Blog di Krugman

Note sulla Walmart e sui salari (per esperti) (dal blog di Krugman, 10 giugno 2015)

 

Notes on Walmart and Wages (Wonkish)

June 10, 2015 6:23 am

Walmart reports that its recent wage hike is paying off via reduced turnover, which produces cost savings that offset the direct expense of the higher wages. In other words, efficiency wage theory is vindicated. What are the political/policy implications? What follows is a slightly wonkish note, largely to myself.

Efficiency wage theory is the idea that for any of a number of reasons, employers get more out of their workers when they pay more. It could be effort, it could be morale, it could be turnover. The causes of the efficiency gain could lie in psychology, or simply in the fact that workers are less willing to risk better-paying jobs with bad behavior. The details can matter a lot in some contexts, but in this note I just want to assume that worker productivity is increasing in the wage rate. And I want to focus on the decisions of an individual employer, not the full market equilibrium.

In the absence of an efficiency-wage effect – and also of monopsony power in the labor market, which I’ll come back to another time – an employer can be thought of as choosing employment L to maximize profits, which are equal to the value of sales (net of purchased inputs) generated by the work force minus wages paid:

(1) P = V(L) – wL

where the wage rate w is given by the market, and is outside the employer’s control.

With efficiency wages, we can think of each worker’s productivity E as being an increasing function of the wage paid, so that this problem instead becomes one of maximizing

(2) P = V(L*E(w)) – wL

where the employer gets to choose both L and w.

Let’s assume that the employer actually gets this choice right. That is, I am not going to suggest that Walmart has been making a mistake with its always-low-wages policy, that it would have been more profitable all along if it had been following a Costco-like strategy. Even so, efficiency-wage effects can make a lot of difference.

To see why, suppose that the employer finds itself under some kind of pressure to raise wages – the threat of union organizing, a boycott from consumer groups, politicians looking at it funny. How will it respond to this pressure?

Well, in the absence of efficiency wages the employer has a strong incentive to resist this pressure, because raising wages has a clear negative effect on profits:

dP/dw = -L*

where L* is the initial level of employment. Induced effects on L don’t show up here because of the envelope theorem – L was already chosen to maximize P, so small changes have no further effect.

But if there is a significant efficiency-wage effect, a small rise in wages has a negligible effect on profits:

dP/dw = 0

Why? Envelope theorem again: because w was already chosen to maximize profits, a small change has no further effect. When you’re at the top of a hill, a single step in any direction doesn’t change your elevation much.

And what this suggests in turn is that a relatively small amount of pressure can nonetheless have relatively big effects on wages: the employer may well be willing to raise wages by, say, 20 percent to avoid a consumer boycott or 40 percent to avoid a strike because it knows that it can make up most of the direct cost of the wage hike via reduced turnover and increased productivity.

Or to put it differently, efficiency wages suggest right away that the invisible hand’s grip on labor is a lot looser than people imagine, that wages are relatively easy to shift with social and political pressure. And this is one important reason attempts to reduce inequality can and should involve working on the distribution of market income as well as ex-post redistribution through taxes and transfers.

 

 

Note sulla Walmart e sui salari (per esperti)

La Walmart informa che il suo recente aumento salariale la sta compensando con una riduzione del turnover, che produce risparmi di costo che bilanciano la spesa diretta in salari più alti. In altre parole, si fa giustizia della teoria salariale della efficienza. Quali sono le implicazioni pratiche e politiche? Quella che segue è una nota leggermente per esperti, in gran parte per me stesso.

La teoria salariale della efficienza è l’idea che per un certo numero di ragioni, i datori di lavoro ottengono di più dei loro lavoratori, quando pagano di più. Potrebbe dipendere dall’impegno, dall’attaccamento al lavoro, dal turnover. Le cause dell’aumento di efficienza potrebbero risiedere nella psicologia, o semplicemente nel fatto che i lavoratori hanno meno voglia di rischiare con la cattiva condotta un posto di lavoro meglio pagato. In alcuni contesti i dettagli potrebbero essere importanti, ma in questa nota voglio solo considerare che la produttività del lavoratore aumenta con il tasso salariale. E mi voglio concentrare sulle decisioni di un datore di lavoro singolo, non sull’equilibrio del mercato intero.

In assenza di un effetto salariale dell’efficienza – ed anche del potere di monopsonio [1] nel mercato del lavoro, sul quale aspetto tornerò in un secondo tempo – un datore di lavoro può essere pensato come un soggetto che sceglie una occupazione L per massimizzare i profitti, che sono eguali al valore delle vendite (al netto degli input acquistati) generato dalla forza lavoro, dedotti i salari pagati:

 

(1) P = V(L) – wL

Dove il tasso salariale w è dato dal mercato ed è fuori dal controllo del datore di lavoro.

Con salari di efficienza, possiamo pensare alla produttività di ciascun lavoratore E come se fosse una funzione che incrementa i salari pagati, cosicché questo problema diventa piuttosto un fattore di massimizzazione:

 

(2) P = V(L*E(w)) – wL

 

laddove il datore di lavoro ottiene di scegliere sia L che w.

Assumiamo che il datore di lavoro faccia effettivamente queste scelte nel modo giusto. Vale a dire, non intendo suggerire che la Walmart abbia fatto un errore con la sua politica di salari sempre bassi, che avrebbe avuto maggiori profitti sin dall’inizio se avesse seguito una strategia del tipo quella della Costco [2]. Anche così, gli effetti dell’efficienza salariale possono fare molta differenza.

Per capire la ragione, supponiamo che il datore di lavoro si trovi a subire una qualche pressione per elevare i salari – la minaccia di una organizzazione sindacale, un boicottaggio da parte di gruppi di consumatori, gli uomini politici che lo guardano con diffidenza. Come risponderà a queste pressioni?

Ebbene, se non vi fossero salari di efficienza il datore di lavoro avrebbe un forte incentivo a resistere a queste spinte, giacché elevare i salari ha chiaramente un effetto negativo sui profitti:

dP/dw = -L*

laddove L* è il livello iniziale di occupazione. Gli effetti indotti su L in questo caso non si presentano per effetto del teorema dell’ “involucro” [3] – L era già stato scelto per massimizzare i profitti, cosicché piccoli cambiamenti non producono effetti ulteriori. Ma se c’è un effetto significativo di efficienza salariale, una piccola crescita dei salari ha un effetto trascurabile sui profitti:

dP/dw = 0

Perché? Ancora per il teorema dell’ “involucro”: perché w era già stato scelto per massimizzare I profitti, un piccolo cambiamento non ha effetti ulteriori. Quando siete in cima ad un colle, un piccolo passo in una direzione qualsiasi non cambia molto la vostra elevazione.

E questo a sua volta suggerisce che una quantità relativamente modesta di pressione può nondimeno avere effetti relativamente alti sui salari: il datore di lavoro può essere disponibile ad aumentare diciamo del 20 per cento i salari per evitare un boicottaggio da parte dei consumatori, oppure del 40 per cento per evitare uno sciopero, perché sa che può compensare gran parte del costo diretto dell’aumento salariale attraverso un turnover ridotto ed una produttività accresciuta.

Oppure, per dirla diversamente, salari di efficienza indicano immediatamente che la presa della ‘mano invisibile’ [4] sul lavoro è più fiacca di quello che la gente immagina, che è relativamente semplice spostare i salari con la spinta sociale e politica. E questa è una importante ragione per la quale i tentativi di ridurre l’ineguaglianza possono e dovrebbero includere l’operare sulla distribuzione del reddito di mercato, così come sulla redistribuzione a valle, attraverso le tasse ed i trasferimenti di finanza pubblica.

 

[1] Il termine monopsonio designa una particolare forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un solo acquirente a fronte di una pluralità di venditori … In alcune aree, una grande azienda industriale può creare un distretto di piccole aziende che la forniscono di componenti, ma che hanno per definizione un unico e solo acquirente. In tale forma si ricreano le condizioni di monopsonio. (Wikipedia)

[2] La Costco è un’altra catena di supermercati che in genere opera su prodotti di qualità maggiore della Walmart, con personale meglio pagato.

[3] La traduzione è quasi letterale, in italiano credo che si dica “teorema dell’inviluppo”. Si tratta di un teorema matematico complicato, che (mi limito a tradurre) mostra come i “cambiamenti nell’ottimizzatore dell’obiettivo non contribuiscono al cambiamento nella funzione dell’obbiettivo”).

[4] La ‘smithiana’ mano invisibile del mercato capitalistico.

 

 

 

 

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