OCT. 12, 2015
How will the chaos that the crazies, I mean the Freedom Caucus, have wrought in the House get resolved? I have no idea. But as this column went to press, practically the whole Republican establishment was pleading with Paul Ryan, the chairman of the Ways and Means Committee, to become speaker. He is, everyone says, the only man who can save the day.
What makes Mr. Ryan so special? The answer, basically, is that he’s the best con man they’ve got. His success in hoodwinking the news media and self-proclaimed centrists in general is the basis of his stature within his party. Unfortunately, at least from his point of view, it would be hard to sustain the con game from the speaker’s chair.
To understand Mr. Ryan’s role in our political-media ecosystem, you need to know two things. First, the modern Republican Party is a post-policy enterprise, which doesn’t do real solutions to real problems. Second, pundits and the news media really, really don’t want to face up to that awkward reality.
On the first point, just look at the policy ideas coming from the presidential candidates, even establishment favorites like Marco Rubio, the most likely nominee given Jeb Bush’s fatal lack of charisma. The Times’s Josh Barro has dubbed Mr. Rubio’s tax proposal the “puppies and rainbows” plan, consisting of trillions in giveaways with not a hint of how to pay for them — just the assertion that growth would somehow make it all good.
And it’s not just taxes, it’s everything. For example, Republicans have been promising to offer an alternative to Obamacare ever since the Affordable Care Act passed in 2010, but have yet to produce anything resembling an actual health plan.
Yet most of the news media, and most pundits, still worship at the church of “balance.” They are committed to portraying the two big parties as equally reasonable. This creates a powerful demand for serious, honest Republicans who can be held up as proof that the party does too include reasonable people making useful proposals. As Slate’s William Saletan, who enthusiastically touted Mr. Ryan but eventually became disillusioned, wrote: “I was looking for Mr. Right — a fact-based, sensible fiscal conservative.”
And Paul Ryan played and in many ways still plays that role, but only on TV, not in real life. The truth is that his budget proposals have always been a ludicrous mess of magic asterisks: assertions that trillions will be saved through spending cuts to be specified later, that trillions more will be raised by closing unnamed tax loopholes. Or as the nonpartisan Tax Policy Center put it, they’re full of “mystery meat.”
But Mr. Ryan has been very good at gaming the system, at producing glossy documents that look sophisticated if you don’t understand the issues, at creating the false impression that his plans have been vetted by budget experts. This has been enough to convince political writers who don’t know much about policy, but do know what they want to see, that he’s the real deal. (A number of reporters are deeply impressed by the fact that he uses PowerPoint.) He is to fiscal policy what Carly Fiorina was to corporate management: brilliant at self-promotion, hopeless at actually doing the job. But his act has been good enough for media work.
His position within the party, in turn, rests mainly on this outside perception. Mr. Ryan is certainly a hard-line, Ayn Rand-loving and progressive-tax-hating conservative, but no more so than many of his colleagues. If you look at what the people who see him as a savior are saying, they aren’t talking about his following within the party, which isn’t especially passionate. They’re talking, instead, about his perceived outside credibility, his status as someone who can stand up to smarty-pants liberals — someone who won’t, says MSNBC’s Joe Scarborough, be intimidated by “negative articles in The New York Times opinions page.” (Who knew we had such power?)
Which brings us back to the awkward fact that Mr. Ryan isn’t actually a pillar of fiscal rectitude, or anything like the budget expert he pretends to be. And the perception that he is these things is fragile, not likely to survive long if he were to move into the center of political rough and tumble. Indeed, his halo was visibly fraying during the few months of 2012 that he was Mitt Romney’s running mate. A few months as speaker would probably complete the process, and end up being a career-killer.
Predictions aside, however, the Ryan phenomenon tells us a lot about what’s really happening in American politics. In brief, crazies have taken over the Republican Party, but the media don’t want to recognize this reality. The combination of these two facts has created an opportunity, indeed a need, for political con men. And Mr. Ryan has risen to the challenge.
I matti e l’imbroglione, di Paul Krugman
New York Times 12 ottobre 2015
Come si farà a risolvere il caos che i folli, voglio dire il “Raggruppamento della Libertà”, hanno provocato alla Camera? Non ne ho idea. Ma nel mentre questo articolo andava in stampa, praticamente l’intero gruppo dirigente repubblicano si appellava a Paul Ryan, il Presidente della Commissione Bilancio [1], perché diventasse Speaker [2]. Come dicono tutti, è l’unico modo per uscire dai guai.
Cosa rende così particolare Paul Ryan? Fondamentalmente, la risposta è che egli è il migliore imbroglione che hanno a disposizione. Il suo successo nell’ingannare i media e in generale i cosiddetti centristi è alla base della sua levatura all’interno del partito. Sfortunatamente, almeno da questo punto di vista, sarebbe difficile sostenere gli imbrogli dallo scranno di Presidente.
Per comprendere il ruolo di Ryan nel nostro ecosistema politico-mediatico, si devono conoscere due cose. La prima, il Partito Repubblicano è un organismo ‘postpolitico’, il cui scopo non è trovare soluzioni reali a problemi reali. Il secondo, i commentatori e i media dell’informazione non hanno davvero alcuna intenzione di misurarsi con quella imbarazzante realtà.
Sul primo punto, è sufficiente guardare alle idee che vengono dai candidati presidenziali, persino da quelli sostenuti dal gruppo dirigente come Marco Rubio, colui che sarà probabilmente prescelto, data la fatale mancanza di carisma di Jeb Bush. Josh Barro del Times ha soprannominato le proposte fiscali del signor Rubio come il programma “dei cuccioli e degli arcobaleni” [3], consistente in regali migliaia di miliardi senza il minimo accenno su dove trovare i soldi – solo l’asserzione cha la crescita in qualche modo troverà una soluzione a tutto.
E non si tratta soltanto di tasse, si tratta di tutto. Ad esempio, i repubblicani avevano promesso di offrire una alternativa alla riforma sanitaria di Obama dal momento in cui fu approvata nel 2010, ma hanno ancora da produrre qualcosa che assomigli un effettivo piano sanitario.
Tuttavia la maggioranza dell’informazione, e la maggioranza dei commentatori, officiano ancora il culto dell’ “equilibrio”. Sono impegnati a dipingere i due grandi partiti come egualmente accettabili. Questo determina un potente bisogno di repubblicani seri ed onesti che possano fungere come prova che quel partito include anche persone ragionevoli che avanzano propose utili. Come ha scritto William Saletan su Slate, dopo aver promosso con entusiasmo il signor Ryan e alla fine esserne rimasto disilluso: “Ero alla ricerca del Signor Ragione – un ragionevole conservatore in materia di finanza pubblica, che si basava sui fatti”.
E Paul Ryan ha giocato e in molti modi gioca ancora quel ruolo, ma solo sulle televisioni, non nella vita reale. La verità è che le sue proposte sono sempre state una baraonda ridicola di magici rinvii [4]: affermazioni secondo le quali sarebbero stati risparmiati migliaia di miliardi attraverso tagli alla spesa che sarebbero stati precisati in seguito, e migliaia di altri miliardi che sarebbero stati raccolti attraverso il blocco di non specificate scappatoie fiscali. Oppure, come dice l’indipendente Tax Policy Center, pieni zeppi di ingredienti di ‘incerta origine’ [5].
Ma il signor Ryan è stato bravissimo nel prendersi gioco del sistema, nell’esibire documenti patinati che sembrano sofisticati se non comprendete la materia, nel creare la falsa impressione che i suoi programmi siano stati certificati da esperti di bilancio. Questo è stato sufficiente per convincere coloro che scrivono di politica ma non sanno granché delle cose reali (pur sapendo bene cosa vogliono vedere) che egli fosse un autentico affare (un certo numero di giornalisti sono profondamente impressionati dal fatto che egli usi Power Point). Lui sta ai programmi politici come Carly Fiorina [6] stava alla gestione delle società: brillanti promotori di se stessi, nei fatti del tutto incapaci nel fare il loro lavoro. Ma la sua messinscena andava abbastanza bene per il lavoro dei media.
La sua posizione all’interno del partito, a sua volta, si basa su questa percezione esterna. Il signor Ryan è certamente un conservatore tutto d’un pezzo, un appassionato di Ayn Rand che detesta il sistema fiscale progressivo, ma non più di molti dei suoi colleghi. Se osservate quello che stanno dicendo coloro che lo vedono come il salvatore, essi non si riferiscono al suo seguito all’interno del partito, che non è particolarmente entusiasta. Si riferiscono, invece, alla sua supposta credibilità all’esterno, al suo status di individuo che può reggere il confronto con i progressisti sputasentenze – qualcuno che non sarà intimidito, dice Joe Scarborough di MSNBC [7], “dagli articoli sulla pagina dei commenti del New York Times” (e chi lo sapeva che avessimo un tale potere?).
Il che mi riporta alla circostanza imbarazzante per la quale il signor Ryan è effettivamente un pilastro delle rettitudine della finanza pubblica, o qualcosa di simile all’esperto di bilancio che pretende di essere. La percezione che egli rappresenti queste cose è fragile, e non è probabile che sopravviva a lungo se egli dovesse spostarsi al centro della baruffa politica. In effetti, la sua aureola si stava visibilmente appannando nei pochi mesi del 2012, quando fu candidato alla Vicepresidenza con Mitt Romney. Pochi mesi come speaker probabilmente chiuderebbero il cerchio, e finirebbe con l’affondarsi da solo.
Tuttavia, a parte le previsioni, il fenomeno Ryan ci dice quello che sta realmente accadendo nella politica americana. In poche parole, i pazzi hanno preso possesso del Partito Repubblicano, ma i media non vogliono ammetterlo. La combinazione di questi due fatti ha creato una opportunità, in effetti un bisogno, di imbroglioni della politica. E il signor Ryan è all’altezza della sfida.
[1] Letteralmente, la Commissione “dei modi e dei mezzi” della gestione finanziaria; ovvero l’organismo che formula consigli sulla redazione del Bilancio. Si tratta di una antica denominazione, che risale all’esperienza originaria del Parlamento britannico.
[2] É noto che grosso modo lo Speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha funzioni assimilabili a quelle di Presidente dell’Assemblea della Camera e del Senato italiani. Ma una prima differenza è già in questo: che non si usa il termine “speaker” per indicare, oltre al presidente della Camera dei Rappresentanti, anche colui che presiede Senato americano, perché il quel caso il ruolo viene ricoperto dal Vice Presidente degli Stati Uniti (ovvero, attualmente, dal vice di Obama, Joe Biden). Non so dire se il termine “speaker” sia del tutto inappropriato per designare il presidente del Senato; di sicuro non è utilizzato normalmente, proprio perché le due cariche (di Presidente del Senato e di Vice Presidente del Governo) renderebbero quella denominazione singolare.
Altri aspetti rilevanti di differenza sono relativi alle funzioni dello Speaker. Lo Speaker (che proviene dal partito di maggioranza) presiede le sedute (anche se spesso delega questa funzione ad altri rappresentanti), assegna le proposte di legge alle varie commissioni, nomina i membri di alcune commissioni, e ha una notevole influenza sull’orientamento del gruppo parlamentare del suo partito e sui lavori dell’assemblea. In sostanza ha un potere più sostanziale nella organizzazione dei lavori e nella determinazioni degli assetti e, soprattutto, il suo essere espressione di un Partito – del partito di maggioranza alla Camera – non è un aspetto irrilevante, che scompare nelle sue funzioni “super partes”. É al tempo stesso garante della assemblea ed esponente della maggioranza della assemblea, che non è necessariamente quella del Presidente degli Stati Uniti. Quindi è un carica di garanzia, ma al tempo stesso è uno degli elementi del complicato bilanciamento dei poteri tra il potere esecutivo del Governo e quello legislativo delle assemblee, tipico della Costituzione americana; nonché, più in generale, del bilanciamento dei poteri tra maggioranza e minoranza.
[3] L’espressione “i cuccioli e gli arcobaleni” viene da un articolo di Josh Barro sul New York Times del 15 marzo 2015. In quell’articolo, Barro descriveva in tal modo le proposte di sgravi fiscali di Marco Rubio (e del Senatore Mike Lee), in quanto orientate a grandi sgravi fiscali sia sulle classi medie che sui redditi più alti. Gli sgravi fiscali sui ceti medi avrebbero facilitato il “regalare un cucciolo ai figli” (non sembrerebbe un regalo particolarmente costoso, ma ho l’impressione che si tratti di un modo di dire antico; nell’America dei secoli passati “regalare un poney”, stava per “concedersi un lusso”). Gli sgravi sui ricchi avrebbero, invece, consentito ai più ricchi di trovare la più sostanziosa ‘pentola d’oro’ delle novelle, dove finisce l’arcobaleno.
[4] Nel testo si usa l’espressione “asterischi” perché tali rinvii erano rappresentati, nei documenti di Ryan, da note a piè di pagina, che mai chiarivano quello che era annunciato nel testo.
[5] Letteralmente “carne misteriosa”, è una espressione che si riferisce alla varie forme di mescolanza (salcicce varie, nuggets, hot dogs etc.) di carni tritate e trattate di varia provenienza animale.
[6] Altra candidata repubblicana di questi giorni, ex manager con un curriculum assai meno brillante di quanto pretenderebbe.
[7] MSNBC è un canale televisivo via cavo statunitense, che trasmette notizie 24 ore su 24 ed è disponibile sia negli Stati Uniti, sia nel Canada.
By mm
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