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Milton Friedman, Irving Fisher e la Grecia (dal blog di Krugman, 7 luglio 2015)

 

Jul 7 3:32 pm

Milton Friedman, Irving Fisher, and Greece

I continue to be amazed by how many people regard debt relief and devaluation as wild-eyed radical ideas; of course, it matters most that so many influential people in Europe share this ignorance. Anyway, for the record (and for my own future reference) I thought it would be helpful to post what Milton Friedman and Irving Fisher had to say about the Greek disaster. OK, they weren’t writing specifically about Greece — Friedman was writing in 1950, Fisher in 1933. But their analyses ring truer than ever.

First, Friedman (why oh why isn’t there a full electronic copy of this essay online?):

z 830

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

That tells you everything you need to know about why “internal devaluation” has been such a costly strategy — and why the ECB’s failure to move aggressively early on to achieve and if possible surpass its 2 percent inflation target was a major contributing factor to this disaster.

Then Fisher on why austerity hasn’t even helped on the debt:

z 831

 

 

 

 

 

 

 

 

The basic story of the European periphery — not just Greece — is one of a poisonous interaction between Friedman and Fisher, which has produced incredible suffering while failing to reduce the debt/GDP ratio, which even in star pupils like Ireland and Spain is far higher than when austerity began; the only success has been in suffering long enough so that some growth has finally resumed, and they can call it vindication.

The bizarreness of the whole thing is how flaky, speculative ideas like expansionary austerity became orthodoxy, while applying the economics of Fisher and Friedman became heterodoxy bordering on Chavismo.

 

Milton Friedman, Irving Fisher e la Grecia

Continuo ad essere sorpreso da quante persone considerano la attenuazione del debito e la svalutazione come idee da radicali sfegatati; naturalmente, la cosa più importante è che tante persone influenti in Europa sono partecipi di questa ignoranza. In ogni modo, per memoria (e come riferimento futuro per me medesimo) ho pensato sarebbe stato utile pubblicare quello che Milton Friedman ed Irving Fisher ebbero da dire sul disastro greco. È vero, non stavano scrivendo in specifico sulla Grecia – lo scritto di Friedman risale al 1950, quello di Fisher al 1933. Ma le loro analisi risuonano più vere che mai.

Anzitutto Friedman (ma perché non c’è on-line una intera copia elettronica di questo saggio? [1]):

“Se i prezzi interni fossero flessibili come i tassi di cambio, farebbe poca differenza economica se le correzioni fossero apportate da cambiamenti nei tassi di cambio o da equivalenti cambiamenti nei prezzi interni. Il tasso di cambio è potenzialmente flessibile, in assenza di iniziative amministrative che lo congelino. Almeno nel mondo moderno, i prezzi interni sono altamente non flessibili. Essi sono più flessibili verso l’alto che verso il basso, ma persino nelle oscillazioni verso l’alto non tutti i prezzi sono egualmente flessibili. L’inflessibilità dei prezzi, o i gradi diversi di flessibilità, comportano una distorsione delle correzioni in risposta ai cambiamenti delle condizioni esterne. In alcuni settori la correzione prende soprattutto la forma di cambiamenti nei prezzi, in altri soprattutto di cambiamenti nella produzione.
I tassi salariali tendono ad essere tra i prezzi meno flessibili. Di conseguenza, un deficit incipiente che è contrastato da una politica che consente o costringe i prezzi a calare è probabile che produca disoccupazione piuttosto che, o in aggiunta a, diminuzioni salariali. Il calo conseguente nei redditi reali riduce la domanda interna per i beni stranieri e di conseguenza la domanda per valute straniere per acquistare tali beni. In questo modo, esso bilancia il deficit incipiente. Ma questo è chiaramente un metodo molto inefficace nella correzione di cambiamenti esterni. Se i cambiamenti esterni sono radicati e persistenti, la disoccupazione produce regolarmente una spinta verso il basso sui prezzi e sui salari, e la correzione non sarà completata sinché la deflazione non avrà fatto il suo spiacevole percorso.”

Questo ci dice tutto quello che c’è bisogno di sapere sul perché la “svalutazione interna” è stata una strategia così costosa – e perché l’inziale indisponibilità della BCE ad agire in modo aggressivo per ottenere e se possibile andare oltre il suo obbiettivo di inflazione del 2 per cento sia stato un fattore che ha contribuito in modo importante al disastro.

E adesso Fisher, sui motivi per i quali l’austerità non ha neppure dato un aiuto sul debito:

“32. E, viceversa, la deflazione da debito reagisce sul debito. Ogni dollaro di debito ancora non pagato diventa un dollaro più grande, e se il sovra indebitamento dal quale siamo partiti era grande abbastanza, la liquidazione dei debiti non può tenere il passo della caduta dei prezzi che essa stessa provoca. In quel caso, la liquidazione si sconfigge da sola. Mentre diminuisce il numero dei dollari posseduti, non può farlo altrettante rapidamente della crescita di valore di ogni dollaro posseduto. A quel punto, proprio lo sforzo delle persone di diminuire il loro peso del debito lo aumenta, per l’effetto collettivo del precipitarsi a liquidare nel rigonfiare ogni dollaro posseduto. Abbiamo dunque il grande paradosso che, questa è la mia tesi, è il principale segreto di molte, se non di tutte, le grandi depressioni: più i debitori pagano, più si indebitano. Più la barca dell’economia si inclina, più tende ad inclinarsi. Essa non tende ad raddrizzarsi, ma a capovolgersi.”

La storia di fondo della periferia europea – non solo della Grecia – consiste in una interazione velenosa tra Friedman e Fisher, che ha prodotto incredibili sofferenze nel mentre non ha ridotto il rapporto tra debito e PIL, che persino negli allievi modello come l’Irlanda e la Spagna è molto più alto di quando l’austerità ebbe inizio; l’unico successo è stato soffrire tanto a lungo che una qualche crescita alla fine si è ripristinata, consentendo loro di definirlo un risarcimento.

La bizzarria di tutta questa faccenda è il modo strambo in cui le congetture come quella della austerità espansiva sono diventate ortodosse, nel mentre applicare le teorie economiche di Fisher e Friedman sono diventate una eterodossia ai limiti dello ‘Chavismo’.

 

 

[1] Nel senso che, come si vede, viene pubblicata una copia dal libro, che noi imitiamo con caratteri ridotti.

 

 

 

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