Jul 17 4:51 pm
By which I mean that he isn’t Serious. His latest on Greece and the euro suggests that the deeper problems lie not in Greek fecklessness but in the refusal of the core — basically Germany — to allow either monetary or fiscal policies that would offset the downdraft from austerity in the periphery. He even questions the sacred status of “structural reform”:
The slow recovery from the crisis of the euro zone as a whole is the result, among other factors, of (1) political resistance that delayed by many years the implementation of sufficiently aggressive monetary policies by the European Central Bank; (2) excessively tight fiscal policies, especially in countries like Germany that have some amount of “fiscal space” and thus no immediate need to tighten their belts; and (3) delays in taking the necessary steps, analogous to the banking “stress tests” in the United States in the spring of 2009, to restore confidence in the banking system. I would not, by the way, put “structural rigidities” very high on this list. Structural reforms are important for long-run growth, but cost-saving measures are less relevant when many workers are already idle; moreover, structural problems have existed in Europe for a long time and so can’t explain recent declines in performance.
Does all this sound sort of … familiar? Kind of like what other bearded Anglo-Saxon economists have been saying? As I’ve tried to point out for a long time, in this policy debate the supposedly radical types are the ones doing standard, more or less textbook economics, while the respectable voices have subscribed to fantasies ungrounded in either history or theory.
You might think that having one of history’s most celebrated central bankers weigh in on the anti-austerity side of the issue would change perceptions about what’s serious as opposed to Serious. But don’t bet on it.
Bernanke non è Serio
Con il che intendo che egli non fa parte delle Persone Molto Serie [1]. Il suo ultimo intervento sulla Grecia e sull’euro suggerisce che i problemi più profondi non consistono nella inettitudine greca ma nel rifiuto del centro dell’Europa – fondamentalmente la Germania – di consentire politiche sia monetarie che della finanza pubblica che bilancerebbero gli effetti depressivi dell’austerità nella periferia. Egli avanza persino un dubbio sullo status sacrale delle “riforme strutturali”:
“La lenta ripresa dalla crisi della zona euro nel suo complesso, tra gli altri fattori, è il risultato di (1) una resistenza politica che ha rinviato per molti anni la messa in atto di politiche monetarie sufficientemente aggressive da parte della Banca Centrale Europea; (2) le politiche della finanza pubblica eccessivamente restrittive, in particolare in paesi come la Germania che hanno una certa quantità di “spazio della finanza pubblica” e quindi non hanno alcun immediato bisogno di stringere le loro cinghie; e (3) i ritardi nel fare i passi necessari, analogamente agli “stress tests” bancari negli Stati Uniti, per ripristinare la fiducia nel sistema bancario. In questo elenco, io non metterei, per inciso, in prima fila le “rigidità strutturali”. Le riforme strutturali sono importanti per la crescita di lungo termine, ma misure di risparmio sui costi sono meno rilevanti quando molti lavoratori sono già inattivi; inoltre, i problemi strutturali sono esistiti per lungo tempo in Europa e dunque non possono spiegare i cali recenti nelle prestazioni.”
Sono parole che vi sembrano in qualche modo familiari? Del tipo di quelle che altri barbuti [2] economisti anglo-sassoni vengono dicendo? Come da tempo sto cercando di mettere in evidenza, in questo dibattito politico i presunti soggetti radicali sono quelli che praticano un’economia ordinaria, più o meno del genere dei libri di testo, mentre le voci rispettabili hanno aderito a fantasie che non hanno fondamento né nella storia né nella teoria.
Potreste pensare che essendo uno dei più celebrati banchieri centrali della storia intervenuto sul versante contrario all’austerità di quel dibattito, cambi la percezione di quello che è serio, nel senso di opposto a “Serio”. Ma non scommetteteci.
[1] Traduco un po’ liberamente, per rendere più chiaro che la ‘mancanza’ di serietà di Bernanke, riferita ad un post dello stesso ex Presidente della Federal Reserve tradotto su questo blog, non si riferisce alle sue tesi, ma al suo non far parte del raggruppamento krugmaniano delle Persone Molto Serie, ovvero dei conservatori in economia.
[2] Ogni tanto sulla stampa di destra appare questo argomento un po’ banale per il quale vari economisti keynesiani – come in USA Krugman e Stiglitz, nel Regno Unito Wren-Lewis – portano la barba, alla stregua di un segno di distinzione accademico e per giunta liberal.
By mm
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