Jun 29 7:10 am
Barry Eichengreen asks himself why his influential analysis, suggesting that the euro was irreversible now appears wrong. Surely in a direct, mechanical sense what we’re seeing is the process I warned about five years ago:
Think of it this way: the Greek government cannot announce a policy of leaving the euro — and I’m sure it has no intention of doing that. But at this point it’s all too easy to imagine a default on debt, triggering a crisis of confidence, which forces the government to impose a banking holiday — and at that point the logic of hanging on to the common currency come hell or high water becomes a lot less compelling.
But doesn’t the ultimate cause lie in wild irresponsibility on the part of the Greek government? I’ve been looking back at the numbers, readily available from the IMF, and what strikes me is how relatively mild Greek fiscal problems looked on the eve of crisis.
In 2007, Greece had public debt of slightly more than 100 percent of GDP — high, but not out of line with levels that many countries including, for example, the UK have carried for decades and even generations at a stretch. It had a budget deficit of about 7 percent of GDP. If we think that normal times involve 2 percent growth and 2 percent inflation, a deficit of 4 percent of GDP would be consistent with a stable debt/GDP ratio; so the fiscal gap was around 3 points, not trivial but hardly something that should have been impossible to close.
Now, the IMF says that the structural deficit was much larger — but this reflects its estimate that the Greek economy was operating 10 percent above capacity, which I don’t believe for a minute. (The problem here is the way standard methods for estimating potential output cause any large slump to propagate back into a reinterpretation of history, interpreting the past as an unsustainable boom.)
So yes, Greece was overspending, but not by all that much. It was over indebted, but again not by all that much. How did this turn into a catastrophe that among other things saw debt soar to 170 percent of GDP despite savage austerity?
The euro straitjacket, plus inadequately expansionary monetary policy within the eurozone, are the obvious culprits. But that, surely, is the deep question here. If Europe as currently organized can turn medium-sized fiscal failings into this kind of nightmare, the system is fundamentally unworkable.
La terribile gratuità della crisi greca
Barry Eichegreen si chiede perché la sua persuasiva analisi, che mostrava come l’euro fosse irreversibile, oggi appaia sbagliata [1]. Di certo, quello che stiamo osservando, in un senso diretto e meccanicistico, è il processo per il quale avevo messo in guardia cinque anni orsono:
“Lo si consideri in questo modo: il Governo greco non può annunciare una politica di abbandono dell’euro – e sono sicuro che non ha intenzione di farlo. Ma a questo punto è anche troppo facile immaginare un default sul debito, che innesca una crisi di fiducia, che costringe il Governo ad imporre un periodo di sospensione alle banche – e a quel punto la logica dell’aggrapparsi alla valuta comune qualunque cosa accada diventa un bel po’ meno impellente.”
Ma la causa definitiva non risiede nella incontenibile irresponsabilità del Governo greco? Sono tornato ad osservare i dati, resi prontamente disponibili da parte del FMI, e quello che mi sorprende è quanto i problemi della finanza pubblica greca apparissero relativamente modesti all’epoca della crisi.
Nel 2007 la Grecia aveva un debito pubblico leggermente superiore al 100 per cento del PIL – elevato, ma non fuori dai livelli che molti paesi, incluso il Regno Unito, avevano sostenuto per decenni e persino per la durata di intere generazioni. Essa aveva un deficit di bilancio di circa il 7 per cento del PIL. Se pensiamo che in periodi normali si suppone una crescita del 2 per cento ed una inflazione del 2 per cento, un deficit del 4 per cento sarebbe coerente con un rapporto debito/PIL stabile; dunque il differenziale di finanza pubblica era di circa 3 punti, non banale, ma difficilmente considerabile come qualcosa che sarebbe stato impossibile colmare.
Ora, il FMI dice che il deficit strutturale era molto più ampio – ma questo riflette la stima secondo la quale l’economia greca stava operando il 10 per cento al di sopra della sua capacità produttiva, la qualcosa non mi convince per niente (in questo caso il problema è il modo in cui i metodi standard della stima della produzione potenziale fanno in modo che ogni ampia recessione si propaghi all’indietro sino ad una reinterpretazione della storia, facendo diventare il passato un boom insostenibile).
Dunque, è vero, la Grecia aveva una spesa eccessiva, ma non poi così tanto. Era sovra indebitata, ma ancora non così esageratamente. In che modo questo si è trasformato in una catastrofe che, tra le altre cose, ha vista il debito schizzare al 170 per cento del PIL nonostante una austerità selvaggia?
È chiaro che i responsabili sono la camicia di forza dell’euro, e in aggiunta una politica monetaria inadeguatamente espansiva all’interno dell’eurozona. Ma è proprio quella la domanda sostanziale, in questo caso. Se l’Europa per come è attualmente organizzata può trasformare difetti nella finanza pubblica di medie dimensioni in incubi di questo genere, fondamentalmente è il sistema che non può funzionare.
[1] Si tratta di una intervista di Eichengreen a “The Conversation”.
By mm
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