Blog di Krugman

La riforma sanitaria di Obama e l’offerta di lavoro (20 giugno 2015)

 

Jun 20 8:43 am

Obamacare and Labor Supply

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I was critical of CBO yesterday — probably excessively — for giving what seemed like undue cover for deficit scolds in its long-run budget projection. So credit where credit is due: the new report on the consequences of repealing the ACA is definitely not what the Congressional majority wants to hear. Despite including “dynamic scoring”, the report finds, unambiguously, that Obamacare reduces the deficit and repealing it would enlarge the deficit.

Is there anything in the report that provides fodder for the opponents? I see that the Times report says that there are “mixed effects”, because CBO says that GDP would be higher if the ACA were repealed. And maybe the usual suspects will try to spin it that way.

But the truth is that this report is much, much closer to what supporters of reform have said than it is to the scare stories of the critics — no death spirals, no job-killing, major gains in coverage at relatively low cost.

And there’s another important point: while the ACA may lead to somewhat lower GDP because it reduces labor supply, this does not imply a one-for-one loss in welfare. Suppose that a family’s second earner, now assured of being able to get health insurance, chooses as a result to work shorter hours and spend more time taking care of the children. GDP goes down — but there is a compensating non-monetary gain.

In fact, in a perfectly competitive economy the gain would fully offset the fall in GDP: if workers are paid their marginal product, the fall in GDP from the ACA is equal to the lost wages, but workers choosing to work less clearly prefer to have the extra time to the extra wages. Or to put it a bit differently, other things equal it’s a good thing if workers, freed from the fear that they won’t be able to get health insurance, respond by voluntarily working less.

OK, the story is made more complicated by taxes, which place a wedge between wages paid and income received; so there probably is a net cost to a fall in labor supply. But this effect is fully captured by the loss in revenue, which CBO doesn’t think would be large.

So overall this isn’t at all a “mixed” report — it’s a very big win for Obamacare supporters.

 

La riforma sanitaria di Obama e l’offerta di lavoro

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Ieri sono stato critico – forse eccessivamente – con il CBO per aver fornito una copertura non dovuta alle Cassandre del deficit con la sua previsione di bilancio nel lungo periodo. Dunque, diamo il merito quando è dovuto: il nuovo rapporto sulle conseguenze di una abrogazione della legge di riforma sanitaria definitivamente smentisce quello che la maggioranza congressuale voleva sentirsi dire. Nonostante l’aver incluso il metodo della “valutazione dinamica” [1], il rapporto scopre, senza incertezze, che la riforma sanitaria riduce il deficit e l’abrogazione lo amplierebbe.

C’è qualcosa nel rapporto che dà qualche argomento agli oppositori della riforma? Vedo che il servizio del Time afferma che ci sono “effetti combinati”, perché il CBO afferma che il PIL sarebbe più alto se la legge di riforma sanitaria fosse abrogata. E forse i soliti noti cercheranno di manipolare in quel modo la notizia.

Ma la verità è che questo rapporto è del tutto più vicino a quello che i sostenitori della riforma hanno sostenuto che non ai racconti spaventosi dei critici – nessuna spirale fatale, nessuna eliminazione di posti di lavoro, importanti incrementi nella copertura assicurativa a costi relativamente bassi.

E c’è un altro punto importante: mentre la Legge sulla Assistenza Sostenibile in qualche modo porta ad un PIL più basso perché riduce l’offerta di lavoro, questo non implica una pari perdita di benessere. Si supponga che il secondo percettore di reddito di una famiglia, che ora è sicuro di poter ottenere l’assistenza sanitaria, scelga di conseguenza di lavorare meno ore e di spendere più tempo nel prendersi cura dei figli [2]. Il PIL scende – ma c’è un guadagno non monetario che lo compensa.

Di fatto, in un’economia perfettamente competitiva il vantaggio compenserebbe pienamente la riduzione del PIL: se i lavoratori sono pagati per il loro prodotto marginale, la caduta del PIL a seguito della legge di riforma sanitaria è eguale alla perdita di salario, ma lavoratori che scelgono di lavorare meno chiaramente preferiscono avere tempo aggiuntivo per salari aggiuntivi. O, per dirla un po’ diversamente, a parità delle altre condizioni è una buona cosa se i lavoratori, liberati dal timore di non poter ottenere l’assicurazione sanitaria, rispondono in modo volontario lavorando di meno.

È vero, la storia è resa più complicata dalle tasse, che costituiscono un cuneo tra i salari pagati e i redditi percepiti, cosicché probabilmente c’è un costo netto per una diminuzione dell’offerta di lavoro. Ma questo effetto è interamente trattenuto dalla diminuzione delle entrate, che il CBO non pensa sarebbe ampia.

Dunque, in generale questo non è affatto un rapporto con un risultato “misto” – è proprio una grande vittoria per i sostenitori della riforma della assistenza sanitaria di Obama.

 

 

[1] Nel passato recente i repubblicani avevano insistito su questo aspetto tecnico relativo a metodi di valutazione statistica che avrebbero condotto a stime più ottimistiche, dal loro punto di vista.

[2] Questa pare sia, in effetti, l’unica ragione per la quale la riforma ha un qualche effetto sull’offerta di lavoro. In qualche modo, la normativa precedente costringeva molti lavoratori a lavorare al massimo, per non correre il rischio di perdere la copertura assicurativa. Non avendo più, con la riforma, quel timore, i lavoratori sono più liberi di decidere il loro tempo di lavoro, ad esempio non facendo più straordinari ed stando più con i figli. Statisticamente, l’effetto è un riduzione del monte ore, che però viene bilanciata da maggiore benessere sociale.

 

 

 

 

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