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Disperazione, modello americano. Di Paul Krugman (New York Times 9 novembre 2015)

 

Despair, American Style

NOV. 9, 2015

Paul Krugman

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A couple of weeks ago President Obama mocked Republicans who are “down on America,” and reinforced his message by doing a pretty good Grumpy Cat impression. He had a point: With job growth at rates not seen since the 1990s, with the percentage of Americans covered by health insurance hitting record highs, the doom-and-gloom predictions of his political enemies look ever more at odds with reality.

Yet there is a darkness spreading over part of our society. And we don’t really understand why.

There has been a lot of comment, and rightly so, over a new paper by the economists Angus Deaton (who just won a Nobel) and Anne Case, showing that mortality among middle-aged white Americans has been rising since 1999. This deterioration took place while death rates were falling steadily both in other countries and among other groups in our own nation.

Even more striking are the proximate causes of rising mortality. Basically, white Americans are, in increasing numbers, killing themselves, directly or indirectly. Suicide is way up, and so are deaths from drug poisoning and the chronic liver disease that excessive drinking can cause. We’ve seen this kind of thing in other times and places – for example, in the plunging life expectancy that afflicted Russia after the fall of Communism. But it’s a shock to see it, even in an attenuated form, in America.Yet the Deaton-Case findings fit into a well-established pattern. There have been a number of studies showing that life expectancy for less-educated whites is falling across much of the nation. Rising suicides and overuse of opioids are known problems. And while popular culture may focus more on meth than on prescription painkillers or good old alcohol, it’s not really news that there’s a drug problem in the heartland.

But what’s causing this epidemic of self-destructive behavior?

If you believe the usual suspects on the right, it’s all the fault of liberals. Generous social programs, they insist, have created a culture of dependency and despair, while secular humanists have undermined traditional values. But (surprise!) this view is very much at odds with the evidence.

For one thing, rising mortality is a uniquely American phenomenon – yet America has both a much weaker welfare state and a much stronger role for traditional religion and values than any other advanced country. Sweden gives its poor far more aid than we do, and a majority of Swedish children are now born out of wedlock, yet Sweden’s middle-aged mortality rate is only half of white America’s.

You see a somewhat similar pattern across regions within the United States. Life expectancy is high and rising in the Northeast and California, where social benefits are highest and traditional values weakest. Meanwhile, low and stagnant or declining life expectancy is concentrated in the Bible Belt.

What about a materialist explanation? Is rising mortality a consequence of rising inequality and the hollowing out of the middle class?

Well, it’s not that simple. We are, after all, talking about the consequences of behavior, and culture clearly matters a great deal. Most notably, Hispanic Americans are considerably poorer than whites, but have much lower mortality. It’s probably worth noting, in this context, that international comparisons consistently find that Latin Americans have higher subjective well-being than you would expect, given their incomes.

So what is going on? In a recent interview Mr. Deaton suggested that middle-aged whites have “lost the narrative of their lives.” That is, their economic setbacks have hit hard because they expected better. Or to put it a bit differently, we’re looking at people who were raised to believe in the American Dream, and are coping badly with its failure to come true.

That sounds like a plausible hypothesis to me, but the truth is that we don’t really know why despair appears to be spreading across Middle America. But it clearly is, with troubling consequences for our society as a whole.

In particular, I know I’m not the only observer who sees a link between the despair reflected in those mortality numbers and the volatility of right-wing politics. Some people who feel left behind by the American story turn self-destructive; others turn on the elites they feel have betrayed them. No, deporting immigrants and wearing baseball caps bearing slogans won’t solve their problems, but neither will cutting taxes on capital gains. So you can understand why some voters have rallied around politicians who at least seem to feel their pain.

At this point you probably expect me to offer a solution. But while universal health care, higher minimum wages, aid to education, and so on would do a lot to help Americans in trouble, I’m not sure whether they’re enough to cure existential despair.

 

 

 

Disperazione, modello americano. Di Paul Krugman

New York Times 9 novembre 2015

Un paio di settimane fa il Presidente Obama ironizzò sui repubblicani che “ce l’hanno con l’America” e rafforzò il suo messaggio facendo una discreta imitazione del “Gatto Scontroso” [1]. Egli aveva un argomento: con la crescita dei posti di lavoro a ritmi che non si erano visti dagli anni ’90, con la percentuale di americani coperta dalla assicurazione sanitaria che ha raggiunto i livelli più alti, il veder tutto nero dei suoi avversari politici sembra più che mai agli antipodi della realtà.

Tuttavia c’è un male che si diffonde su una parte della nostra società. E in realtà noi non ne comprendiamo la ragione.

Ci sono stati molti commenti, e meritatamente, su un nuovo studio da parte degli economisti Angus Deaton (che ha appena ottenuto il Nobel) e Anne Case, che dimostra che la mortalità tra i bianchi americani di media età è cresciuta, a partire dagli anni ’90 [2]. Questo peggioramento è avvenuto mentre i tassi della mortalità venivano costantemente diminuendo sia negli altri paesi che tra altri gruppi nella nostra nazione stessa.

Anche più impressionanti sono le cause più ravvicinate di questa crescente mortalità. Fondamentalmente, gli americani bianchi stanno, in numero crescente, ammazzando se stessi, direttamente o indirettamente. I suicidi sono in crescita, così come lo sono gli avvelenamenti da farmaci e le malattie croniche al fegato che il bere eccessivo può provocare. In altri tempi e luoghi abbiamo visto cose di questo genere – ad esempio, il crollo delle aspettative di vita che hanno interessato la Russia dopo la caduta del comunismo. Ma fa impressione constatarlo, sebbene in forma attenuata, in America.

Tuttavia, le scoperte di Deaton-Case si inquadrano in uno schema ben definito. Ci sono stati un certo numero di studi che hanno mostrato che le aspettative di vita dei bianchi con minore istruzione stanno diminuendo in gran parte della nazione. I suicidi in aumento e l’abuso degli oppioidi sono problemi noti. E se la cultura popolare si concentra maggiormente sulle metamfetamine piuttosto che sulla prescrizione degli antidolorifici o sul più tradizionale alcool, non è certo una novità che nel paese un problema di droga sia centrale.

Ma cosa sta provocando questa epidemia di comportamenti auto distruttivi?

Se credete ai soliti noti della destra, la responsabilità sarebbe tutta dei progressisti. Programmi sociali generosi, affermano di continuo, hanno creato una cultura della dipendenza e della disperazione, mentre l’irreligiosità ha minato i valori tradizionali. Ma (sorpresa!) questa opinione è in totale contrasto con le prove.

Da un parte, la mortalità crescente è unicamente un fenomeno americano – tuttavia l’America ha sia uno stato assistenziale più debole, sia un ruolo, della religione tradizionale e dei valori, molto più forte che in ogni altro paese avanzato. Gli svedesi offrono ai loro poveri molti più aiuti di quello che facciamo noi e ad oggi una maggioranza di bambini svedesi nascono fuori dal matrimonio, ciononostante il tasso di mortalità nella media età della Svezia è solo la metà di quello dei bianchi americani.

Uno schema in qualche modo simile si osserva nelle regioni degli Stati Uniti. Le aspettative di vita sono elevate e in crescita nel Nord Est e in California, dove i sussidi sociali sono più alti ed i valori tradizionali più deboli. Nel frattempo, una aspettativa di vita bassa e stagnante, o declinante, è concentrata la cosiddetta “cintura della Bibbia” [3].

Cosa dire della spiegazione materialistica? La crescente mortalità è una conseguenza della crescente ineguaglianza e dello svuotamento della classe media?

Ebbene, non è così semplice. Dopo tutto, stiamo parlando di conseguenze del comportamento, e la cultura chiaramente gioca un ruolo importante. Più in particolare, gli ispano-americani sono considerevolmente più poveri dei bianchi, ma hanno una mortalità molto più bassa. In questo contesto, probabilmente è degno di nota che i confronti internazionali mettano stabilmente in evidenza che i latino-americani hanno un benessere soggettivo più elevato di quello che ci si aspetterebbe, dati i loro redditi.

Cosa sta succedendo, dunque? In una recente intervista, Deaton ha suggerito che i bianchi di media età abbiano “perso il racconto delle loro vite”. Cioè, le loro battute d’arresto economiche hanno colpito duramente perché essi si aspettavano di meglio. O per dirla una po’ diversamente, siamo in presenza di persone che erano state allevate a credere nel sogno americano, e stanno facendo i conti dolorosamente con il fatto che esso non si avvera.

Questa mi pare una ipotesi plausibile, ma la verità è che non sappiamo perché la disperazione sembra diffondersi nel centro dell’America. Eppure è chiaramente così, con conseguenze preoccupanti per la nostra società nel suo complesso.

In particolare, so di non essere il solo a notare che c’è una connessione tra la disperazione che si riflette in quei dati della mortalità e la esiguità delle politiche della destra. Alcune persone che si sentono dimenticate dalla storia americana diventano auto distruttive; altre si rivoltano contro le classi dirigenti dalle quali si sentono tradite. No, deportare gli immigrati e mettersi indosso berretti da baseball che mostrano slogan non risolverà i loro problemi, e neanche tagliare le tasse sui profitti da capitale. Dunque, potete comprendere perché alcuni elettori si sono raccolti attorno a politici che almeno sembrano condividere la loro sofferenza.

A questo punto, forse vi aspettate che io offra una soluzione. Ma se una assistenza sanitaria universalistica, minimi salariali più elevati, aiuti all’istruzione ed altre cose del genere sarebbero un grande aiuto per gli americani in difficoltà, non sono sicuro che tutto ciò sia abbastanza per curare la loro disperazione esistenziale.

 

 

[1] Tardar Sauce, conosciuta su Internet con il soprannome Grumpy Cat (letteralmente, Gatto imbronciato. Il 10 dicembre 2014 la pagina “The Official Grumpy Cat” su Facebook aveva raggiunto più di 10 milioni di like. (Wikipedia)

[2] In un post preparatorio di questo articolo (dal titolo “Cuore di tenebra”, del 6 novembre, qua tradotto), Krugman presenta una tabella dallo studio di Deaton e Case:

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Alla tabella avevo aggiunto questa nota esplicativa: “Il diagramma mostra l’evoluzione dei tassi di mortalità nella popolazione tra i 45 ed i 54 anni. La linea rossa riguarda gli statunitensi bianchi non-ispanici (USW). La linea blu (USH) riguarda invece gli statunitensi bianchi ispanici, che, diversamente da quanto si potrebbe supporre, hanno un andamento molto meno negativo. Come si può notare dalle altre linee, anche le differenze tra altre nazioni sono significative: si va dalle circa 200 morti per 100.000 abitanti della Svezia, ai 320/330 della Francia. É rilevante che mentre in tutti gli altri casi la mortalità in quelle fasce di età sono in evidente diminuzione, nel caso dei bianchi statunitensi il fenomeno è opposto. Si consideri che, se non sbaglio i conti, quei tassi comportano, in cifre globali assolute e in riferimento alla popolazione degli Stati Uniti (318 milioni circa), un numero totale di decessi che è attorno a 1 milione e 400 mila persone/anno, contro i circa 650 mila che si avrebbero con indici svedesi!”

 

[3] Secondo la definizione che venne per primo utilizzata dal giornalista H. L. Mencken, l’area del sud-est degli Stati Uniti dove il protestantesimo evangelico è la cultura dominante. Grosso modo essa è rappresentata in questa cartina:

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