Blog di Krugman

Annotazioni sparse sull’euro (6 luglio 2015)

 

Jul 6 9:20 am

Scattered Notes on the Euro

Wolfgang Munchau has a perceptive analysis of the utter disaster of the Yes campaign in Greece, in which he says

What I found most galling was the argument that Grexit would bring about an economic catastrophe, as though the catastrophe had not already happened. If you have been unemployed for five years, with no prospect of a job, it makes no difference whether the money you do not get is denominated in euros, or in drachma.

Wish I’d written that. But now what?

It’s becoming hard to see any path that doesn’t lead to Grexit; it is also, although this is still something few want to accept, becoming increasingly obvious that Grexit is Greece’s best hope. Otherwise, where is recovery ever supposed to come from? Even with massive debt relief, Greece will be forced to run huge structural primary surpluses — that is, pursue tax and spending policies that would produce huge surpluses if the economy were anywhere near full employment — and in so doing keep its economy depressed for the foreseeable future.

Or to put it a bit differently, what would be a straightforward policy problem if Greece had its own currency becomes an almost insoluble mess because it doesn’t. At some point the argument that the costs of a transition are too high wears thin.

Now, I get interesting mail when I say things like this — much of it along the lines of “I can’t believe that a far-left-wing type like you got a Nobel”. Because a lot of people seem to believe that real economists believe in sound money, preferably gold, and that only socialists believe that there can ever be any advantages to currency depreciation.

Socialists, that is, like Milton Friedman. But of course modern conservatives get their monetary economics from Ayn Rand, not the Chicago School.

Anyway, this isn’t anywhere close to over.

 

Annotazioni sparse sull’euro

Wolfgang Munchau ha una analisi acuta del completo disastro della campagna per il SI in Grecia, con la quale afferma:

“Quello che ho trovato del tutto insopportabile è stato l’argomento secondo il quale l’uscita della Grecia dall’euro avrebbe provocato una catastrofe economica, come se la catastrofe non ci fosse già stata. Se siete disoccupati da cinque anni, senza alcuna prospettiva di un posto di lavoro, non fa alcuna differenza se i soldi che non avete sono denominati in euro o in dracme.”

Mi piacerebbe l’avessi scritto io. Ma adesso cosa succede?

Sta diventando difficile individuare una strada che non porti all’uscita dall’euro: sta anche diventando sempre più evidente, sebbene sia qualcosa che ancora pochi vogliono accettare, che l’uscita dall’euro sia la maggiore speranza della Grecia. Altrimenti, da dove si pensa che venga la ripresa? Persino con una massiccia riduzione del debito, la Grecia sarà costretta a realizzare grandi avanzi strutturali primari – ovvero, a perseguire politiche fiscali e di spesa che produrrebbero grandi avanzi se l’economia fosse in qualche modo prossima alla piena occupazione [1] – e così facendo a mantenere la sua economia depressa per il prossimo futuro.

O per dirla diversamente, quello che sarebbe un problema politico semplice se la Grecia avesse la propria valuta, diventa un imbroglio quasi insolubile perché non ce l’ha. C’è un punto nel quale l’argomento che i costi della transizione sono troppo elevati diventa consunto.

Ora, ho corrispondenze interessanti ogni volta che dico cose come questa – gran parte delle quali del genere di “non posso credere che un soggetto di estrema sinistra come lei abbia avuto il premio Nobel”. Perché c’è una quantità di persone che sembrano credere che gli economisti veri credono nella moneta forte, preferibilmente nell’oro, e che solo i socialisti credono che ci possa mai essere alcun vantaggio nella svalutazione di una moneta.

Vale a dire, socialisti come Milton Friedman. Ma come è noto i conservatori moderni traggono la loro economia monetaria da Ayn Rand (2), non dalla Scuola di Chicago.

In ogni modo, dappertutto queste non sono cose vicine a terminare.

 

[1] Questo è il significato di ‘strutturali’, ovvero avanzi primari riferiti al potenziale produttivo di base.

(2) Vedi note sulla traduzione. 

 

 

 

 

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