Jul 15 1:25 pm
When the financial crisis struck, there were widespread calls for new economic thinking; surely, many believed, the drastic events showed that there was something terribly flawed about economic analysis. In fact, however, the crisis itself, and even more the developments that followed, have been anything but puzzling. Again and again, things have played out pretty much the way you would have expected if you (a) understood and took seriously basic Hicks/Keynes macroeconomics and (b) paid attention to the relevant economic history.
The problem has been that all too many policymakers and pundits were and are either ignorant of these basics or determined to ignore them — or, putting these together, determined to be ignorant. Year after year, as we reproduce the 1930s, the usual suspects have been obsessed with fears of a return to the 1970s; as we become Japan they worry that we’re about to become Zimbabwe; and so on.
So, on the issue of the moment, there are actually quite good historical models for what Greece has been trying to do — cope with a large debt overhang via austerity policy. Britain, after all, emerged from each world war with very high public debt. Its debt burden just after World War I was, as a share of GDP, roughly comparable to Greece’s in 2009; its burden after World War II was twice as high.
What happened? Almost three years have passed since the IMF — yes, the IMF — pointed out that Britain between the wars tried a strategy much like that of European debtors: hard money plus austerity. Britain was incredibly determined, running huge primary surpluses as a share of GDP; but it failed to make a significant dent in the debt burden, because deflation ate up any gains from fiscal austerity:
Bank of England and IMF
The story after World War II was very different. While Britain did run primary surpluses, they were for the most part considerably smaller than after World War I. But the debt ratio fell dramatically, because of the combination of inflation and financial repression that helped keep interest rates low:
Bank of England and IMF
The secret of Britain’s success the second time around? After World War I it returned to the gold standard; while it did eventually let the pound fall, at that point this mainly was just sufficient to offset global deflation in the face of the Great Depression. After World War II Britain faced a world economy with rising prices, but nonetheless sharply devalued the pound in 1949:
Bank of England
What, in this history, would lead anyone to believe that the troika’s policies for Greece had any chance of succeeding?
Now what? If Greece still had its own currency, the case for devaluation would be completely overwhelming at this point. What this means, in turn, is that everything — the ongoing economic disaster in Greece, the bitter divisions within the euro area, the perplexity of even the best intentioned policymakers — flows from the supposedly insuperable technical difficulties of going off the euro.
Can this possibly make sense given the extremity of the situation?
Lezioni della storia per i paesi debitori dell’area euro
Quando esplose la crisi finanziaria, ci furono pronunciamenti generalizzati a favore di un nuovo pensiero economico; di sicuro, in molti credevano che i gravi fatti avessero dimostrato che c’era qualcosa di tremendamente difettoso nell’analisi economica. Di fatto, tuttavia, la crisi stessa e ancora di più gli sviluppi che seguirono, sono stati tutt’altro che sorprendenti. Più e più volte, le cose sono andate a finire più o meno nel modo che ci si sarebbe aspettati se: a) si capiva e si prendeva sul serio la macroeconomia di base di Hicks e Keynes; b) si prestava attenzione a ciò che conta nella storia economica.
Il problema è stato che un numero esagerato di operatori pubblici e di commentatori erano e sono all’oscuro di quei fondamenti, oppure determinati a ignorarli – oppure, mettendo assieme questi aspetti, determinati a restare all’oscuro. Anno dopo anno, come in una riedizione degli anni ’30, i soliti noti sono finiti sotto l’ossessione di un ritorno agli anni ’70; nel mentre diventavamo come il Giappone, loro avevano paura che stessimo diventando come lo Zimbabwe, e così via.
Dunque, sul tema del momento, per la verità esistono modelli storici abbastanza buoni in riferimento a quello che la Grecia sta cercando di fare – lottare con un largo eccesso di debito attraverso una politica di austerità. L’Inghilterra, dopo tutto, venne fuori da entrambe le guerre mondiali con un debito pubblico molto alto. Appena all’indomani della Prima Guerra Mondiale il peso del suo debito era, come quota del PIL, confrontabile a quello della Grecia nel 2009; il peso del suo debito dopo la Seconda Guerra Mondiale era il doppio.
Cosa accadde? Sono passati quasi tre anni dal momento in cui il FMI – sì, il FMI – mise in evidenza che l’Inghilterra tra le due guerre aveva provato una strategia molto simile a quella dei debitori europei: restrizione monetaria in aggiunta all’austerità. L’Inghilterra fu incredibilmente determinata, gestendo ampi avanzi primari in quota sul PIL; ma non riuscì a scalfire in modo significativo il peso del debito, perché la deflazione si mangiò tutti i guadagni derivanti dalla austerità nelle finanze pubbliche [1]:
Banca di Inghilterra e FMI
La storia dopo la Seconda Guerra Mondiale fu assai diversa. Se l’Inghilterra realizzò avanzi primari, essi furono per la maggior parte considerevolmente più piccoli di quelli successivi alla Prima Guerra. Ma la percentuale del debito cadde in modo spettacolare, a causa della combinazione di inflazione e di una repressione finanziaria [2] che contribuì a tenere bassi i tassi di interesse:
Banca di Inghilterra e FMI
Quale fu il segreto del successo inglese nel secondo caso? Dopo la Prima Guerra Mondiale essa tornò al gold standard; se alla fine essa consentì la caduta della sterlina, a quel punto ciò fu appena sufficiente a bilanciare la deflazione globale a fronte della Grande Depressione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Inghilterra fronteggiava un’economia globale con prezzi crescenti, ma ciononostante svalutò bruscamente la sterlina nel 1949:
Banca di Inghilterra
A fronte di questa storia, che cosa può indurre chiunque a credere che le politiche della Troika abbiano una qualche possibilità di successo?
E adesso cosa accadrà? Se la Grecia avesse ancora la propria valuta, a questo punto l’ipotesi della svalutazione sarebbe del tutto inarrestabile. Ciò che questo significa, a sua volta, è che ogni cosa – il perdurante disastro economico in Grecia, le aspre divisioni all’interno dell’area euro, le perplessità persino degli operatori pubblici meglio intenzionati – discende dalle presunte insuperabili difficoltà tecniche a lasciare l’euro.
È verosimile che questo abbia un senso, data l’eccezionalità della situazione?
[1] Mi pare che le due tabelle successive debbano essere lette considerando la percentuale del debito (sul PIL) in relazione alla scala di destra e gli avanzi primari in relazione alla scala di sinistra. Ad esempio, nel caso della situazione successiva alla Prima Guerra Mondiale, la percentuale del debito, che era il 100 per cento nel 1920, era superiore al 120 per cento nel 1938, ovvero le scelte fatte furono un completo insuccesso. I vantaggi degli avanzi primari, ovvero della austerità – che erano oscillati dal 6 al 9 per cento del PIL tra il 1920 ed il 1935 – non produssero alcun effetto sul peso del debito.
Invece, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i vantaggi degli avanzi primari (che furono cospicui in particolare tra il 1947 ed il 1951), andarono chiaramente a vantaggio delle riduzione del peso del debito, che passò da oltre il 250 per cento del PIL nel 1947 a circa il 120 per cento del PIL nel 1960.
[2] La repressione finanziaria è la fissazione di limiti alla crescita del credito all’economia. In un regime di r. f. lo Stato decide chi deve concedere credito, a chi e a che prezzo, creando distorsioni nei criteri di mercato circa l’allocazione. (Treccani) Ovvero, è un periodo caratterizzato da una marcata arbitrarietà nei meccanismi di distrubuzione delle risorse finanziarie, finalizzata a migliorare la condizione della finanza pubblica.
By mm
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