JULY 13, 2015
Americans work longer hours than their counterparts in just about every other wealthy country; we are known, among those who study such things, as the “no-vacation nation.” According to a 2009 study, full-time U.S. workers put in almost 30 percent more hours over the course of a year than their German counterparts, largely because they had only half as many weeks of paid leave. Not surprisingly, work-life balance is a big problem for many people.
But Jeb Bush — who is still attempting to justify his ludicrous claim that he can double our rate of economic growth — says that Americans “need to work longer hours and through their productivity gain more income for their families.”
Mr. Bush’s aides have tried to spin away his remark, claiming that he was only referring to workers trying to find full-time jobs who remain stuck in part-time employment. It’s obvious from the context, however, that this wasn’t what he was talking about. The real source of his remark was the “nation of takers” dogma that has taken over conservative circles in recent years — the insistence that a large number of Americans, white as well as black, are choosing not to work, because they can live lives of leisure thanks to government programs.
You see this laziness dogma everywhere on the right. It was the hidden background to Mitt Romney’s infamous 47 percent remark. It underlay the furious attacks on unemployment benefits at a time of mass unemployment and on food stamps when they provided a vital lifeline for tens of millions of Americans. It drives claims that many, if not most, workers receiving disability payments are malingerers — “Over half of the people on disability are either anxious or their back hurts,” says Senator Rand Paul.
It all adds up to a vision of the world in which the biggest problem facing America is that we’re too nice to fellow citizens facing hardship. And the appeal of this vision to conservatives is obvious: it gives them another reason to do what they want to do anyway, namely slash aid to the less fortunate while cutting taxes on the rich.
Given how attractive the right finds the image of laziness run wild, you wouldn’t expect contrary evidence to make much, if any, dent in the dogma. Federal spending on “income security” — food stamps, unemployment benefits, and pretty much everything else you might call “welfare” except Medicaid — has shown no upward trend as a share of G.D.P.; it surged during the Great Recession and aftermath but quickly dropped back to historical levels. Mr. Paul’s numbers are all wrong, and more broadly disability claims have risen no more than you would expect, given the aging of the population. But no matter, an epidemic of laziness is their story and they’re sticking with it.
Where does Jeb Bush fit into this story? Well before his “longer hours” gaffe, he had professed himself a great admirer of the work of Charles Murray, a conservative social analyst most famous for his 1994 book “The Bell Curve,” which claimed that blacks are genetically inferior to whites. What Mr. Bush seems to admire most, however, is a more recent book, “Coming Apart,” which notes that over the past few decades working-class white families have been changing in much the same way that African-American families changed in the 1950s and 1960s, with declining rates of marriage and labor force participation.
Some of us look at these changes and see them as consequences of an economy that no longer offers good jobs to ordinary workers. This happened to African-Americans first, as blue-collar jobs disappeared from inner cities, but has now become a much wider phenomenon thanks to soaring income inequality. Mr. Murray, however, sees the changes as the consequence of a mysterious decline in traditional values, enabled by government programs which mean that men no longer “need to work to survive.” And Mr. Bush presumably shares that view.
The point is that Mr. Bush’s clumsy call for longer work hours wasn’t a mere verbal stumble. It was, instead, an indication that he stands firmly on the right side of the great divide over what working American families need.
There’s now an effective consensus among Democrats — on display in Hillary Clinton’s planned Monday speech on the economy — that workers need more help, in the form of guaranteed health insurance, higher minimum wages, enhanced bargaining power, and more. Republicans, however, believe that American workers just aren’t trying hard enough to improve their situation, and that the way to change that is to strip away the safety net while cutting taxes on wealthy “job creators.”
And while Jeb Bush may sometimes sound like a moderate, he’s very much in line with the party consensus. If he makes it to the White House, the laziness dogma will rule public policy.
Il dogma della pigrizia, di Paul Krugman
New York Times 13 luglio 2015
Gli americani lavorano più ore dei loro omologhi in quasi tutti gli altri paesi ricchi; tra coloro che studiano queste cose, siamo conosciuti come “la nazione senza vacanze”. Secondo uno studio del 2009, i lavoratori a tempo pieno negli Stati Uniti lavorano, nel corso di un anno, quasi il 30 per cento di ore in più dei lavoratori tedeschi, in gran parte perché hanno solo la metà delle settimane di ferie pagate. Non è una sorpresa che per molte persone il rapporto tra la vita privata e i tempi di lavoro sia un grande problema.
Ma Jeb Bush – che sta ancora tentando di giustificare la sua ridicola affermazione secondo la quale potrebbe raddoppiare il nostro tasso di crescita economica – dice che “gli Americani hanno bisogno di lavorare ore ‘più lunghe’ e attraverso la loro produttività di guadagnare più reddito per le loro famiglie”.
I collaboratori del signor Bush hanno provato ad interpretare questa osservazione, sostenendo che egli si stava solo riferendo ai lavoratori che cercano di trovare posti di lavoro a tempo pieno e restano impantanati nell’occupazione a tempo parziale. È evidente dal contesto, tuttavia, che non è questo di cui stava parlando. La vera origine della sua osservazione era il dogma della “nazione degli assistiti”, che ha preso piede nei circoli conservatori negli anni recenti – l’insistenza secondo la quale un gran numero di americani, sia bianchi che neri, stanno scegliendo di non lavorare, giacché possono vivere, grazie ai programmi governativi, esistenze all’insegna del tempo libero.
Trovate questo dogma della pigrizia in ogni dove, a destra. Esso era il sottofondo nascosto della famigerata osservazione sul ’47 per cento’ [1] di Mitt Romney. Esso è implicito negli attacchi furiosi ai sussidi di disoccupazione in un’epoca di disoccupazione di massa ed agli aiuti alimentari, che forniscono un’ancora di salvezza vitale per decine di milioni di americani. Esso ispira le affermazioni secondo le quali molti, se non la maggioranza, dei lavoratori che ricevono contributi di disabilità sono finti disabili – “Più della metà delle persone in disabilità o sono ansiose o hanno mal di schiena”, dice il Senatore Rand Paul.
Tutto questo si aggiunge ad una concezione del mondo secondo la quale il più grande problema che l’America ha dinanzi è che siamo troppo generosi con i concittadini in difficoltà. Ed è evidente perché questa visione è attraente per i conservatori: essa offre loro un’altra ragione per fare quello che vogliono fare in ogni modo, ovvero abbattere gli aiuti ai meno fortunati e tagliare le tasse ai ricchi.
Considerato quanto la destra trovi attraente l’immagine di questa pigrizia a ruota libera, non ci si aspetta che prove contrarie abbiano un grande effetto nello scalfire quel dogma, ammesso che ne abbiano alcuno. Le spese federali sulla “sicurezza del reddito” – tessere alimentari, sussidi di disoccupazione e gran parte di tutto il resto che potete definire “Stato assistenziale”, con l’eccezione di Medicaid [2] – non hanno mostrato alcuna tendenza a crescere come quota del PIL; esse sono salite durante la Grande Recessione [3] e all’indomani di essa, ma sono rapidamente tornate ai loro livelli storici. I dati del signor Paul sono tutti sbagliati, e più in generale le richieste di disabilità non sono cresciute più di quello che ci si aspetterebbe, dato l’invecchiamento della popolazione. Ma non è importante, il loro racconto è quello dell’epidemia di pigrizia e da lì non si muovono.
Da dove Jeb Bush ha preso lo spunto per cacciarsi in questa storia? Molto prima della sua gaffe sulle ‘ore più lunghe’, egli si era professato grande ammiratore delle opere di Charles Murray, un sociologo conservatore soprattutto famoso per il suo libro del 1994 “La curva a campana”, che sosteneva che i negri sono geneticamente inferiori ai bianchi. Quello che Bush sembra ammirare maggiormente, tuttavia, è un libro più recente, “Coming apart” [4], che osserva che nei due decenni passati le famiglie della classe lavoratrice bianca stanno cambiando in gran parte nello stesso modo nel quale le famiglie degli afro-americani erano cambiate negli anni ’50 e ’60, con una riduzione dei tassi di matrimonio e di partecipazione alle forze di lavoro.
Quelli tra noi che osservano questi cambiamenti, li considerano come conseguenze di un’economia che non offre più buoni posti di lavoro ai lavoratori ordinari. Questo accadde prima di tutto agli afro-americani, quando i posti di lavoro dei ‘colletti blu’ scomparvero dai centri cittadini, ma è diventato un fenomeno molto più ampio grazie alla crescente diseguaglianza nei redditi. Il signor Murray, tuttavia, considera i cambiamenti come conseguenze di un misterioso declino dei valori tradizionali, reso possibile da programmi pubblici che comportano che gli uomini non hanno più “bisogno di lavorare per sopravvivere”. E probabilmente Bush condivide questo punto di vista.
Il punto è che l’appello maldestro di Bush per ‘ore di lavoro più lunghe’ non è stato un semplice passo falso verbale. È stata, piuttosto, l’indicazione che egli si colloca senza incertezze a destra nel vero e proprio spartiacque su ciò di cui hanno bisogno le famiglie dei lavoratori americani.
C’è oggi un consenso effettivo tra i democratici – reso evidente nel discorso di Hillary Clinton sull’economia che era in programma lunedì – per il quale i lavoratori hanno bisogno di più aiuti, nella forma di una assicurazione sanitaria garantita, di salari minimi più alti, di un potenziamento del potere di contrattazione e di altro ancora. I repubblicani, tuttavia, credono che i lavoratori americani non stiano proprio cercando di lavorare duramente in modo da migliorare la loro situazione, e che il modo per cambiare questa situazione sia rimuovere le reti della sicurezza sociale, tagliando al tempo stesso le tasse sui ricchi “creatori di posti di lavoro”.
E se Jeb Bush talora può sembrare un moderato, egli è molto in linea con il consenso del suo partito. Se lo mettesse in atto alla Casa Bianca, il dogma della pigrizia diventerà la regola delle politiche pubbliche.
[1] Nelle precedenti presidenziali Romney – in verità nel mentre forse non sospettava di essere ascoltato dai media – affermò appunto che il 47 per cento degli americani che non potevano interessare ai repubblicani, erano “takers”, ovvero “prenditori”, assistiti.
[2] Ovvero, del programma di assistenza sanitaria per i redditi bassi ed i poveri.
[3] Ovvero, durante i primi anni della crisi economica più recente.
[4] Finire a pezzi, cadere a pezzi.
By mm
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