Sep 4 8:15 pm
I’m (a) having a good time (b) jet-lagged to the point of madness, so posting limited. But I do want to weigh in on the latest job report and the Fed.
Headline unemployment, at 5.1 percent, is now quite low by historical standards, and the baying for a rate increase is louder than ever. But inflation is subdued, indeed below target, and wages are still going nowhere. Should the Fed be raising rates in the name of “normalization”?
Well, consider the situation in 1997, when the unemployment rate dropped through 5 percent. The Fed did raise rates a quarter point, but then stopped, waiting for inflation to become a problem — which it never did, even though unemployment continued to fall, eventually to 4 percent.
The lesson is that the Fed really doesn’t know what level of U3 constitutes full employment, and should be very cautious about acting preemptively absent any signs of inflation problems.
Why is this time different? Many people seem to think that the case for raising rates is made stronger by the fact that we’re currently at zero, which seems weird and unnatural. But if you actually think through the logic, it’s the other way around. When the Fed funds rate was 5 percent, there was room to cut if a rate hike turned out to be premature — that is, the risks of moving too soon and moving too late were more or less symmetrical. Now they aren’t: if the Fed moves too late, it can always raise rates more, but if it moves too soon, it can push us into a trap that’s hard to escape.
Hiking rates now is still a really bad idea — and the arguments for that bad idea just keep getting worse.
La Fed dovrebbe ricordarsi degli anni ‘90
Anzitutto me la sto passando bene, e in secondo luogo patisco il fuso orario sino al limite dell’indecenza, cosicché i post sono limitati. Ma non rinuncio ad intervenire sull’ultimo rapporto sui posti di lavoro e sulla Fed.
La disoccupazione complessiva, al 5,1 per cento, adesso è abbastanza bassa per la serie storica, e gli ululati per un rialzo del tasso di interesse sono più rumorosi che mai. Ma l’inflazione è smorzata, in effetti al di sotto dell’obbiettivo, ed i salari non stanno ancora andando da nessuna parte. La Fed dovrebbe alzare i tassi nel nome della “normalizzazione”?
Ebbene, consideriamo la situazione nel 1997, quando il tasso di disoccupazione scese al 5 per cento. La Fed elevò il tasso di un quarto di punto, ma poi si fermò, aspettando che l’inflazione diventasse un problema – la qualcosa non accadde, anche se il tasso di disoccupazione continuò a scendere, alla fine sino al 4 per cento.
La lezione è che la Fed realmente non sa quale livello di U3 [1] rappresenti la piena occupazione, e dovrebbe essere molto cauta ad agire preventivamente in assenza di alcun segno di problemi di inflazione.
Perché questa volta sarebbe diverso? Molte persone sembrano pensare che l’argomento per rialzare i tassi sia reso più forte dal fatto che siamo attualmente a zero, la qualcosa sembra strana e innaturale. Ma se usate la logica, è esattamente il contrario. Quando il tasso di interesse sui finanziamenti della Fed era al 5 per cento, c’era spazio per fare tagli se un rialzo nei tassi risultava essere prematuro – ovvero, i rischi del muoversi troppo presto o troppo tardi erano più o meno asimmetrici. Oggi non è così: se la Fed si muove troppo tardi si può sempre alzare di più i tassi, ma se si muove troppo presto, essa può spingerci in una trappola dalla quale si verrebbe fuori difficilmente.
Alzare i tassi oggi è davvero una cattiva idea – e gli argomenti per tale cattiva idea stanno proprio diventando peggiori.
[1] Suppongo sia il tasso di disoccupazione, secondo le modalità di misurazione in uso negli Stati Uniti (ovvero, sono disoccupati coloro che non hanno lavoro, che l’hanno attivamente cercato nelle quattro settimane prevedenti alla rilevazione, che sono al momento disponibili per un posto di lavoro.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"