July 1, 2015 4:38 pm
Greece isn’t the only debt crisis boiling over right now; there’s also Puerto Rico, which I was aware was brewing but wasn’t tracking carefully. I’ll probably have a fair bit to say about the PR crisis once I get back from my current trip, but meanwhile a few notes.
Clearly, Puerto Rico’s troubles run much deeper than government debt, and there has been a lot of discussion about its underlying economic weakness. However, not much of the discussion seems to ask what seems to me to be an obvious question: what, exactly, should an economy in Puerto Rico’s position be doing?
Puerto Rico does, of course, have warm winters and beaches. But so do a number of places, and it’s a much bigger and more populous place than its neighbors – with a much smaller ratio of coastline to area or population – and is hence not as well-placed to have a tourism-centered economy. Indeed, it has historically grown largely as a center for manufacturing, especially in pharma, encouraged by special tax breaks.
But why manufacture there? There are various ways to develop a competitive advantage in manufacturing. You can have a unique skill base, like much of Germany; you can have very low wages, like a number of emerging Asian economies; or you can have a logistical advantage due to being close to major markets, like a fair bit of what remains of US manufacturing or, these days, the export belt in northern Mexico.
Puerto Rico, however, has none of these. It doesn’t have a special skill complex. Its wages are low by mainland standards, but not that low (and as I’ll argue in a moment, can’t go that low). And while it’s close to the mainland as the crow flies, it’s fairly slow and expensive to ship things in and out. In a fundamental sense, it’s not that easy to see why there should be a sizable economy on that island in that location.
Now, you might argue that this is just an argument for big wage cuts. But Puerto Rico is part of the United States, and its residents are US citizens. This tends to put a floor under wages, in several ways. The New York Fed [http://www.newyorkfed.org/outreach-and-education/puerto-rico/2014/report-main.html] emphasizes the effects of the federal minimum wage and relatively generous federal safety-net programs (given low productivity) that may cause people to choose exit from the work force in the face of low wages. But even without that, the relative ease of emigration would tend to support wages.
Put it this way: if a region of the United States turns out to be a relatively bad location for production, we don’t expect the population to maintain itself by competing via ultra-low wages; we expect working-age residents to leave for more favorable places. That’s what you see in poor mainland states like West Virginia, which actually looks a fair bit like Puerto Rico in terms of low labor force participation, albeit not quite so much so. (Mississippi and Alabama also have low participation.)
And outmigration need not be such a terrible thing. There is much discussion of what’s wrong with Puerto Rico, but maybe we should, at least some of the time, just think of Puerto Rico as an ordinary region of the U.S.; at any given time, we expect some regions to be in relative and maybe even absolute decline, as the winds of technology and global trade shift. I wonder, in particular, whether Puerto Rico is suffering from the forces that seem to be leading to a general shortening of logistical chains and the “reshoring” of manufacturing to advanced economies.
Now, this can lead to problems of governance. Puerto Rico benefits a lot from federal programs, but it does have to pay for a lot of stuff itself, and emigration of workers undermines revenue while leaving many of the costs of serving the remaining population, notably the elderly, unchanged.
But I’d argue for paying a lot of attention to the non-specific forces affecting the island, and in particular the economic geography side. Puerto Rico may to an important extent just suffer from being a slightly hard to reach island in a time when corporations place a high premium on easy, just-in-time shipments.
Note geografiche su Porto Rico
La Grecia non è l’unica crisi da debito in ebollizione in questo momento; c’è anche Porto Rico [1], che ero consapevole fosse in affanno ma non stavo seguendo con attenzione. Probabilmente avrò un bel po’ da dire sulla crisi di Porto Rico una volta che farò ritorno dalla mia attuale escursione, ma intanto poche annotazioni.
Chiaramente, i guai di Porto Rico sono assai più profondi del solo debito pubblico, e c’è stato molto dibattito sulla sua debolezza economica di base. Tuttavia, non molto di quel dibattito sembra riguardare quella che a me sembra la domanda naturale: che cosa dovrebbe fare esattamente una economia nella posizione di Porto Rico?
Porto Rico, naturalmente, ha spiagge ed inverni caldi. Ma è lo stesso per un certo numero di località, ed essa è un luogo molto più grande e più popoloso dei suoi vicini – con una percentuale molto più piccola della linea di costa rispetto alla sua superfice ed alla popolazione – e di conseguenza non è particolarmente adatta per avere un’economia centrata sul turismo. In effetti, storicamente in gran parte è cresciuta come un centro manifatturiero, in particolare nel settore farmaceutico, incoraggiato da speciali esenzioni fiscali.
Ma perché un’industria manifatturiera in quel posto? Ci sono molti modi per sviluppare un vantaggio competitivo nel settore manifatturiero. Si può avere una base di competenze professionali unica, che è in gran parte il caso della Germania: si possono avere bassi salari, come un gran numero di economie emergenti asiatiche; oppure si può avere un vantaggio logistico derivante dall’essere vicini a mercati importanti, come in una certa misura per quello che resta del settore manifatturiero degli Stati Uniti o, di questi tempi, per l’area dell’export del Messico Settentrionale.
Porto Rico, tuttavia, non è nessuno di questi casi. Non ha una particolare attrezzatura di competenze professionali. I suoi salari sono bassi per gli standard della terraferma, ma non così bassi (e come dirò tra un attimo, neanche possono andare così in basso). E mentre in linea d’aria è vicina al continente, la spedizione degli oggetti da e per l’isola è abbastanza lento e costoso. In un senso sostanziale, non è affatto semplice capire perché dovrebbe esserci un’economia ragguardevole in quell’isola e con quella ubicazione.
Ora, si potrebbe sostenere che questo sia proprio un argomento per grandi tagli salariali. Ma Porto Rico è parte degli Stati Uniti ed i suoi residenti sono cittadini americani. Per questo, in molti modi, si determina come un livello minimo per i salari. La Fed di New York [2] pone l’accento sul salario minimo federale e sui programmi federali della sicurezza sociale relativamente generosi (data la bassa produttività), che possono indurre le persone ad uscire dalla forza lavoro a fronte di bassi salari. Ma anche senza di ciò, la relativa semplicità dell’emigrazione tenderebbe a sostenere i salari.
Mettiamola così: se si scoprisse che una regione degli Stati Uniti ha una ubicazione relativamente negativa per la produzione, non ci si aspetterebbe che la popolazione si mantenga attraverso una competizione con salari molto bassi; ci si aspetterebbe che i residenti in età lavorativa se ne andassero in località più favorevoli. È quello che si osserva negli stati poveri del continente come il West Virginia, che effettivamente assomiglia un po’ a Porto Rico in termini di bassa intensità della forza lavoro, sebbene non così tanto (anche il Mississippi e l’Alabama hanno una bassa intensità).
E non c’è bisogno che l’emigrazione sembri una cosa così terribile. C’è molto dibattito su quello che non funziona a Porto Rico, ma forse dovremmo , almeno per un po’, semplicemente pensare a Porto Rico come ad una regione degli Stati Uniti; in ogni epoca data, ci si aspetta che molte regioni siano in declino relativo e magari anche assoluto, al cambiare dei venti delle tecnologie e del commercio globale. Mi chiedo in particolare se Porto Rico non stia soffrendo per i fattori che sembrano guidare verso un generale raccorciamento delle catene della logistica e verso la “rilocalizzazione” del manifatturiero nelle economie avanzate.
Ora, questo può portare a problemi nel governo, Porto Rico trae molti benefici dai programmi federali, ma ha necessità di pagare di tasca propria per molte cose, e l’emigrazione dei lavoratori mette a repentaglio le entrate nel mentre lascia immutati molti dei costi dei servizi per la popolazione rimanente, in particolare per quella più anziana.
Eppure, io direi di prestare un po’ di attenzione ai fattori che non influenzano in modo specifico l’isola, e in particolare all’aspetto della geografia economica. In buona misura Porto Rico potrebbe proprio soffrire per una certa difficoltà a raggiungere l’isola in un’epoca nella quale le grandi società stabiliscono premi elevati alle spedizioni facili e in simultanea.
[1] Porto Rico è la più piccola isola delle Grandi Antille, situata tra la Repubblica Dominicana – che a sua volta è limitrofa a Cuba – e le Isole Vergini. Giuridicamente è un “territorio non incorporato” negli Stati Uniti, il che significa che ha stabilito con un referendum di confederarsi agli USA, ma ancora con una procedura che non ne fa il 51° Stato americano. Nel 2004 la popolazione di Porto Rico era di 3 milioni e 920 mila abitanti (sicuramente adesso avrà superato i 4 milioni); mentre i portoricani emigrati negli Stati Uniti erano 4 milioni e 300 mila. Dunque, una popolazione residente che è un po’ meno della metà della Grecia.
[2] [http://www.newyorkfed.org/outreach-and-education/puerto-rico/2014/report-main.html]
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"