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Salvare la Grecia, salvare l’Europa, di Barry Eichengreen (da Project Syndicate, 13 luglio 2015)

 

JUL 13, 2015

Saving Greece, Saving Europe

 

Barry Eichengreen

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BERKELEY – Whatever one thinks about the tactics of Greek Prime Minister Alexis Tsipras’s government in negotiations with the country’s creditors, the Greek people deserve better than what they are being offered. Germany wants Greece to choose between economic collapse and leaving the eurozone. Both options would mean economic disaster; the first, if not both, would be politically disastrous as well.

When I wrote in 2007 that no member state would voluntarily leave the eurozone, I emphasized the high economic costs of such a decision. The Greek government has shown that it understands this. Following the referendum, it agreed to what it – and the voters – had just rejected: a set of very painful and difficult conditions. Tsipras and his new finance minister, Euclid Tsakalotos, have gone to extraordinary lengths to mollify Greece’s creditors.

But when I concluded that no country would leave the eurozone, I failed to imagine that Germany would force another member out. This, clearly, would be the effect of the politically intolerable and economically perverse conditions tabled by Germany’s finance ministry.

German Finance Minister Wolfgang Schäuble’s idea of a temporary “time out” from the euro is ludicrous. Given Greece’s collapsing economy and growing humanitarian crisis, the government will have no choice, absent an agreement, but to print money to fund basic social services. It is inconceivable that a country in such deep distress could meet the conditions for euro adoption – inflation within 2% of the eurozone average and a stable exchange rate for two years – between now and the end of the decade. If Grexit occurs, it will not be a holiday; it will be a retirement.

Early Monday morning, European leaders agreed to remove the reference to this “time out” from the announcement of the latest bailout deal. But this door, having been opened, will not now be easily closed. The Eurosystem has been rendered more fragile and subject to destabilization. Other European finance ministers will have to answer for agreeing to forward to their leaders a provisional draft containing Schäuble’s destructive language.

Economically, the new program is perverse, because it will plunge Greece deeper into depression. It envisages raising additional taxes, cutting pensions further, and implementing automatic spending cuts if fiscal targets are missed. But it provides no basis for recovery or growth. The Greek economy is already in free-fall, and structural reforms alone will not reverse the downward spiral.

The agreement continues to require primary budget surpluses (net of interest payments), rising to 3.5% of GDP by 2018, which will worsen Greece’s slump. Re-profiling the country’s debt, which is implicitly part of the agreement, will do nothing to ameliorate this, given that interest payments already are minimal through the end of the decade. As the depression deepens, the deficit targets will be missed, triggering further spending cuts and accelerating the economy’s contraction.

Eventually, the agreement will trigger Grexit, either because the creditors withdraw their support after fiscal targets are missed, or because the Greek people rebel. Triggering that exit is transparently Germany’s intent.

Finally, the privatization fund at the center of the new program will do nothing to encourage structural reform. Yes, Greece needs to privatize inefficient public enterprises. But the Greek government is being asked to privatize with a gun held to its head. Privatization at fire-sale prices, with most of the proceeds used to pay down debt, will not put Greek parliamentarians or the public in a mood to press ahead enthusiastically with structural reform.

Greece deserves better. It deserves a program that respects its sovereignty and allows the government to establish its credibility over time. It deserves a program capable of stabilizing its economy rather than bleeding it to death. And it deserves support from the ECB to enable it to remain a eurozone member.

Europe deserves better, too. Other European countries should not in good conscience accede to this politically destructive, economically perverse program. They should remind themselves that Greece had plenty of help from its European partners in getting to this point. They must continue to push for a better deal.

These partners should not allow the European project to be sacrificed on the altar of German public opinion or German leaders’ insistence on “rules.” If Germany’s government refuses to see the light, the others should find a way forward without it. Franco-German solidarity would be irreparably damaged, but Franco-German solidarity is worth nothing if the best it can produce is this agreement.

Last but not least, the German public deserve better. Germans deserve a leader who stands firm in the face of extremism, rather than encouraging it, whether at home or abroad. They deserve a Europe that can play a greater role in global affairs. Above all, given Germany’s stunning political and economic achievements since World War II, they deserve their fellow Europeans’ admiration and respect, not renewed resentment and suspicion.

 

 

 

Salvare la Grecia, salvare l’Europa

di Barry Eichengreen

BERKELEY – Qualunque cosa si pensi delle tattiche negoziali del Primo Ministro greco Alexis Tsipras con i paesi creditori, il popolo greco merita qualcosa di meglio di quello che questi ultimi stanno offrendo. La Germania vuole che la Grecia scelga tra il collasso economico e l’abbandono dell’eurozona. Entrambe le opzioni comporterebbero un disastro economico; la prima, se non entrambe, sarebbe anche politicamente disastrosa.

Quando nel 2007 scrivevo che nessun stato membro avrebbe volontariamente lasciato l’eurozona, enfatizzavo gli alti costi economici di tale decisione. Il Governo greco ha mostrato di comprenderlo. Dopo il referendum, esso ha concordato con quello che esso – e gli elettori – avevano appena respinto: un complesso di condizioni dolorose e difficili. Tsipras e il suo nuovo Ministro delle Finanze, Euclid Tsakalotos, hanno fatto passi da gigante per ammorbidire i creditori della Grecia.

Ma arrivando alla conclusione che nessun paese avrebbe lasciato l’eurozona, non mi immaginavo che la Germania avrebbe costretto un altro membro ad uscire. Questo, chiaramente, sarebbe l’effetto delle condizioni politicamente intollerabili ed economicamente perverse studiate a tavolino dal Ministro delle Finanze tedesco.

L’idea del Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble di una temporanea “sospensione” dall’euro è assurda. Dato il collasso dell’economia della Grecia e la crescente crisi umanitaria, senza un accordo, il Governo non avrebbe scelta, se non quella di stampare moneta per finanziare i servizi sociali di base. È inconcepibile che un paese in tali difficoltà possa aderire alle condizioni per l’adozione dell’euro – una inflazione all’interno della media del 2% dell’eurozona e un tasso di cambio fisso per due anni – da adesso alla fine del decennio. Se intervenisse un’uscita della Grecia, essa non sarebbe una vacanza: sarebbe un addio.

Lunedì di primo mattino i dirigenti europei concorderanno di togliere il riferimento a questa “sospensione” dall’annuncio dell’ultimo accordo di salvataggio. Ma non sarà facile chiudere questa porta, ora che è stata aperta. Il sistema dell’euro è stato reso più fragile e soggetto alla destabilizzazione. Gli altri Ministri delle Finanze dovranno dare una risposta per aver trasmesso ai loro leader una bozza provvisoria contenente il linguaggio distruttivo di Schäuble.

In termini economici, il nuovo programma è aberrante perché sprofonda la Grecia ancora più in basso nella depressione. Esso configura aumenti aggiuntivi delle tasse, ulteriori tagli alle pensioni e la messa in atto di tagli automatici alla spesa se gli obbiettivi di finanza pubblica non sono raggiunti. Ma non fornisce alcuna base per la ripresa o la crescita. L’economia greca è già in caduta libera, e le riforme strutturali da sole non invertiranno la spirale verso il basso.

L’accordo prosegue col richiedere che gli avanzi primari di bilancio (al netto del pagamento degli interessi) salgano al 3,5% del PIL con il 2018, il che peggiorerà la depressione della Grecia. Una rimodulazione del debito del paese, che è implicitamente parte dell’accordo, in nessun modo migliora questo dato di fatto, considerato che i pagamenti degli interessi sono già ai minimi sino alla fine del decennio. Dal momento che la depressione si approfondisce, gli obbiettivi del debiti non saranno realizzati, innescando ulteriori tagli di spesa ed accelerando la contrazione dell’economia.

Alla fine, l’accordo provocherà l’uscita della Grecia, sia perché i creditori ritireranno il loro sostegno una volta che gli obbiettivi di finanza pubblica saranno mancati, sia per la ribellione del popolo greco. Innescare quell’uscita è l’intenzione manifesta della Germania.

Infine, il fondo delle privatizzazioni al centro del nuovo programma non farà niente per incoraggiare le riforme strutturali. È vero, la Grecia ha bisogno di privatizzare imprese pubbliche inefficienti. Ma al Governo greco viene chiesto di privatizzare con il fucile puntato alla testa. La privatizzazione a prezzi di svendita, con la gran parte dei ricavi utilizzati per restituire il debito, non metterà i parlamentari greci o l’opinione pubblica nella condizione migliore per spingere avanti con entusiasmo le riforme strutturali.

La Grecia merita di meglio. Merita un programma che rispetti la sua sovranità e consenta al Governo di ristabilire la sua credibilità nel tempo. Merita un programma capace di stabilizzare la sua economia, anziché salassarla sino alla morte. E merita un sostegno da parte della BCE che le permetta di restare un membro dell’eurozona.

Anche l’Europa merita qualcosa di meglio. Gli altri paesi dell’eurozona non dovrebbero accedere in buona coscienza a questo programma politicamente distruttivo ed economicamente aberrante. Essi dovrebbero ricordare a se stessi che la Grecia, per raggiungere questo risultato, ha avuto il pieno sostegno da parte dei suoi partner europei. Devono continuare a tenere aperta la possibilità di un accordo migliore.

Questi partner europei non dovrebbero permettere che il progetto europeo sia sacrificato sugli altari della opinione pubblica tedesca o della insistenza dei dirigenti tedeschi sulle ‘regole’. Se i governi tedeschi rifiutano di vedere quello che è evidente, gli altri dovrebbero trovare un modo per andare avanti senza di essi. La solidarietà franco-tedesca subirebbe un danno irreparabile, ma la solidarietà franco-tedesca non merita niente di meglio se può produrre accordi del genere.

Da ultimo ma non per ultimo, l’opinione pubblica tedesca merita di meglio. I tedeschi meritano un leader che sia inflessibile contro l’estremismo, piuttosto che incoraggiarlo, sia in casa che all’estero. Meritano un’Europa che possa giocare un ruolo maggiore negli affari mondiali. Soprattutto, date le sbalorditive realizzazioni politiche ed economiche della Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale, meritano l’ammirazione e il rispetto dei loro concittadini europei, non un rinnovato risentimento e sospetto.

 

 

 

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