Jun 13 4:22 pm
According to the FT, the financial fear du jour is no longer Greece, or inflation, or any of the other things that have obsessed markets in recent years; it’s liquidity. We are pointed to a recent column by Stephen Schwarzman, who warns that lack of liquidity (sorry, he said that about ending the tax loophole for equity managers) may cause a financial crisis; Nouriel Roubini agrees.
So what’s all this about? I’ve actually had a hard time understanding much of this discussion, and I don’t think it’s because I’m stupid; I’m pretty sure that the word “liquidity” is being used to refer to two somewhat different things. One is liquidity in the normal sense of “thick markets”, in which someone who wants to sell assets quickly can find buyers without offering fire-sale prices. The other is closer to arbitrage — the presence of investors who will buy assets that are obviously underpriced, and in so doing prevent big deviations of prices from fundamental values. These two things could be related, but aren’t the same — a market in which an individual investor can sell $10 billion in bonds without causing ripples might also be a market in which nobody will step in to buy bonds after a taper tantrum, and vice versa.
Schwarzman seems to be talking about the second of these two issues, what I was taught by Shleifer and Vishny to think of as the limits of arbitrage. As they pointed out almost 20 years ago, much investment is done by financial intermediaries who specialize in particular asset classes, and who tend to find themselves undercapitalized and unable to attract funds when the prices of those assets fall sharply — that is, precisely when they should be buying. This sort of thing probably plays an important role in financial crises, global contagion, etc.. And it would be interesting and important if there’s solid evidence that the problem is getting worse.
But most of the evidence being presented seems to be more about the first issue than the second — bigger intraday swings and so on, which in and of themselves matter only to a handful of players. And you really, really have to wonder about Schwarzman’s claims that financial regulation is actually worsening the problem; he write as if the only reason financial institutions pull back when asset prices are plunging is because government regulators force them to. Amazingly, he holds up bank behavior in 2008 — 2008! — as a model of the kind of stabilizing behavior we have lost:
More generally, banks will not satisfy customers’ needs in a financial crisis as they have in the past. While many banks actively lent in 2008, the new capital requirements will cause banks to hoard capital with an eye toward satisfying the regulators, rather than meeting the needs of their customers.
Just for the record, here’s what happened to prices of subprime-backed securities during the crisis — a pretty clear example of massive overshoot, achieved without a bit of help from Dodd-Frank:
Maybe there is a real issue here. But as always when you listen to financial insiders, especially when they use language nobody really understands, you have to assume until proven otherwise that they’re talking their book.
Regolamentazione ed arbitraggio (intrinsecamente per esperti)
Secondo il Financial Times, la paura finanziaria del giorno non è più la Grecia, o l’inflazione o una delle altre cose che hanno ossessionato i mercati negli anni recenti: è la liquidità. Siamo indirizzati ad un articolo di Stephen Schwarzman, che mette in guardia che la scarsità di liquidità è proprio simile a quando Hitler invase la Polonia (scusate, egli l’ha sostenuto a proposito della interruzione delle elusioni fiscali da parte degli operatori di titoli) può provocare una crisi finanziaria; e Nouriel Roubini concorda.
Dunque, di cosa si tratta? In verità ho qualche difficoltà ad intendere gran parte di questa discussione, e non penso che dipenda dal fatto che sono stupido; sono quasi certo che la parola “liquidità” venga utilizzata per riferirsi a due cose alquanto diverse. Una è la liquidità nel senso normale dei “mercati densi”, nei quali qualcuno che vuole vendere asset può rapidamente trovare compratori senza offrire a prezzi di svendita. L’altra è più vicina all’arbitraggio [1] – la presenza di investitori che vogliono acquistare asset che siano evidentemente sottovalutati, e nel far ciò impediscono grandi variazioni di prezzi dai valori fondamentali. Sono due cose che possono essere in relazione, ma che sono diverse – un mercato nel quale un investitore individuale può vendere 10 milioni di dollari in bond senza provocare effetti a catena può anche essere un mercato nel quale nessuno si farà avanti per acquistare bond dopo una crisi di nervi [2], e viceversa.
Schwarzman sembra stia parlando della seconda tematica, che io avevo appreso da Shleifer e Vishny [3] per riflettere sui limiti dell’arbitraggio. Come essi misero in evidenza circa 20 anni orsono, molti investimenti sono fatti da intermediari finanziari che si specializzano in particolari classi di asset, e tendono a ritrovarsi sottocapitalizzati ed incapaci di attrarre finanziamenti quando i prezzi di quegli asset cadono bruscamente – ovvero, precisamente nel momento in cui dovrebbero acquistare.
Questo genere di situazione gioca probabilmente un ruolo importante nelle crisi finanziarie, nei contagi globali etc. E sarebbe interessante se ci fossero prove solide che questo problema sta diventando peggiore.
Ma gran parte delle prove che vengono presentate sembrano riguardare il primo tema piuttosto che il secondo – le più grandi variazioni infragiornaliere e cose del genere, che in sé e per sé sono importanti solo per una manciata di operatori. E, a proposito degli argomenti di Schwarzman secondo i quali la regolamentazione finanziaria sta effettivamente peggiorando il problema, c’è da restare meravigliati; egli scrive come se l’unica ragione per la quale gli istituti finanziari si ritirano quando i prezzi degli asset stanno crollando dipendesse dai regolatori pubblici che li costringono a farlo. In modo stupefacente, egli rimanda alla condotta delle banche nel 2008 – il 2008! – come un modello di quel genere di comportamento di stabilizzazione che abbiamo perduto:
“Più in generale, le banche non potranno più soddisfare le necessità dei clienti in una crisi finanziaria come facevano nel passato. Mentre molte banche facevano attivamente crediti nel 2008, le nuove regole sui capitali costringeranno le banche ad accumulare capitali con l’occhio rivolto a soddisfare i regolatori, piuttosto che a venire incontro ai bisogni dei loro clienti.”
Solo per memoria, ecco quello che accadde ai prezzi dei titoli garantiti dai subprime durante la crisi – un esempio abbastanza chiaro di un massiccio superamento di ogni limite, ottenuto senza il minimo contributo della Dodd-Frank [4]:
Può darsi che in questo caso ci sia un problema vero. Ma come sempre quando si ascoltano gli operatori finanziari, specialmente quando utilizzano un linguaggio che nessuno comprende, si deve considerare sino a prova contraria che stiano pensando al loro portafoglio.
[1] In finanza, l’Arbitrage Pricing Theory (APT) è un modello in base al quale il rendimento di un titolo azionario è espresso in funzione dei rendimenti di una serie di fattori di rischio (ad es. fattori legati a variabili macroeconomiche come il prezzo del petrolio o il PIL; ma anche fattori di diversa natura). (Wikipedia)
[2] Suppongo che il termine sia “temper tantrum”, altrimenti non saprei come tradurre.
[3] La connessione è con una ricerca del marzo del 1997, apparsa sul Journal of Finance.
[4] Penso che in questo caso “overshoot” sia inteso nel senso di “oltrepassare il bersaglio”, ovvero di una svalutazione che eccede i limiti della ragionevolezza. Come si sa la Dodd-Frank è da alcuni anni la legge statunitense di regolazione del sistema finanziario, che ovviamente nel 2008 non esisteva.
By mm
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