Blog di Krugman » Selezione del Mese

Ottusità artificiale (dal blog di Krugman, 29 agosto 2015)

 

Aug 29 9:17 am

Artificial Unintelligence

In the early stages of the Lesser Depression, those of us who knew a bit about the macroeconomic debates of the 1930s, and realized how relevant the hard-won insights of Keynes and Hicks were to the post-financial crisis world, often felt a sense of despair. Everywhere you looked, people who imagined themselves sophisticated and possessed of deep understanding were resurrecting 75-year-old fallacies and presenting them as deep insights.

A lot of water has passed under the bridge since then, and I at least no longer feel the same sense of despair. Instead, I feel an even deeper sense of despair — because people are still rolling out those same fallacies, even though in the interim those of us who remembered and understood Keynes/Hicks have been right about most things, and those lecturing us have been wrong about everything.

So here’s William Cohan in the Times, declaring that the Fed should “show some spine” and raise rates even though there is no sign of accelerating inflation. His reasoning:

The case for raising rates is straightforward: Like any commodity, the price of borrowing money — interest rates — should be determined by supply and demand, not by manipulation by a market behemoth. Essentially, the clever Q.E. program caused a widespread mispricing of risk, deluding investors into underestimating the risk of various financial assets they were buying.

Oh dear.

Cohan’s theory of interest rates is basically the old notion of loanable funds: the interest rate is determined by the supply of and demand for credit. As Keynes and Hicks explained three generations ago, this is a completely inadequate story — because it misses the reality that the level of income isn’t fixed, and changes in income affect the supply and demand for funds. So loanable funds doesn’t determine the interest rate; all it does is define a relationship between interest rates and income, the IS curve of the IS-LM model:

z 915

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

What determines where we end up on that curve? Monetary policy. The Fed sets interest rates, whether it wants to or not — even a supposed hands-off policy has to involve choosing the level of the monetary base somehow, which means that it’s a monetary policy choice.

And how would you know if the Fed is setting rates too low? Here’s where Hicks meets Wicksell: rates are too low if the economy is overheating and inflation is accelerating. Not exactly what we’ve seen in the era of zero rates and QE:

z 916

 

 

 

 

 

 

OK, there are arguments that the Fed should be willing to abandon its inflation target so as to discourage bubbles. I think those arguments are wrong — but in any case they have nothing to do with the notion that current rates are somehow artificial, that we should let rates be determined by “supply and demand”.

The worrying thing is that, as I’ve suggested, crude misunderstandings along these lines are widespread even among people who imagine themselves well-informed and sophisticated. Eighty years of hard economic thinking, and seven years of overwhelming confirmation of that hard thinking, have made no dent in their worldview. Awesome.

 

Ottusità artificiale

Nei primi stadi della Depressione Minore [1] coloro tra noi che conoscevano qualcosa dei dibattiti economici degli anni ‘30 e avevano compreso quanto rilievo avessero le preziose intuizioni di Keynes e di Hicks nel mondo della crisi post-finanziaria, provavano spesso un senso di sgomento. Dovunque si guardasse, individui che si immaginavano sofisticati e in possesso di una intelligenza profonda risuscitavano gli errori di 75 anni prima e li presentavano come grandi intuizioni.

Da allora è passata molta acqua sotto i ponti, e almeno io non sento più la stessa sensazione di sgomento. Ne sento, piuttosto, una ancora più profonda – perché la gente continua a mettere in circolazione gli stessi sbagli, anche se nel frattempo chi come noi ricordava ed aveva compreso Keynes/Hicks ha avuto ragione sulla maggioranza dei fatti, e coloro che ci davano lezioni hanno avuto torto quasi su tutto.

Ecco dunque William Cohan sul Times [2], che dichiara che la Fed dovrebbe “mostrare di avere un po’ di carattere” ed elevare i tassi anche se non c’è alcun segno di una accelerazione dell’inflazione. Questo il suo ragionamento:

“L’argomento per elevare i tassi è semplice: come ogni materia prima, il prezzo del prendere denaro a prestito – i tassi di interesse – dovrebbe essere determinato dall’offerta e dalla domanda, non dalla manipolazione di un gigante del mercato. In sostanza, l’intelligente programma della ‘facilitazione quantitativa’ ha provocato una generale cattiva valutazione del rischio, illudendo gli investitori in una sottostima del rischio di vari asset finanziari che stavano acquistando”.

Dio mio!

La teoria di Cohan dei tassi di interesse è fondamentalmente il vecchio concetto dei fondi mutuabili: il tasso di interesse è determinato dall’offerta e dalla domanda di credito. Come Keynes e Hicks spiegarono tre generazioni orsono, questa è una spiegazione completamente inadeguata – perché trascura il dato di fatto secondo il quale il livello del reddito non è fisso, e i mutamenti nel reddito influiscono sull’offerta e sulla domanda di finanziamenti. Dunque i finanziamenti mutuabili non determinano i tassi di interesse; tutto quello ch3e definiscono è una relazione tra tassi di interesse e reddito, la curva IS del modello IS-LM:

z 915

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cos’è che stabilisce dove si va a finire su quella curva? La politica monetaria. La Fed stabilisce i tassi di interesse, che lo voglia o no – persino una presunta politica di non intervento deve in qualche modo includere la scelta del livello della base monetaria, il che significa che è una scelta di politica monetaria.

E come si potrebbe capire se la Fed sta fissando tassi troppo bassi? Qui è il punto nel quale Hicks incontra Wicksell: i tassi sono troppo bassi se l’economia si sta surriscaldando e l’inflazione sta accelerando. Non è proprio quello a cui abbiamo assistito in quest’epoca di tassi a zero e di facilitazione quantitativa:

z 916

 

 

 

 

 

 

É vero, ci sono gli argomenti secondo i quali la Fed dovrebbe essere disponibile ad abbandonare il suo obbiettivo di inflazione in modo da scoraggiare le bolle. Io penso che tali argomenti siano sbagliati – ma in ogni caso essi non hanno niente a che fare con il concetto secondo il quale i tassi attuali sarebbero in qualche modo artificiali, e che dovremmo consentire ai tassi di essere determinati “dall’offerta e dalla domanda”.

L’aspetto preoccupante è che, come ho indicato, i banali fraintendimenti di questa natura sono generalizzati persino tra le persone che si reputavano ben informate e sofisticate. Ottant’anni di faticoso pensiero economico e sette anni di completa conferma di quel pensiero, non hanno per niente scalfito la loro concezione del mondo. Terribile.

 

 

 

[1] É una definizione della crisi del 2008, che più frequentemente viene chiamata Grande Recessione. Ovviamente, come ‘depressione’ è minore rispetto a quella degli anni ’30 (ma non per tutti i paesi), che come si sa viene chiamata “Grande Depressione”, mentre come ‘recessione’ si può definire ‘grande’ perché la recessione è un fenomeno meno intenso della depressione.

[2] In questo caso con Times si intende il New York Times, ovvero lo stesso giornale dove scrive Krugman, pagina dei commenti.

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"