Jul 29 9:39 am
Bureau of Economic Analysis
It still seems kind of incredible that Jeb Bush is running in large part on claims that Florida’s growth during his governorship shows that he knows how to bring prosperity. In effect, he’s saying “Trust me — I presided over a giant bubble!” I’ve been pointing this out for a while; Jim Tankersley at the WaPo chimes in with pretty much the same point.
But it occurs to me that people may not be taking on board a broader point: even when they aren’t driven by bubbles, state growth rates tell us very little about what kinds of policies might work at a national level. This should be obvious, but it may not be to many people.
Why do I say this? Within the United States, we have extremely high mobility of labor and population in general. A state that becomes an attractive destination, either because it offers job opportunities or for other reasons (like cheap housing, a big factor in Texas) can experience rapid population and labor force growth, and hence a high growth rate even if productivity growth is nothing special. At a national level, however, immigration is fairly minor and not that responsive to economic developments — in part because of restrictions — so that any major acceleration in growth would have to come via higher productivity growth and faster growth in GDP per capita.
The chart shows what I think might be a useful comparison of overall US performance and the performance of the four largest states; I show growth in real GDP and real GDP per capita over the period 1997-2014, which is the longest period the BEA data let me do an instant comparison for this morning. What you see is the familiar proposition that Texas grew a lot faster than the rest of the country — but most of that extra growth was in the form of population growth, with real GDP per capita growing only slightly faster than the nation as a whole. California and New York grew more slowly overall, but per capita growth almost exactly matched growth in Texas — that is, the two big blue states were precisely as successful as the big red state in achieving the kind of growth we need for the nation as a whole.
What about Florida? Over the long haul, it turns out to have grown basically at the same rate as the nation; there was a bubble, it burst, and in the end it was a wash. Per capita GDP has grown very slowly, but don’t make too much of that: we’re looking at a state with a growing percentage of retirees and a falling percentage of working-age adults, so something like that is to be expected.
So Jeb really has nothing to boast about, but even genuinely fast-growing states tell us very little about national policy.
La crescita degli Stati a confronto della crescita nazionale
Ufficio di analisi economica
Pare ancora incredibile che Jeb Bush continui a sostenere con tale rilievo che la crescita della Florida durante il suo governo mostri che egli sa come produrre prosperità. In effetti, come sto mettendo in evidenza da un po’, è come se dicesse: “Credetemi, io ho governato sull’onda di una bolla gigantesca!”; Jim Tankersley sul Washington Post interviene grosso modo sullo stesso tema.
Ma mi viene in mente che la gente possa non rendersi conto di un aspetto più generale: i tassi di crescita degli Stati, anche quando non sono guidati da bolle, ci dicono molto poco sul genere di politiche che possono funzionare a livello nazionale. Questo dovrebbe essere evidente, ma potrebbe non esserlo per molti.
Perché lo dico? All’interno degli Stati Uniti, abbiamo una mobilità estremamente elevata del lavoro e in generale della popolazione. Uno Stato che diviene una destinazione attraente, sia perché offre opportunità di lavoro sia per altre ragioni (come le abitazioni economiche, un grande fattore in Texas) può conoscere una rapida crescita della popolazione e della forza lavoro, e di conseguenza un elevato tasso di crescita anche se la crescita della produttività non è niente di speciale. Al livello nazionale, tuttavia, l’immigrazione è abbastanza inferiore e non così reattiva agli sviluppi economici – in parte a causa delle limitazioni – cosicché ogni importante accelerazione della crescita non può che avvenire tramite uno sviluppo della produttività più elevato ed una crescita più veloce del PIL pro capite.
Il diagramma mostra quello che penso sia un utile confronto tra l’andamento generale degli Stati Uniti e le prestazioni nei quattro Stati più grandi; evidenzio la crescita del PIL reale e del PIL reale pro capite nel periodo dal 1997 al 2014, che è il periodo più lungo per il quale i dati dell’Ufficio di analisi economica mi consentono di elaborare un confronto istantaneo in questo momento. Quello che potete vedere è il concetto non nuovo secondo il quale il Texas è cresciuto più rapidamente del resto del paese – ma gran parte di quella crescita eccedente è stata nella forma di una crescita della popolazione, con il PIL reale procapite che è cresciuto solo in modo leggermente più rapido della nazione nel suo complesso. In generale New York e la California sono cresciuti più lentamente, ma la crescita procapite ha quasi esattamente eguagliato quella del Texas – vale a dire, i due Stati democratici hanno avuto altrettanto successo che il grande Stato repubblicano nell’ottenere quel genere di crescita di cui abbiamo bisogno nella nazione nel suo complesso.
Che dire della Florida? Nella lunga distanza, si scopre che essa è cresciuta allo stesso tasso della nazione; ci fu una bolla, scoppiò e alla fine venne fatta pulizia. Il PIL procapite è cresciuto abbastanza lentamente; ma non si deve dargli troppa importanza: stiamo parlando di uno Stato con una percentuale crescente di pensionati ed una percentuale in declino della popolazione in età lavorativa, dunque ci si può aspettare un risultato del genere.
Dunque, Jeb non ha niente di cui vantarsi al riguardo, ma persino gli Stati effettivamente a rapida crescita ci dicono molto poco sulla politica nazionale.
By mm
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