OCT. 2, 2015
So Donald Trump has unveiled his tax plan. It would, it turns out, lavish huge cuts on the wealthy while blowing up the deficit.
This is in contrast to Jeb Bush’s plan, which would lavish huge cuts on the wealthy while blowing up the deficit, and Marco Rubio’s plan, which would lavish huge cuts on the wealthy while blowing up the deficit.
For what it’s worth, it looks as if Trump’s plan would make an even bigger hole in the budget than Jeb’s. Jeb justifies his plan by claiming that it would double America’s rate of growth; The Donald, ahem, trumps this by claiming that he would triple the rate of growth. But really, why sweat the details? It’s all voodoo. The interesting question is why every Republican candidate feels compelled to go down this path.
You might think that there was a defensible economic case for the obsession with cutting taxes on the rich. That is, you might think that if you’d spent the past 20 years in a cave (or a conservative think tank). Otherwise, you’d be aware that tax-cut enthusiasts have a remarkable track record: They’ve been wrong about everything, year after year.
Some readers may remember the forecasts of economic doom back in 1993, when Bill Clinton raised the top tax rate. What happened instead was a sustained boom, surpassing the Reagan years by every measure.
Undaunted, the same people predicted great things as a result of George W. Bush’s tax cuts. What happened instead was a sluggish recovery followed by a catastrophic economic crash.
Most recently, the usual suspects once again predicted doom in 2013, when taxes on the 1 percent rose sharply due to the expiration of some of the Bush tax cuts and new taxes that help pay for health reform. What happened instead was job growth at rates not seen since the 1990s.
Then there’s the recent state-level evidence. Kansas slashed taxes, in what its right-wing governor described as a “real live experiment” in economic policy; the state’s growth has lagged ever since. California moved in the opposite direction, raising taxes; it has recently led the nation in job growth.
True, you can find self-proclaimed economic experts claiming to find overall evidence that low tax rates spur economic growth, but such experts invariably turn out to be on the payroll of right-wing pressure groups (and have an interesting habit of getting their numbers wrong). Independent studies of the correlation between tax rates and economic growth, for example by the Congressional Research Service, consistently find no relationship at all. There is no serious economic case for the tax-cut obsession.
Still, tax cuts are politically popular, right? Actually, no, at least when it comes to tax cuts for the wealthy. According to Gallup, only 13 percent of Americans believe that upper-income individuals pay too much in taxes, while 61 percent believe that they pay too little. Even among self-identified Republicans, those who say that the rich should pay more outnumber those who say they should pay less by two to one.
So every Republican who would be president is committed to a policy that is both demonstrably bad economics and deeply unpopular. What’s going on?
Well, consider the trajectory of Marco Rubio, who may at this point be the most likely Republican nominee. Last year he supported a tax-cut plan devised by Senator Mike Lee that purported to be aimed at the poor and the middle class. In reality, its benefits were strongly tilted toward high incomes — but it still drew harsh criticism from the right for giving too much to ordinary families while not cutting taxes on top incomes enough.
So Mr. Rubio came back with a plan that eliminated taxes on dividends, capital gains, and inherited wealth, providing a huge windfall to the very wealthy. And suddenly he was gaining a lot of buzz among Republican donors. The new plan would add trillions to the deficit, which conservatives claim to care about, but never mind.
In other words, it’s straightforward and quite stark: Republicans support big tax cuts for the wealthy because that’s what wealthy donors want. No doubt most of those donors have managed to convince themselves that what’s good for them is good for America. But at root it’s about rich people supporting politicians who will make them richer. Everything else is just rationalization.
Of course, once the Republicans settle on a nominee, an army of hired guns will be mobilized to obscure this stark truth. We’ll see claims that it’s really a middle-class tax cut, that it will too do great things for economic growth, and look over there — emails! And given the conventions of he-said-she-said journalism, this campaign of obfuscation may work.
But never forget that what it’s really about is top-down class warfare. That may sound simplistic, but it’s the way the world works.
Il voodoo non muore mai, di Paul Krugman
New York Times 2 ottobre 2015
Dunque Donald Trump ha reso noto il suo programma sul fisco. Si scopre che esso consiste nell’elargire grandi sgravi fiscali ai ricchi, gonfiando il deficit.
Questo è in contrasto con il programma di Jeb Bush, che consiste nell’elargire grandi sgravi fiscali ai ricchi gonfiando il deficit, e con il programma di Marco Rubio, che consiste nell’elargire grandi sgravi fiscali ai ricchi gonfiando il deficit.
Per quello che vale, sembra che il programma di Trump provocherebbe un buco persino più grande nel bilancio, rispetto a quello di Jeb. Jeb giustifica il suo piano sostenendo che esso raddoppierebbe il tasso di crescita dell’America; Donald lo surclassa, sostenendo che il suo triplicherebbe il tasso di crescita. Ma, in realtà, perché faticare sui dettagli? É tutta economia voodoo. La domanda interessante è perché tutti i candidati repubblicani si sentano legati mani e piedi nell’imboccare questa strada rovinosa.
Potreste ritenere che ci sia stato in passato un argomento economico difendibile, in questa ossessione del tagliare le tasse ai ricchi. Ovvero, potreste pensarlo se aveste passato i venti anni trascorsi in una grotta (o in un gruppo di ricerca della destra). Altrimenti, dovreste essere consapevoli che gli entusiasti del tagli fiscali hanno confezionato un complesso di prestazioni considerevoli: anno dopo anno, sono stati smentiti praticamente su tutto.
Alcuni lettori forse ricordano le previsioni di sciagure economiche nel passato 1993, quando Bill Clinton alzò le aliquote fiscali per i più ricchi. Quello che accadde fu invece un prolungato boom, che da ogni punto di vista sorpassò gli anni di Reagan.
Imperterriti, gli stessi individui prevedevano grandi cose in conseguenza degli sgravi fiscali di George W. Bush. Quello che invece accadde fu una fiacca ripresa seguita da un crollo economico catastrofico.
Più di recente, i soliti noti nel 2013 hanno nuovamente previsto sventure, quando le tasse sull’1 per cento dei più ricchi sono cresciute a seguito dell’esaurirsi di alcuni sgravi fiscali di Bush e delle nuove tasse che hanno contribuito a pagare la riforma sanitaria. Quello che invece è accaduto è stata una crescita di posti di lavoro a ritmi che non si vedevano dagli anni ’90.
Poi ci sono le prove recenti al livello degli Stati. Il Kansas ha abbattuto le tasse, in quello che il Governatore della destra ha descritto come un “esperimento dal vivo” di politica economica; la crescita dello Stato ha ristagnato come mai prima d’ora. La California si è mossa nella direzione opposta, elevando le tasse; di recente essa si è portata nelle prime posizioni nazionali quanto a crescita dei posti di lavoro.
É vero, si possono trovare sedicenti esperti economici che sostengono con certezza di trovare prove che le basse tasse spronano la crescita dell’economia, ma si scopre che tali esperti sono invariabilmente sui libri paga dei gruppi propagandistici della destra (ed hanno l’interessante consuetudine di intendere i loro dati in modo sbagliato). Studi indipendenti sulla correlazione tra le aliquote fiscali e la crescita economica, ad esempio a cura del Servizio di Ricerche del Congresso, stabilmente non individuano correlazione alcuna. Non esiste nessun argomento economico serio per l’ossessione degli sgravi fiscali.
Eppure, gli sgravi fiscali sono popolari, non è così? Per la verità non è così, almeno quando ci si rivolge agli sgravi fiscali per i ricchi. Secondo il sondaggio Gallup, soltanto il 13 per cento degli americani credono che gli individui con i redditi più alti paghino troppe tasse, mentre il 61 per cento ritiene che ne paghino troppo poche. Persino tra coloro che si dichiarano repubblicani, coloro che affermano che i ricchi dovrebbero pagare di più sono più numerosi di coloro che dicono che dovrebbero pagarne di meno, in un rapporto di due ad uno.
Così, tutti i repubblicani che aspirano alla Presidenza sono impegnati in una politica che è dimostrabilmente negativa dal punto di vista economico e profondamente impopolare. Cosa sta succedendo?
Ebbene, si consideri la traiettoria di Marco Rubio, che a questo punto è quello che ha maggiori possibilità di nomina alle primarie repubblicane. L’anno scorso egli sosteneva un programma di tagli fiscali ideato dal Senatore Mike Lee, che pretendeva di essere rivolto ai poveri ed alla classe media. In realtà, il suo programma si è fortemente inclinato a favore dei redditi alti – eppure provoca ancora aspre critiche da parte della destra perché favorirebbe troppo le famiglie ordinarie, mentre non taglierebbe abbastanza le tasse sui redditi più elevati.
Cosicché il signor Rubio è tornato ad un programma che elimina le tasse sui dividendi, sui profitti da capitale e sulle ricchezze ereditate, una vera manna per i più ricchi. E all’improvviso egli sta provocando grande scalpore tra i benefattori della campagna elettorale repubblicana. Il nuovo programma aumenterebbe il deficit per migliaia di miliardi, della qualcosa i conservatori affermano di preoccuparsi, ma non importa.
In altre parole, è inequivocabile e abbastanza desolante: i repubblicani sostengono grandi sgravi fiscali sui ricchi perché è quello che i ricchi contribuenti elettorali vogliono. Non c’è alcun dubbio che la maggioranza di questi donatori abbiano cercato di convincersi che quello che è buono per loro è buona anche per l’America. Ma alla radice c’è il fatto che la gente ricca sostiene gli uomini politici che la renderanno più ricca. Tutto il resto sono solo giustificazioni.
Naturalmente, una volta che i repubblicani avranno deciso per un nominato, si mobiliterà un esercito di mercenari per oscurare questa nuda verità. Sentiremo pretese secondo le quali in realtà si tratta di sgravi sulle classi medie, che essi avranno un grande effetto sulla crescita dell’economia, e immaginatevi quanti messaggi di posta elettronica! Per non dire che, date le convenzioni del giornalismo sedicente indipendente [1], questa campagna di offuscamento potrà avere i suoi effetti.
Ma non dimenticate mai la posta in gioco nello scontro di classe tra gli opposti interessi. Può sembrare semplicistico, ma è il modo in cui vanno le cose nel mondo.
[1] Letteralmente: “il giornalismo lui-ha-detto-lei-ha-detto”, ovvero il giornalismo che con l’alibi della indipendenza riporta le dichiarazioni delle parti in causa, senza alcuno sforzo di analisi dei dati di fatto.
By mm
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