Sep 21 10:01 am
Still mulling over the political economy of permahawkery; and, unusually, I have a moderate disagreement with Brad DeLong. Brad has been arguing that demands for tight money are, in fact, contrary to the bankers’ own interests:
It was Milton Friedman who insisted, over and over again, that in any but the shortest of runs high nominal interest rates were not a sign that money was tight–that the central bank had pushed the market interest rate above the Wicksellian natural rate–but rather that money had been and probably was still loose, and that market expectations had adjusted to that.
Friedman did in fact make that claim. But if “the shortest of short runs” means weeks or months, he was wrong.
Consider the Volcker disinflation. The Fed clearly announced its intention to reduce inflation, and temporarily changed its operating procedure by switching to money supply targeting; in short, it did everything one might imagine to make it clear that there was a regime shift that would lead to disinflation. As I and others have pointed out, the fact that this policy change nonetheless led to a severe recession is conclusive evidence against both the Lucas notion that only unanticipated monetary policy has real effects, and the Prescott view that business cycles reflect real shocks.
But the episode also undermines the Friedman claim on interest rates. Yes, short rates ended up lower than before once the disinflation was complete. But they were sharply elevated for three years — and while you might have expected long rates to fall due to reduced expectations of inflation, in fact they rose along with short rates and stayed high for several years.
So put yourself in the (very expensive) shoes of a bank CEO today, who is assured that the Fed’s hold on interest rates now will help avoid deflation and assure higher interest rates and hence higher bank profits in the long run. Even if you understand the macroeconomics and know the history (which you probably don’t), this is a story about a better bottom line four or five years down the pike, by which time you will have foregone a lot of bonuses and may well be retired.
As I see it, interest-rate hawkery on the part of bankers isn’t irrational, just evil.
Milton, il denaro e i tassi di interesse
Rimugino ancora sulla politica economica della fazione dei ‘falchi eterni’; e, insolitamente, ho un modesto disaccordo con Brad DeLong. Brad sta sostenendo che le richieste per una restrizione monetaria sono, di fatto, contrarie agli interessi stessi dei banchieri:
“Era Milton Friedman che insisteva di continuo che in tutti i periodi con alti tassi nominali di interesse, ad eccezione dei più brevi, non c’era segno di restrizione monetaria – ovvero che la banca centrale avesse spinto i tassi di interesse al di sopra del tasso naturale wickselliano – ma piuttosto che la disponibilità di denaro era stata e probabilmente era ancora ampia, e che le aspettative di mercato si erano adattate a tale situazione”.
É vero che Friedman fece quella osservazione. Ma se i “più brevi tra i periodi brevi” significano settimane o mesi, aveva torto.
Si consideri la disinflazione di Volcker. La Fed annunciò chiaramente la sua intenzione di ridurre l’inflazione e mutò provvisoriamente la sua procedura operativa cambiando l’obbiettivo dell’offerta monetaria; in breve, fece tutto quello che si può immaginare per rendere chiaro che c’era un cambiamento di regime che avrebbe portato alla disinflazione. Come io ed altri sottolineammo, il fatto che questo cambiamento politico nondimeno portasse ad una grave recessione è la prova definitiva sia contro il concetto di Lucas, secondo il quale soltanto una politica monetaria imprevista ha effetti reali, sia contro il punto di vista di Prescott, secondo il quale i cicli economici riflettono gli shock reali.
Ma quell’episodio mette anche in crisi l’argomento di Friedman sui tassi di interesse. É vero, una volta che la disinflazione fu completata, i tassi a breve finirono più in basso di prima. Ma essi furono impetuosamente elevati per tre anni – e mentre vi potevate aspettare che i tassi a lungo termine cadessero a seguito delle ridotte aspettative di inflazione, di fatto essi crebbero assieme ai tassi a breve e rimasero alti per alcuni anni.
Mettetevi, dunque, nelle scarpe (assai costose) di un amministratore delegato di una banca odierna, al quale viene assicurato che i tassi di interesse che resistono oggi al loro livello contribuiranno ad evitare la deflazione e assicureranno tassi di interesse più alti e quindi più alti profitti delle banche nel lungo periodo. Persino se comprendete la macroeconomia e conoscete la storia (cosa non probabile), questa è una storia che riguarda una migliore condizione conclusiva quattro o cinque anni dopo il picco, e in quel tempo avrete sacrificato un bel po’ di gratifiche e magari sarete andati in pensione.
Per come la vedo io, il tasso di interesse dei falchi che si schierano con i banchieri non è irrazionale, è proprio malvagio.
[1] Il diagramma mostra l’andamento del tasso di riferimento della Fed (in rosso) e del tasso dei buoni del Tesoro decennali, negli anni dal 1979 al 1986, ovvero nel periodo al quale ci si riferisce nel post.
By mm
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