Blog di Krugman

Parla il Signor Mercato (6 giugno 2015)

 

Jun 6 6:01 am

Mr. Market Speaks

Way back, when it wasn’t entirely silly to say that there was a real debate about the impact of fiscal and monetary policy in a liquidity trap, there were really two big issues on which academics like me and those who claimed to be wise about such matters but didn’t do models differed. One was inflation; the other was interest rates, where there were many dire warnings about the impact of budget deficits, but basic macroeconomics said otherwise.

You might think that six years of low rates would have settled that dispute, but we live in an age of derp. Indeed, what’s really remarkable is the enduring conviction of the other side that it knows what the market — “Mr. Market”, in Robert Peston’s phrase — wants, even though actual market results have been very much what liquidity-trap theory predicted.

Yet to the extent that the peddlers of interest rate derp acknowledge this at all, they berate markets for not behaving as they should. Remember when Alan Greenspan declared the failure of interest rates to spike and inflation to take off “regrettable“? (When I ran into another well-known figure a few months ago, he did concede that “The market seem to agree with you,” but his tone was quite bitter.)

Now Jonathan Portes points out that the recent UK election offers a natural experiment: the surprising result, which gave the Tories an outright majority, also means much more austerity looking forward than one would have expected otherwise. So did Mr. Market respond by driving down long-term interest rates? No — there was no bond-market response at all.

This ought to move the discussion. But after all these years, I’ve long since stopped expecting any such thing.

 

Parla il Signor Mercato

Nel passato, quando non era stupido dire che c’era un dibattito vero sull’impatto della politica della finanza pubblica e monetaria in una trappola di liquidità, c’erano in realtà due grandi temi sui quali gli accademici come me e coloro che pretendevano di essere saggi ma non lo erano, utilizzavano per davvero modelli diversi. Uno era l’inflazione; l’altro erano i tassi di interesse, a proposito dei quali si diffondevano molti ammonimenti tremendi sull’impatto dei deficit di bilancio, mentre la macroeconomia di base diceva l’opposto.

Potreste pensare che sei anni di bassi tassi abbiano risolto quella disputa, ma viviamo in un’epoca di “derp” (“ottusi”). In effetti, quello che è davvero considerevole è la perdurante sicurezza da parte dell’altro schieramento di conoscere cosa vuole il mercato – “il signor Mercato”, per usare la frase di Robert Preston -, anche se i risultati del mercato effettivo sono stati in gran parte quelli che la teoria della trappola di liquidità aveva previsto.

Tuttavia, ammesso che i divulgatori della ottusità sul tasso di interesse in qualche modo riconoscano questa circostanza, essi rimproverano i mercati perché non si comportano come dovrebbero. Ricordate quando Alan Greenspan dichiarò che il fatto che i tassi di interesse non si impennassero e l’inflazione non decollasse era “deplorevole”? (quando, pochi mesi orsono, mi incontrai con un altro ben noto personaggio, egli ammise che “Il mercato sembra convenire con lei”, ma il suo tono era abbastanza rancoroso).

Adesso Jonathan Portes mette in evidenza che le recenti elezioni nel Regno Unito offrono un esperimento naturale [1]: il sorprendente risultato, che ha dato ai conservatori una maggioranza assoluta, comporta anche, guardando in avanti, molta maggiore austerità di quanto ci si sarebbe aspettati altrimenti. Dunque, il Signor Mercato ha risposto spingendo in basso i tassi di interesse a lungo termine? Niente affatto, non c’è stata alcuna risposta da parte del mercato dei bond.

Questo dovrebbe riaprire una discussione. Ma dopo tutti questi anni, è molto tempo che io ho smesso di aspettarmi cose del genere.

 

 

[1] L’articolo di Portes appare sul blog dell’Institute of Economic and Social Research, che lui stesso dirige. Nell’articolo si sostengono un po’ più ampiamente gli stessi concetti di questo post di Krugman, con l’aggiunta di una tabella sulla evoluzione più recente dei bond statunitensi e del Regno Unito (i “gilt”, secondo una espressione antica che significa “aurei”), che mostra una sostanziale somiglianza e soprattutto un andamento piatto a partire in particolare dal maggio di quest’anno.

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