Jul 7 11:37 am
However things play out from here — I find it hard to see a path other than Grexit — the troika’s program for Greece represents one of history’s epic policy failures. Even if you ignore the economic and human toll, it was an utter failure in terms of restoring solvency. In 2009, before the program, Greek debt was 126 percent of GDP. After five years, debt was … 177 percent of GDP.
How did that happen? Did the Greeks continue massive borrowing? As the chart shows, the answer is a definite no. Greek debt at the end of 2014 was only 6 percent higher than it was at the end of 2009. Admittedly, that number reflects a significant haircut on private debt along the way, but it was still nothing like the continued borrowing binge some imagine.
What happened instead was, of course, the collapse of GDP — itself largely the result of the austerity program.
What this suggests is that the troika program was simply infeasible, and would have been infeasible no matter how willing the Greeks had been to make sacrifices. The more they cut, the worse things got, because of Fisherian debt deflation.
I suppose you can argue that structural reforms might have delivered a boost in competitiveness, but the truth is that there’s very little evidence supporting the conventional faith in such reforms.
Some of my more conventional contacts like to insist that Greek austerity was unavoidable, and it’s true that one way or another Greece was going to have to achieve a primary surplus. If currency devaluation had been an option, this would have required much less austerity, because of the boost from easier monetary policy; but within the euro a lot of austerity was indeed something that had to happen. But the key point is that the austerity ended up being not just incredibly painful but completely futile, because it wasn’t accompanied by massive debt relief.
Is this kind of futility always the case? Not necessarily; if you try to do the arithmetic here, it becomes clear that a lot depends on the initial level of debt. If Greece had received major debt forgiveness, it would still have gone through hell, but with at least some hint of an eventual exit. Instead it was pushed into a cycle of ever-worse pain without hope.
Deflazione da debito in Grecia
In qualsiasi modo le cose vadano a finire nella realtà – io trovo che sia difficile vedere un’altra strada che non sia l’uscita della Grecia dall’euro – il programma della troika rappresenta uno dei formidabili fallimenti politici della storia. Anche se si ignora il tributo economico ed umano, esso è stato un fallimento completo in termini di ripristino della solvibilità. Nel 2009, prima del programma, il debito greco era al 126 per cento del PIL. Dopo cinque anni, il debito era …. Il 177 per cento del PIL.
Come è accaduto? I greci hanno proseguito ad indebitarsi massicciamente? Come mostra la tabella, la risposta è chiaramente negativa. Il debito greco alla fine del 2014 era soltanto del 6 per cento più elevato che alla fine del 2009. Si può ammettere che quel dato rifletta un significativo taglio del debito privato nel corso del processo, ma non è stato neppure niente di simile alla prosecuzione di uno smodato indebitamento che qualcuno si immagina.
Quello che invece è accaduto è stato, ovviamente, un crollo del PIL – esso stesso in larga parte il risultato del programma di austerità.
Il che indica che il programma della Troika era semplicemente impraticabile, e sarebbe stato impraticabile a prescindere dalla volontà con la quale i Greci avessero fatto i sacrifici. A causa della deflazione da debito fisheriana [1], più grandi sono i tagli, più le cose vanno peggio.
Suppongo che si possa sostenere che la riforme strutturali avrebbero potuto produrre un incoraggiamento alla produttività, ma la verità è che ci sono molte poche prove a sostegno della fiducia convenzionale in tali riforme.
In alcuni dei miei consueti contatti si è soliti ribadire che l’austerità greca era inevitabile, ed è vero che in un modo o nell’altro la Grecia era destinata a dover realizzare un avanzo primario. Se la svalutazione della moneta fosse stata possibile, questa avrebbe richiesto una austerità molto minore, a causa della spinta derivante da una politica monetaria più facile; ma all’interno dell’euro un bel po’ di austerità era in effetti destinata ad accadere. Ma l’aspetto cruciale è che l’austerità ha finito con l’essere non solo incredibilmente dolorosa ma completamente inutile, perché non è stata accompagnata da una massiccia riduzione del debito.
Una inutilità di quel genere è sempre inevitabile? Non necessariamente; se si prova a fare in questo caso un po’ di aritmetica, diventa chiaro che molto dipende dal livello del debito iniziale. Se la Grecia avesse ricevuto un importante remissione del debito, sarebbe ancora dovuta transitare da un inferno, ma almeno ci sarebbe stato un qualche cenno di un’uscita finale. Invece è stata spinta in un ciclo di sofferenze sempre peggiori senza speranza.
[1] Irving Fisher (Saugerties, 27 febbraio 1867 – New York, 29 aprile 1947) è stato un economista e statistico statunitense. Contribuì in modo determinante alla teoria dei Numeri indici analizzandone le proprietà teoriche e statistiche. Fu uno dei maggiori economisti monetaristi statunitensi dei primi del Novecento. Dal 1923 al 1936 il suo Index Number Institute produsse e pubblicò indici dei prezzi di diversi panieri raccolti in tutto il mondo. In campo finanziario a lui si deve la formalizzazione della equazione per stimare la relazione tra tassi di interesse nominali e reali. L’equazione è usata per calcolare lo “Yield to Maturity” ovvero il rendimento alla scadenza di un titolo, in presenza di inflazione. Tale equazione è conosciuta universalmente come Equazione di Fisher. Fu inoltre presidente dell’American Economic Association nel 1918 e dell’American Statistical Association nel 1932 nonché fondatore nel 1930 della International Econometric Society. Morì nella città di New York nel 1947. (wikipedia)
Per una comprensione più precisa, invece, delle posizioni di Fisher sulla inflazione da debito, si legga il post successivo: “Milton Friedman, Irving Fisher e la Grecia”, 7 luglio 2015.
By mm
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