Blog di Krugman

La bassa inflazione europea (17 settembre 2015)

 

Sep 17 10:17 am

European Lowflation

There is good reason to believe that the conventional 2 percent inflation target is too low, even for the United States; the risks of hitting the zero lower bound are clearly much higher than people believed when 2 percent became orthodoxy. But whatever the case for a higher US target, the case is much, much stronger for Europe, which combines Japan-style demography — a shrinking working-age population, making secular stagnation more likely — with adjustment problems that get much harder when inflation is low. It’s important to realize that it matters not at all whether the overall rate is slightly positive or slightly negative; as the IMF says, “lowflation” creates all the problems we associate with deflation, even if the headline number is greater than zero.

So how’s it going? Terribly. Despite QE, euro area core inflation is stuck below 1 percent.

The euro remains a slow-motion disaster, despite the constant claims that a bit of growth here or there somehow vindicates all the suffering.

 

La bassa inflazione europea

 

C’è una buona ragione per credere che il convenzionale obbiettivo di inflazione del 2 per cento sia troppo basso, persino per gli Stati Uniti; i rischi di toccare il limite inferiore dello zero (nei tassi di interesse) sono chiaramente molto più alti di quello che la gente credeva quando il 2 per cento divenne un’ortodossia. Ma qualsiasi sia l’argomento per un obbiettivo più elevato negli Stati Uniti, c’è un argomento molto, molto più forte per l’Europa, che mette assieme una demografia di stile giapponese – una popolazione in età lavorativa che si riduce, rendendo più probabile la stagnazione secolare – e problematiche di correzione che diventano molto più difficili quando l’inflazione è bassa. É importante comprendere che non conta niente che il tasso complessivo (di inflazione) sia positivo o leggermente negativo; come afferma il FMI, la ‘bassa inflazione’ crea tutti i problemi che associamo alla deflazione, anche se il dato complessivo [1] è più grande di zero.

Cosa sta accadendo? In un modo che impressiona, nonostante la ‘facilitazione quantitativa’, l’inflazione sostanziale dell’area euro è bloccata sotto l’1 per cento.

L’euro resta un disastro al rallentatore, nonostante la costante pretesa che un po’ di crescita qua e là, in qualche modo risarcisca tutte le sofferenze.

 

[1] “Headline” significa “titolo”, di un giornale o di un programma televisivo o altro. Ma il suo significato implicito (anche esplicito) di ‘sommario’ spiega il suo uso come aggettivo assieme a termini economici, come ad esempio “headline inflation” (ho trovato anche “headline unemployment”). Quindi la “headline inflation” – o i dati relativi – sta a significare “inflazione complessiva”, ovvero quella inflazione che deriva dalla stima complessiva di tutti i generi di consumo.

La inflazione che esprime invece l’andamento solo dei generi che non sono sottoposti ad eccessiva volatilità e variabilità (ovvero con l’esclusione di quelli di varie materie prime, alimentari o energetiche), viene definita “core inflation”, ovvero “inflazione sostanziale”. Come spiegato molte volte da Krugman, la prima inflazione – quella complessiva – è un indicatore piuttosto impreciso, proprio perchè viene influenzato dagli andamenti di breve periodo di alcuni prezzi (quegli andamenti in certi momenti rafforzano apparentemente l’inflazione, salvo produrre poco dopo l’esito opposto, quando quei prezzi calano). La Federal Reserve, ad esempio, utilizza normalmente i dati della “inflazione sostanziale”.

 

 

 

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