Blog di Krugman

Disorientato da Peter Gourevitch (3 ottobre 2015)

 

Oct 3 2:06 pm

Puzzled By Peter Gourevitch

Peter Gourevitch has a followup on politics and economics that leaves me, if anything, more puzzled about what’s going on.

He notes that

The fundamental point is that the Federal Reserve is not a seminar. It is not only about being “serious” or “smart” or “finding the right theory” or getting the data right. It is about a political game of balancing between multiple forces of pressure: the people inside the Fed Committee; Congress and the president, who make appointments and set budget and powers; political parties aggregating various ideas and interests to capture political office; interest groups who lobby hard one way or another; the media which helps or hurts one side or another, markets which respond with their various forms of power, foreign governments and countries.

But how does that differ from what I’ve been saying? If you read the column that I think motivated his original piece, it was all about trying to understand the political economy of a debate in which the straight economics seems to give a clear answer, but the Fed doesn’t want to accept that answer. I asked who has an interest in tighter money, and has ways to influence monetary policy; my answer is that bankers have the motive and the means.

And when he says that “his ideas about this broader context enter his columns perhaps once every six months,” I guess I have to conclude that he isn’t reading the columns very carefully. I talk all the time about interests and political pressures; the “device of the Very Serious People” isn’t about stupidity, it’s about how political and social pressures induce conformity within the elite on certain economic views, even in the face of contrary evidence.

Am I facing another version of the caricature of the dumb economist who knows nothing beyond his models? Or is all this basically a complaint that I haven’t cited enough political science literature?

I remain quite puzzled.

 

Disorientato da Peter Gourevitch

Peter Gourevicth ha un seguito sulla politica e l’economia [1] che mi lascia, se possibile, ancora più perplesso su cosa sta accadendo.

Egli osserva che:

“La questione fondamentale è che la Federal Reserve non è un seminario. Non si tratta soltanto di essere “seri” o “intelligenti” o di trovare le teoria giusta o di intendere i dati correttamente. Si tratta di un gioco politico di bilanciamento tra molteplici forze di pressione: gli individui all’interno del Comitato della Fed; il Congresso e il Presidente, che stabiliscono gli appuntamenti e fissano il bilancio ed i poteri; i partiti politici che aggregano svariate idee e interessi per conquistare incarichi politici; i gruppi di interesse che in un modo o nell’altro con durezza perseguono i loro interessi lobbistici; i media che aiutano oppure danno contro ad uno schieramento o all’altro, i mercati che rispondono con le loro varie forme di potere, i Governi ed i paesi stranieri”.

Ma in cosa questo differisce da quello che stavo sostenendo? Se leggete l’articolo che penso abbia motivato il suo pezzo originario, esso riguardava per intero il cercar di comprendere la politica economica di un dibattito nel quale le normali teorie economiche sembrano dare una risposta chiara, ma la Fed non vuole accettare quella risposta. Io mi sono domandato chi ha un interesse ad una politica monetaria più restrittiva, ed ha i modi per influenzare la politica monetaria; la mia risposta è che i banchieri hanno i motivi ed i mezzi per farlo.

E quando egli dice che “le sue idee sui contesti più generali entrano nei suoi articoli forse una volta ogni sei mesi”, mi chiedo se devo concludere che egli non legga gli articoli in modo molto scrupoloso. Io parlo in continuazione degli interessi e delle pressioni politiche: l’ “espediente delle Persone Molto Serie” non riguarda scemenze, riguarda il modo in cui le spinte politiche e sociali inducano le classi dirigenti all’allineamento su certi punti di vista economici, persino a fronte di prove contrarie.

Mi trovo dinanzi ad un’altra versione della caricatura dell’economista sciocco che non conosce niente oltre ai suoi modelli? Oppure tutta questa è fondamentalmente una lamentela perché non ho fatto sufficienti citazioni di letteratura di scienza politica?

Resto abbastanza disorientato.

 

 

[1] L’articolo è sul Washington Post del 2 ottobre.

 

 

 

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