Sep 20 3:06 pm
To be honest, I’m feeling rather stupid about not understanding until now how to make sense of the ever-changing rationales for the ever-changing demand for higher interest rates. As someone who started in international trade, I more than anyone should have known that specific factors, not Stolper-Samuelson, is usually the way to go.
For the 99.9 percent of readers who have no idea what I’m talking about: One of the landmark papers in international trade theory was the demonstration by Wolfgang Stolper and Paul Samuelson, way back in 1941, that the income distribution effects of protectionism typically swamp any efficiency considerations. If you said something judicious along the lines of “Well, protectionism might increase labor’s share, but workers will still end up losing because the economy will become less efficiency”, you were just wrong in terms of the standard model: if an economy imports labor-intensive goods, protectionism will raise real wages — end of story.
So trade policy should have big effects on the distribution of income between broad classes of players — labor versus capital, highly educated versus less-educated labor, and so on. But if you try to understand the political economy of trade policy, what you see is much narrower interests at play — not capital in general but the owners of textile factories or sugar plantations. Blessed are the cheesemakers, not any manufacturers of dairy products. And the right model to think about this is the specific factors model of trade, in which capital is temporarily stuck in a particular industry; in the long run it may be fungible, but lobbyists don’t worry about that.
So we’ve had a long discussion of the distributional effects of QE and all that, which are ambiguous but also, I now realize, irrelevant. Is QE good or bad for capital, for rentiers, whatever? No matter — it’s bad for bankers, because it leads to a compression of the net interest margin, the spread between deposit rates and lending rates. And that is why there’s so much agitation for rate hikes on the part of finance. Furthermore, while I don’t think institutions like the BIS are corrupt in any direct sense, they probably pick up by osmosis from all the bankers they meet the general prejudice against easy money, leading to increasingly baroque attempts to justify rate hikes despite low inflation.
Incidentally, this also means that the common claim that QE is a giveaway to bankers is the opposite of the truth; to the extent that journalists with close ties to bankers spread this story, it’s Orwellian. Remember, the Fed isn’t lending money at low interest to banks — banks, with their $2.5 trillion (!) of excess reserves, are lending vast sums at low interest to the Fed.
It’s all falling into place.
Ancora sulla politica economica dei ‘falchi eterni’
(1)
Ad essere onesto, mi sento un po’ stupido a non aver capito sino ad adesso come sia comprensibile il fenomeno degli argomenti in continuo cambiamento per le richieste di tassi di interesse più alti che non cambiano mai. Considerato che ho fatto il mio apprendistato sul commercio internazionale, dovrei aver saputo che normalmente sono i fattori specifici che decidono il modo in cui le cose procedono, e non il teorema Stolper-Samuelson.
Per il 99,9 per cento dei lettori che non hanno idea di cosa sto parlando: uno degli studi che costituiscono un riferimento nella teoria del commercio internazionale fu la dimostrazione, da parte di Wolfgang Stolper e di Paul Samuelson, nel lontano 1941, che gli effetti sulla distribuzione del reddito del protezionismo, in modo caratteristico, sommergono tutte le considerazioni di efficienza. Se affermaste qualcosa di apparentemente ragionevole come: “Bene, il protezionismo può accrescere la quota del lavoro, ma i lavoratori finiranno ancora col rimetterci perché l’economia diventerà meno efficiente”, avreste proprio torto nei termini del modello di riferimento: se una economia importa beni ad alta intensità di lavoro, il protezionismo aumenterà i salari reali – fine della storia.
Dunque, la politica del commercio dovrebbe avere grandi effetti sulla distribuzione del reddito tra le ampie classi di protagonisti – il lavoro nei confronti del capitale, i lavoratori specializzati nei confronti di quelli meno istruiti, e così via. Ma se cercate di capire la politica economica del commercio, quello che dovete osservare sono i più stretti interessi in gioco – non il capitale in generale, ma i proprietari degli stabilimenti tessili o delle piantagioni di zucchero. Chi ci guadagna sono i produttori di formaggi, non tutti coloro che producono generi caseari. E il modello giusto per pensare a questo è il modello dei fattori specifici del commercio, nel quale il capitale è temporaneamente bloccato in un particolare settore industriale; nel lungo periodo potrà essere sostituibile, ma i lobbisti non si preoccupano di quello.
Dunque, abbiamo avuto un lungo dibattito sugli effetti distribuzionali della ‘facilitazione quantitativa’ e su tutto il resto, che sono ambigui ma anche, lo comprendo adesso, irrilevanti. La ‘facilitazione quantitativa’ è buona o cattiva per il capitale, per i redditieri, o per qualsiasi altro? Non è rilevante – essa è negativa per i banchieri, perché porta ad una compressione del margine netto di interesse, lo scarto tra i tassi sui depositi ed i tassi sui prestiti. E questa è la ragione per la quale c’è tanta agitazione per il rialzo dei tassi da parte della finanza. Inoltre, mentre penso che istituzioni come la Banca dei Regolamenti Internazionali non siano corrotte in nessun senso diretto, probabilmente essi raccolgono per osmosi da tutti i banchieri che incontrano un pregiudizio generale contro il denaro facile, che li porta a tentativi sempre più barocchi di giustificare il rialzo del tassi nonostante l’inflazione bassa.
Tra parentesi, questo significa anche che l’argomento comune secondo il quale la ‘facilitazione quantitativa’ sarebbe un regalo ai banchieri è l’opposto della verità; anche se i giornalisti con stretti legami con i banchieri propagano questo racconto, esso è orwelliano. Si ricordi, la Fed non sta prestando soldi a basso interesse alle banche – sono le banche, con i loro 2.500 miliardi di dollari di riserve in eccesso (!), che stanno prestando grandi somme a basso interesse alla Fed.
Tutto sta andando al suo posto.
(1) Il diagramma mostra l’andamento del margine netto dell’interesse per le banche statunitensi dalla metà degli anni ’80 sino ai nostri giorni.
By mm
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