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Gli ideologi dell’eurozona, di Simon Wren-Lewis (dal blog Mainly Macro, 3 luglio 2015)

 

Friday, 3 July 2015

The ideologues of the Eurozone

Simon Wren-Lewis

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It was all going so well. True, Greek GDP did shrink by 25% over 4 years, unemployment rose to 25% and youth unemployment to 50%, but before Syriza’s election Greek GDP had actually stopped falling. Further austerity was planned so that Greece could start to pay interest on its enormous debts, together with various ‘reforms’ that were so obviously in the interests of the Greek economy, and the consensus forecast was that the Greek economy might start to grow at a pace that would also stop unemployment rising. Who knows, in a decade or so it might even fall below 20%.

 

But then disaster struck. The Greek people went and spoilt everything by electing a government that suggested that there might be an alternative to all this. Of course the Greek people are not really to blame: how can they be expected to understand there was no alternative to their suffering. The real blame must lie with the ‘populist’ politicians who pretended there could be an alternative. The ever patient and understanding Troika negotiators then had to deal with ‘adolescent ideologues’ who were prepared to use the suffering of the Greek people as a means to achieve their own political ends. They were cheered on by pundits and economists on the left in the UK and US who wanted nothing more than to use Greece as part of a ‘proxy war’ to get more Keynesian policies in their own countries.

 

If you think the above parody is over the top, click on the two links. The hypocrisy of some of the commentary on Greece is amazing. When the ‘adolescent ideologue’ Mr Tsipras shows a statesman-like maturity in being prepared to compromise in an effort to get a deal, he is accused of inconsistency and not being able to make up his mind. When those who he is negotiating with push him further than he is prepared to go, he is accused of ‘taking Greece to the brink’ by having the temerity to ask the Greek people to choose. (Any mature politician knows that in modern Europe you only call a referendum when you know you will get the answer you want, and when that does not happen you ignore the result and call another one.) Mr Tsipras is accused of failing to grasp that other nations too have democracies, as if the Troika had shown huge respect for democracy by acting as if nothing was changed by Syriza’s election.

 

The OECD estimate that the output gap in Greece is currently well over 10%. In plain English that means that those currently unemployed could be producing something useful and GDP could easily expand by at least 10% without generating any increase in inflation. (Greek inflation is currently around -2%.) That would not only be in the interests of Greece, but also in the interests of Greece’s creditors. It is a way of achieving the primary surpluses that the Troika wants without inflicting more pain. It is also absolutely undeniable that further austerity would tend to reduce GDP, just as past austerity has done. So everyone can be made better off by giving Greece the breathing space so that its economy can recover. But apparently it is childish to try and negotiate for such an outcome.

 

Why is it impossible for the Troika to agree to such a deal? They say their own democracies would not allow it, but it is part of being a good politician that you can afford to compromise when that compromise is in everyone’s interest. I suspect that in at least some cases this argument is a smokescreen, particularly when you see what Mr Tsipras is being told he should do. There is a pattern here. For the ECB to act as a lender of last resort was impossible, and the only answer was yet more austerity – until that austerity had been put in place and OMT became possible. When the French government tried to meet deficit targets by raising taxes rather than cutting spending, they were told that this was the wrong kind of austerity. When it came to Quantitative Easing (QE) some were quite explicit – a problem with QE is that it might take some pressure off governments to undertake austerity and ‘reforms’. So perhaps only when the Syriza government has fallen and their successor agreed to more austerity and reforms will it turn out that the Troika can after all be flexible about restructuring debt.

 

One of the charges frequently made against opponents of austerity in the Eurozone is that we are really seeking the failure of the whole Euro project. The opposite is nearer the truth. The problem for the Euro project is that it has become captured by an economic ideology, and austerity is that ideology’s principle weapon. A self-confident and mature Eurozone would be able to tolerate diversity, rather than trying to crush any dissent. A Eurozone captured by an ideology will insist there is but one path, and that the imperative of austerity is too important to accommodate democratic wishes. Pursuing that ideology has brought the Eurozone to the brink, where it is prepared to force out one of its uncooperative members. Critics of austerity are not trying to destroy to Eurozone, but save it from the grip of this self-destructive ideology.

 

 

 

Gli ideologi dell’eurozona

di Simon Wren-Lewis

Andava tutto nel migliore dei modi. È vero, il PIL greco si era ristretto del 25% in quattro anni, la disoccupazione era salita al 25% e quella giovanile al 50%, ma prima dell’elezione del governo di Syriza il PIL greco aveva smesso di calare. Era stata programmata una ulteriore austerità, di modo che il Grecia avrebbe potuto cominciare a pagare gli interessi sul suo enorme debito, assieme a varie ‘riforme’ che in modo del tutto evidente erano negli interessi dell’economia greca, e c’era un vasto consenso secondo il quale la Grecia avrebbe potuto cominciare a crescere ad un ritmo che avrebbe anche fermato la crescita della disoccupazione. Chi lo sa, in un decennio sarebbe anche potuta scendere al di sotto del 20%!

Ma poi esplose un disastro. Il popolo greco finì col rovinare ogni cosa eleggendo un governo che indicava che ci sarebbe potuta essere una alternativa a tutto questo. Naturalmente, non si deve realmente dar la colpa al popolo greco: come ci si poteva aspettare che capissero che non c’era alternativa alle loro sofferenze? La vera responsabilità è dei politici ‘populisti’ che pretendono di essere una alternativa. I negoziatori sempre pazienti e comprensivi della Troika dovettero allora trattare con “ideologi adolescenti”, che erano pronti ad usare le sofferenze del popolo greco come un mezzo per ottenere i loro fini politici. Erano corteggiati da commentatori e da economisti di sinistra nel Regno Unito e negli Stati Uniti che non volevano nient’altro che usare la Grecia come un aspetto di una “guerra per procura”, per avere nei loro stessi paesi politiche maggiormente keynesiane.

Se pensate che quanto scritto sopra sia una parodia esagerata, cliccate sulle due connessioni [1]. L’ipocrisia di alcuni commenti sulla Grecia è incredibile. Quando l’”ideologo adolescente” Tsipras mostra una maturità da uomo di Stato essendo pronto ad un compromesso per ottenere un accordo, è accusato di incoerenza e di non essere capace a decidersi. Quando coloro con i quali sta negoziando lo spingono oltre ciò che è pronto ad accettare, è accusato di ‘portare i Greci sul burrone’ per avere la temerarietà di chiedere al popolo greco di scegliere (ogni politico che abbia esperienza sa che nell’Europa odierna si chiede un referendum quando si sa che si otterrà la risposta che si vuole, e qualora quello non accada si ignora il risultato e ci si pronuncia per un’altra soluzione). Tsipras è accusato di non saper afferrare che anche le altre nazioni hanno democrazie, come se la Troika avesse dimostrato un grande rispetto per la democrazia agendo come se niente fosse cambiato con l’elezione di Syriza.

L’OCSE stima che il differenziale di produzione in Grecia è attualmente ben sopra il 10%. In lingua corrente questo significa che coloro che attualmente sono disoccupati potrebbero produrre qualcosa di utile e il PIL potrebbe facilmente crescere almeno del 10% senza accrescere l’inflazione (l’inflazione greca attualmente è attorno al 2%). Questo non sarebbe soltanto nell’interesse della Grecia, ma anche in quello dei creditori. E’ un modo per ottenere quei surplus primari che la Troika vuole, senza infliggere maggiori sofferenze. È assolutamente innegabile che una ulteriore austerità tenderebbe a ridurre il PIL, proprio come ha fatto l’austerità passata. Dunque, ognuno può fare di meglio dando alla Grecia lo spazio per respirare in modo che la sua economia possa riprendersi. Eppure sembra infantile cercare di negoziare un risultato del genere.

Perché per la Troika è impossibile concordare su una tale intesa? Dicono che le loro democrazie non lo consentirebbero, ma è un aspetto della buona politica consentire ad un compromesso quando quel compromesso è nell’interesse di tutti. Ho il sospetto che almeno in alcuni casi questo argomento sia una cortina fumogena, in particolare quando a Tsipras si dice che egli dovrebbe farlo. C’è uno schema consolidato a questo proposito. Nel caso della BCE agire come prestatore di ultima istanza era impossibile, e la sola risposta fu una austerità ancora maggiore – sino a che quella austerità venne messa in atto e le politiche note come OMT [2] divennero possibili. Quando il Governo francese cercò di soddisfare i suoi obbiettivi di deficit elevando le tasse piuttosto che tagliando le spese, si disse che quello era il genere sbagliato di austerità. Quando si arrivò alla Facilitazione Quantitativa (QE) non pochi furono abbastanza espliciti – il problema della QE era che essa poteva allentare la pressione sui governi nel perseguimento di austerità e ‘riforme’. Dunque, forse soltanto quando il Governo di Syriza sarà caduto e il suo successore concorderà con maggiore austerità e riforme si scoprirà che, dopo tutto, la Troika può essere flessibile in materia di ristrutturazione del debito.

Una delle accuse che frequentemente vengono avanzate contro gli oppositori dell’austerità nell’eurozona è che staremmo cercando di far fallire l’intero progetto dell’euro. È più probabile che la verità sia quella opposta. Il problema del progetto dell’euro è che esso è stato preso in ostaggio da una ideologia economica, e l’austerità è l’arma principale di quella ideologia. Una Eurozona fiduciosa in se stessa e matura sarebbe capace di tollerare le diversità, piuttosto che cercare di schiacciare ogni dissenso. Una Eurozona in ostaggio di una ideologia insisterà che non c’è altro che una strada, e che l’imperativo dell’austerità è troppo importante per venire a patti con desideri di democrazia. Perseguire quella ideologia ha portato l’Eurozona ad un punto limite, ed è da lì che ci si prepara ad espellere uno dei suoi membri recalcitranti. I critici dell’austerità non stanno cercando di distruggere l’Eurozona, ma di salvarla dalla stretta di questa ideologia auto distruttiva.

 

 

 

[1] Ovvero, sulle due connessioni che appaiono nel testo inglese; la prima delle quali è un articolo del Financial Times che dice più o meno cose analoghe sulla ricostruzione della situazione prima e dopo le elezioni greche, e la seconda – dal blog del Peterson Institute for International Economics – che titola: “Una guerra politica e intellettuale per procura sopra la Grecia”.

[2] Ovvero, il termine tecnico che esprime la famosa svolta di Draghi, con l’espressione “faremo qualsiasi cosa sia necessaria”. OMT sta per “Outright Monetary Transactions” (“Operazioni Monetarie Definitive”).

 

 

 

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