By Lawrence H. SummersNovember 2
On his blog, Paul Krugman suggests that I have had some kind of change of heart on secular stagnation and converged towards his point of view, citing the publication of the transcript of a 2011 debate which we both participated in. I certainly appreciate the gravity of the secular stagnation issue more than I did a few years ago, given the continuing decline in global real interest rates. But I think Paul exaggerates the change in my views considerably.
The topic of the debate was: “North America faces a Japan-style era of high unemployment and low growth.” Paul argued in favor. I opposed the motion — not on the grounds that the U.S. economy was in good shape, but on the grounds that our demand deficiency problems should be easier to solve than Japan’s.
Quoting from my response to Paul’s arguments at the debate:
You’re right the United States has a serious demand deficiency. You’re right that not enough is being done to contain that demand deficiency. You’re right that we will suffer needless unemployment and stagnation until more is done to address that demand deficiency…
My thesis is that as serious as that problem is, it is dimensionally much less than the problems that Japan faced in four respects. Japan’s problems were different in magnitude, different in the depth of their structural roots, different in the relative perspective they had — relative to the rest of the world — and different in the degree of resilience their system had for adapting to them…
It will take time. There are steps that need to be taken but we are a society that works. We are a society whose principal problems — we all up here agree — can be addressed by a change in the printing of money and the creation of infrastructure.
Paul responded in part by saying:
The question is, are we going to be stuck in a state of depressed demand of the kind that Larry has talked about. Larry and I agree that that is what has been happening… I think Larry and I agree almost entirely on the economics, on what needs to be done”.
(Full transcript available here).
So, I think we have both been focused on demand and the liquidity trap for a long time.
But there are two areas where I have had somewhat different views from Paul. First, I believe that structural issues are often important for demand and growth. I have often asserted that “business confidence is the cheapest form of stimulus,” and once quoted to President Obama the famous 1938 letter by Keynes to Roosevelt:
Businessmen … are … at the same time allured and terrified by the glare of publicity, easily persuaded to be ‘patriots’, perplexed, bemused, indeed terrified, yet only too anxious to take a cheerful view, vain perhaps but very unsure of themselves, pathetically responsive to a kind word. You could do anything you liked with them, if you would treat them (even the big ones), not as wolves or tigers, but as domestic animals by nature, even though they have been badly brought up and not trained as you would wish… If you work them into the surly, obstinate, terrified mood, of which domestic animals, wrongly handled, are so capable, the nation’s burdens will not get carried to market; and in the end public opinion will veer their way.”
Second, I have never related well to Paul’s celebrated liquidity trap analysis. It has always seemed to me be a classic example of economists’ tendency to “assume a can opener.” Paul studies an economy in liquidity trap that will, by deus ex machina, be lifted out at some point in the future. He makes the point that if you assume sufficiently inflationary policy after this point, you can drive ex ante real rates down enough to stimulate the economy even before the deus ex machina moment.
This is true and an important insight. But it seems to elide the main issue. Where is the deus ex machina? Where is the can opener? The essence of the secular stagnation and hysteresis ideas that I have been pushing is that there is no assurance that capitalist economies, when plunged into downturn, will, over any interval, revert to what had been normal. Understanding this phenomenon and responding to it seems the central challenge for macroeconomics in this era.
Any analysis that assumes restoration of previous equilibrium is, from this perspective, missing the main issue. I was glad to see Paul recognize this point recently. I suspect it will lead to more emphasis on fiscal rather than monetary actions in depressed economies.
Dove Paul Krugman ed io abbiamo posizioni differenti sulla stagnazione secolare
di Larry Summers
Sul suo blog, Paul Krugman suggerisce che io avrei in qualche modo modificato la mia opinione sulla stagnazione secolare ed avrei sposato il suo punto di vista, citando la trascrizione di un dibattito del 2011 al quale partecipammo entrambi. Di certo io ho stimo maggiormente la gravità del tema della stagnazione secolare di quanto non facessi pochi anni orsono, dato il perdurante declino dei tassi di interesse reali globali. Ma io penso che Paul esageri notevolmente il cambiamento dei miei punti di vista.
Il tema del dibattito era: “L’America del Nord si misura con un’epoca di alta disoccupazione e di bassa crescita, sul genere di quella del Giappone”. Paul argomentava a favore. Io espressi il parere contrario – non sulla base del fatto che l’economia statunitense fosse in buone condizioni, ma sulla base del fatto che i problemi della nostra deficienza di domanda dovrebbero essere più facili da risolvere che quelli del Giappone.
Citando dalla mia risposta agli argomenti di Paul nel dibattito:
“Hai ragione a sostenere che gli Stati Uniti hanno una seria deficienza di domanda. Hai ragione a sostenere che non è stato fatto abbastanza per contenere quella deficienza di domanda. Hai ragione a dire che soffriremo senza alcun bisogno la disoccupazione e la stagnazione finché non si farà di più per quella deficienza di domanda …
La mia tesi è che per quanto il problema sia serio, esso, da quattro punti di vista, ha dimensioni molto inferiori a quelle che ha affrontato il Giappone. I problemi del Giappone erano diversi nella ampiezza, differenti nelle profondità delle loro radici strutturali, differenti nelle prospettive relative che avevano – relative rispetto al resto del mondo – e differenti nel grado di elasticità che il sistema aveva nell’adattarsi ad essi …
Ci vorrà tempo. Ci sono passi che devono essere fatti, ma noi siamo una società che opera. Noi siamo una società i cui principali problemi – su questo concordiamo tutti – possono essere risolti con un cambiamento nello stampare moneta e nel creare infrastrutture”.
Paul rispose in parte dicendo:
“La questione è, noi siamo destinati a restare bloccati in una condizione di domanda depressa del genere di quella di cui ha parlato Larry. Larry ed io concordiamo che è questo che sta avvenendo …. Io penso che Larry ed io concordiamo quasi interamente sugli aspetti economici, su quello che deve essere fatto”.
(la trascrizione completa è disponibile in questa connessione).
Dunque, io penso che ci siamo venuti concentrando da molto tempo sulla domanda e sulla trappola di liquidità.
Ma ci sono due aree nelle quali io ho avuto diversi punti di vista rispetto a Paul. La prima, io penso che spesso i temi strutturali siano importanti per la domanda e per la crescita. Ho spesso asserito che “la fiducia delle imprese è la più economica forma di sostegno all’economia”, e in una occasione citai al Presidente Obama la famosa lettera scritta nel 1938 da Keynes a Roosevelt:
“Gli impresari … sono …. nello stesso tempo attratti e terrorizzati dalla risonanza della pubblicità, facilmente persuasi ad essere “patriottici”, ma perplessi, sconcertati, davvero terrorizzati, anche soltanto troppo ansiosi a prendere un punto di vista appassionato, forse vanitosi ma molto insicuri di se stessi, pateticamente reattivi ad una parola cortese. Nei loro confronti, fareste qualcosa che vi converrebbe, se li trattaste (anche quelli grandi) non come lupi o tigri, ma come animali per loro natura domestici, anche se si sono espressi negativamente e in modo non così ammaestrato come avreste voluto … Se li fate operare nel modo scorbutico, ostinato, spaventato nel quale gli animali domestici, trattati malamente, sono così esperti, i pesi della nazione non verranno spostati sul mercato; e alla fine l’opinione pubblica li farà cambiar rotta [1]”.
Il secondo aspetto: io non mi sono mai bene immedesimato nella celebrata analisi della trappola di liquidità di Paul. Mi è sempre sembrata un classico esempio della tendenza degli economisti a immaginarsi come “apriscatole”. Paul studia una economia in una trappola di liquidità che, per effetto di un deus ex machina, sarà sollevata da quella situazione in qualche momento nel futuro. Egli avanza l’argomento secondo il quale se si assume una politica sufficientemente inflazionistica dopo quel momento, si potranno far scendere i tassi reali ex ante sino al punto di stimolare l’economia anche prima del momento del deus ex machina.
Questo è vero ed è una intuizione importante. Ma essa sembra eludere la questione principale. Dov’è il deus ex machina? Dov’è l’apriscatole? La sostanza delle idee sulla stagnazione secolare e sull’isteresi che io sto proponendo è che non c’è alcuna sicurezza che le economie capitalistiche, una volta che sono precipitate nel declino, dopo un certo intervallo, ritorneranno a quella che era stata la normalità. Comprendere questo fenomeno e dare ad esso una risposta sembra la sfida cruciale per la macroeconomia in quest’epoca.
Ad ogni analisi che presuppone il recupero dell’equilibrio precedente sfugge, da questa prospettiva, il tema principale. Sono stato contento di constatare che Paul di recente ha riconosciuto questo aspetto [2]. Ho l’impressione che esso porterà ad una maggiore enfasi sulle azioni dal lato dalla finanza pubblica anziché su quelle dal lato monetario, nelle economie depresse.
[1] Metto le mani avanti: come forse è noto, e si vede, Keynes scrive in modo superbo. E, per me, non sempre facile da tradurre. In particolare, spero di aver interpretato l’ultima frase correttamente.
[2] Summers si riferisce al post di Krugman del 20 ottobre scorso, dal titolo “Ripensare il Giappone”, qua tradotto.
By mm
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