Blog di Krugman

Le radici del culto di Reagan (7 agosto 2015)

 

Aug 7 3:08 pm

Roots of Reaganolatry

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Noah Smith suggests that Reagan worship reflects a misunderstanding of how the economy works — that those who idolize Reagan believe in the Green Lantern theory of presidential power, that presidents can make stuff happen, in the economy and elsewhere, though sheer force of will.

But the truth is that the cult of Reagan is much stranger and more disreputable than that. For the fact is that Reagan’s objective achievements weren’t all that great.

In terms of the economy, his record is trumped by Bill Clinton’s on every front: GDP growth, job creation, family incomes. For that matter, as Bill McBride points out, the average monthly rate of private-sector job creation under Jimmy Carter was faster than the average rate under Reagan. Carter just had the bad luck to preside over a recession at the end of his term, while Reagan’s was at the beginning.

We might also note that Reagan’s attempt to change the nature of the US welfare state was, in the light of history, a failure. Remember, he once crusaded against Medicare as a program that would destroy freedom; he came into office with the intention of dismantling Social Security. But he left with both programs intact (thanks, in part, to a big increase in payroll taxes during his time in office) — and now we have a more or less universal health insurance system.

So right-wing Reagan-worship requires a heavy dose of historical ignorance. But that’s not the only weird thing about the way today’s Republicans pledge their devotion to his legacy: Remember, Reagan was elected 35 years ago. That’s a long time: the election of 1980 is as distant from us now as the election of 1944 was when he was running. The America of Reagan’s triumph was in many ways another country — a country of still-powerful unions and bad coffee, with no internet or cell phones, in which a plurality of voters disapproved of interracial marriage. It’s quite remarkable that the right can’t find any more contemporary role models.

But Reagan has become an icon that never fades. Republicans will probably still be invoking his legacy in 2036, when Democrats will have nominated their first android — and Republicans will have nominated another white male.

 

 

Le radici del culto di Reagan

Noah Smith suggerisce che il culto di Reagan rifletta una incomprensione su come funziona l’economia – ovvero che quelli che idolatrano Reagan credono nella ‘teoria della Lanterna Verde’ [1] del potere presidenziale, secondo la quale il Presidente può realizzare ogni cosa, in economia e negli altri campi, attraverso la semplice forza della volontà.

Ma la verità è che il culto di Reagan è molto più strano e riprovevole. Perché il punto è che le obbiettive realizzazioni di Reagan non furono così rilevanti.

Dal punto di vista economico, le sue prestazioni sono surclassate su ogni fronte da Bill Clinton: la crescita del PIL, la creazione di posti di lavoro, i redditi delle famiglie. Del resto, come sottolinea Bill McBride, il tasso medio mensile di creazione dei posti di lavoro nel settore privato sotto Jimmy Carter fu più veloce del tasso medio sotto Reagan. Carter ebbe la mala sorte di essere in carica durante una recessione alla fine del suo mandato, mentre a Reagan accadde agli inizi.

Potremmo anche osservare che il tentativo di Reagan di cambiare la natura dello stato assistenziale americano fu, alla luce della storia, un fallimento. Si ricordi che egli a quel tempo si impegnò in una crociata contro Medicare, alla stregua di una programma che avrebbe distrutto la libertà; egli entrò in carica con l’intenzione di smantellare la Previdenza Sociale. Ma lasciò entrambi i programmi intatti (grazie, in parte, ad un grande incremento durante il suo mandato delle tasse sui redditi da lavoro) – e adesso abbiamo un sistema di assicurazione sanitaria più o meno universalistico.

Dunque, il culto di Reagan della destra richiede una dose cospicua di ignoranza storica. Ma non è quella l’unica cosa bizzarra del modo in cui ancora oggi i repubblicani offrono la loro devozione alla sua eredità: si ricordi, Reagan fu eletto 35 anni orsono. É un periodo lungo: le elezioni del 1980 sono di un’epoca altrettanto distante da noi, della elezioni del 1944 quand’egli stava governando. Il trionfo dell’America di Reagan riguardava in molti sensi un altro paese – un paese di sindacati ancora potenti e di pessimo caffè [2], senza internet ed i telefoni cellulari, nel quale una maggioranza relativa di elettori disapprovavano i matrimoni interrazziali.

Eppure Reagan è diventato un’icona che non svanisce mai. I repubblicani probabilmente staranno ancora invocando la sua eredità nel 2036, quando i democratici avranno scelto per le presidenziali il loro primo androide – e i repubblicani avranno scelto un ennesimo maschio bianco.

 

[1] L’espressione è stata coniata dal politologo americano Brendan Nyhan e indica “la convinzione che il Presidente può realizzare ogni obbiettivo politico e programmatico se solo ci mette impegno sufficiente ed usa le tattiche più adatte”.

[2] Non saprei dire perché il ‘cattivo caffè’ è considerato un tratto distintivo di un’epoca. Ma dando una scorsa ad internet si scopre un filone di articoli sul caffè scadente, al confronto con il buon caffè (europeo, se non italiano). Può darsi che sia un tema sensibile.

 

 

 

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