 gennaio scorso ed aveva come titolo: “Abbiamo già una spiegazione semplice e convenzionale per spiegare la debole crescita”.
[4] Ovvero, gli anni dal 1995 al 2006 nella tabella successiva. Vennero definiti gli anni della Grande Moderazione, proprio perché interruppero un andamento precedente sia dei prezzi che della produzione, caratterizzato da escursioni assai più vistose.
By mm
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