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Il debito non fa male, di Paul Krugman (New York Times 21 agosto 2015)

 

Debt Is Good

AUG. 21, 2015

Paul Krugman

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Rand Paul said something funny the other day. No, really — although of course it wasn’t intentional. On his Twitter account he decried the irresponsibility of American fiscal policy, declaring, “The last time the United States was debt free was 1835.”

Wags quickly noted that the U.S. economy has, on the whole, done pretty well these past 180 years, suggesting that having the government owe the private sector money might not be all that bad a thing. The British government, by the way, has been in debt for more than three centuries, an era spanning the Industrial Revolution, victory over Napoleon, and more.

But is the point simply that public debt isn’t as bad as legend has it? Or can government debt actually be a good thing?

Believe it or not, many economists argue that the economy needs a sufficient amount of public debt out there to function well. And how much is sufficient? Maybe more than we currently have. That is, there’s a reasonable argument to be made that part of what ails the world economy right now is that governments aren’t deep enough in debt.

I know that may sound crazy. After all, we’ve spent much of the past five or six years in a state of fiscal panic, with all the Very Serious People declaring that we must slash deficits and reduce debt now now now or we’ll turn into Greece, Greece I tell you.

But the power of the deficit scolds was always a triumph of ideology over evidence, and a growing number of genuinely serious people — most recently Narayana Kocherlakota, the departing president of the Minneapolis Fed — are making the case that we need more, not less, government debt.

Why?

One answer is that issuing debt is a way to pay for useful things, and we should do more of that when the price is right. The United States suffers from obvious deficiencies in roads, rails, water systems and more; meanwhile, the federal government can borrow at historically low interest rates. So this is a very good time to be borrowing and investing in the future, and a very bad time for what has actually happened: an unprecedented decline in public construction spending adjusted for population growth and inflation.

Beyond that, those very low interest rates are telling us something about what markets want. I’ve already mentioned that having at least some government debt outstanding helps the economy function better. How so? The answer, according to M.I.T.’s Ricardo Caballero and others, is that the debt of stable, reliable governments provides “safe assets” that help investors manage risks, make transactions easier and avoid a destructive scramble for cash.

Now, in principle the private sector can also create safe assets, such as deposits in banks that are universally perceived as sound. In the years before the 2008 financial crisis Wall Street claimed to have invented whole new classes of safe assets by slicing and dicing cash flows from subprime mortgages and other sources.

But all of that supposedly brilliant financial engineering turned out to be a con job: When the housing bubble burst, all that AAA-rated paper turned into sludge. So investors scurried back into the haven provided by the debt of the United States and a few other major economies. In the process they drove interest rates on that debt way down.

And those low interest rates, Mr. Kocherlakota declares, are a problem. When interest rates on government debt are very low even when the economy is strong, there’s not much room to cut them when the economy is weak, making it much harder to fight recessions. There may also be consequences for financial stability: Very low returns on safe assets may push investors into too much risk-taking — or for that matter encourage another round of destructive Wall Street hocus-pocus.

What can be done? Simply raising interest rates, as some financial types keep demanding (with an eye on their own bottom lines), would undermine our still-fragile recovery. What we need are policies that would permit higher rates in good times without causing a slump. And one such policy, Mr. Kocherlakota argues, would be targeting a higher level of debt.

In other words, the great debt panic that warped the U.S. political scene from 2010 to 2012, and still dominates economic discussion in Britain and the eurozone, was even more wrongheaded than those of us in the anti-austerity camp realized.

Not only were governments that listened to the fiscal scolds kicking the economy when it was down, prolonging the slump; not only were they slashing public investment at the very moment bond investors were practically pleading with them to spend more; they may have been setting us up for future crises.

And the ironic thing is that these foolish policies, and all the human suffering they created, were sold with appeals to prudence and fiscal responsibility.

 

 

 

Il debito non fa male, di Paul Krugman

New York Times 21 agosto 2015

Rand Paul ha detto qualcosa di spiritoso l’altro giorno. Dico sul serio, sebbene naturalmente non fosse intenzionale. Sul suo profilo su Twitter ha denunziato l’irresponsabilità della politica americana della finanza pubblica, dichiarando: “L’ultima volta che gli Stati Uniti sono stati privi di debito fu nel 1835”.

Alcuni burloni hanno subito notato che l’economia degli Stati Uniti, nel suo complesso, si è comportata piuttosto bene negli ultimi 180 anni, ed hanno suggerito che il fatto che il Governo sia stato in debito verso il settore privato non sembrerebbe essere stata una cosa così negativa. Il Governo inglese, per inciso, è stato in debito per più di tre secoli, un’epoca che abbraccia la rivoluzione industriale, la vittoria su Napoleone ed altro ancora.

Ma si tratta semplicemente del fatto che il debito pubblico non è così negativo come sostengono le leggende? Oppure il debito statale può effettivamente rappresentare una cosa positiva?

Ci crediate o no, molti economisti sostengono che l’economia, per funzionare adeguatamente, ha bisogno di una quantità sufficiente di debito pubblico verso l’esterno. E cosa si deve intendere per sufficiente? Probabilmente, più di quanto non accade attualmente. Ovvero, c’è un argomento ragionevole che può essere avanzato, secondo il quale una parte di ciò che affligge l’economia mondiale in questo momento è che i governi non hanno un debito adeguatamente ampio.

So che può sembrare pazzesco. Dopo tutto, abbiamo speso gran parte dei passati cinque o sei anni in una condizione di panico per le finanze pubbliche, con tutte le Persone Molto Serie che dichiaravano che dovevamo abbattere i deficit e ridurre il debito senza esitazione, oppure saremmo diventati come la Grecia, niente di meno.

Ma il potere delle Cassandre del deficit si è sempre basato su un trionfo dell’ideologia sui fatti, e un numero crescente di persone effettivamente serie – il più recente Narayana Kocherlakota, il Presidente della Fed di Minneapolis, che sta lasciando l’incarico – stanno avanzando l’idea che abbiamo bisogno di maggiore, non di minore, debito pubblico.

Perché?

Una risposta è che emettere debito è un modo per spendere per cose utili, e quando il prezzo è giusto noi dovremmo spendere maggiormente. Gli Stati Uniti soffrono di evidenti mancanze nelle strade, nelle ferrovie, nei sistemi idrici e in altro ancora; al contempo, il Governo federale può indebitarsi ai tassi di interesse tra i più bassi della storia. Questo dunque è il momento favorevole per indebitarsi ed investire nel futuro, mentre era il momento peggiore per quello che è effettivamente successo: un declino senza precedenti nella spesa pubblica per le costruzioni, corretta tenendo di conto della crescita della popolazione e dell’inflazione.

Oltre a ciò, quei tassi di interesse davvero bassi sono un segno di cosa il mercato vuole. Ho già ricordato che avere in sospeso almeno un po’ di debito pubblico aiuta l’economia a funzionare meglio. In che senso? La risposta, secondo Ricardo Caballero del MIT ed altri, è che il debito di un Governo stabile ed affidabile fornisce “asset sicuri” che aiutano gli investitori a gestire i rischi, a rendere le transazioni più facili e ad evitare corse distruttive al contante.

Ora, in linea di principio anche il settore privato può creare asset sicuri, così come i depositi nella banche che sono universalmente percepiti come privi di rischi. Negli anni precedenti la crisi finanziaria del 2008, Wall Street sosteneva di aver inventato un’intera nuova classe di asset sicuri attraverso lo spezzettamento di flussi di cassa provenienti dai mutui subprime e da altre fonti.

Ma si scoprì che tutta quella presunta brillante ingegneria finanziaria era una fregatura: quando la bolla immobiliare scoppiò, tutti quei fogli classificati come massimamente sicuri si trasformarono in paccottiglia. In tal modo gli investitori tornarono a precipitarsi nei rifugi forniti dal debito degli Stati Uniti e di altre importanti economie. In tale processo, essi portarono i tassi di interesse su quel debito in basso.

E quei bassi tassi di interesse, afferma Kocherlakota, sono un problema. Quando i tassi di interesse sul debito pubblico sono molto bassi persino laddove le economie sono forti, non c’è molto margine per tagliarli allorché l’economia diventa debole, il che rende molto più difficile combattere le recessioni. Ci possono anche essere conseguenze per la stabilità finanziaria: rendimenti molto bassi su asset sicuri possono spingere gli investitori ad assumere rischi troppo grandi – oppure, con la stessa logica, incoraggiare un’altra serie di esperimenti magici da parte di Wall Street.

Che fare? Elevare semplicemente i tassi di interesse, come alcuni soggetti del mondo finanziario continuano a chiedere (con un occhio rivolto ai loro profitti) metterebbe a repentaglio una ripresa ancora fragile. Ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche che permettano tassi più elevati nei momenti buoni, senza provocare crolli. E proporsi l’obbiettivo di un livello più alto del debito, sostiene Kocherlakota, corrisponderebbe a tale politica.

In altre parole, il grande panico per il debito che distorse la scena politica degli Stati Uniti dal 2010 al 2012, e tuttora domina il dibattito economico nel Regno Unito e nell’eurozona, fu ancora più avventato di quello che avevano compreso quelli che come noi sono stati a favore di politiche opposte all’austerità.

Non solo dove i Governi che hanno dato ascolto alle Cassandre della spesa pubblica hanno dato un calcio alle economie quando erano in ginocchio, prolungando la recessione; non solo essi hanno abbattuto gli investimenti pubblici propri mentre gli investitori sui bond praticamente li imploravano di spendere di più; può darsi che essi abbiano creato le condizioni per nuove crisi future.

E la cosa comica è che queste politiche miopi, e tutte le sofferenze che esse hanno creato alle persone in carne ed ossa, sono state rivendute con appelli alla prudenza e alla responsabilità finanziaria.

 

 

 

 

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