Oct 30 7:58 am
David Brooks writes a pro-Marco-Rubio column, and in passing says this:
At this stage it’s probably not sensible to get too worked up about the details of any candidate’s plans. They are all wildly unaffordable. What matters is how a candidate signals priorities.
It won’t surprise you to learn that I disagree deeply. My experience is that the best way to figure out a candidate’s true priorities — and his or her character — is to look hard at policy proposals.
My view here is strongly influenced by the story of George W. Bush. Younger readers may not know or remember how it was back in 2000, but back then the universal view of the commentariat was that W was a moderate, amiable, bluff and honest guy. I was pretty much alone taking his economic proposals — on taxes and Social Security — seriously. And what I saw was a level of dishonesty and irresponsibility, plus radicalism, that was unprecedented in a major-party presidential candidate. So I was out there warning that Bush was a bad, dangerous guy no matter how amiable he seemed.
How did that work out?
So now we have candidates proposing “wildly unaffordable” tax cuts. Can we start by noting that this isn’t a bipartisan phenomenon, that it’s not true that everyone does it? Hillary Clinton isn’t proposing wildly unaffordable stuff; Bernie Sanders hasn’t offered details about how he’d pay for single-payer, but you can be sure that he would propose something. And proposing wildly unaffordable stuff is itself a declaration of priorities: Rubio is saying that keeping the Hair Club for Growth happy is more important to him than even a pretense of fiscal responsibility. Or if you like, what we’ve seen is a willingness to pander without constraint or embarrassment.
Also, his insistence that the magic of supply-side economics would somehow pay for the cuts is a further demonstration of priorities: allegiance to voodoo trumps all.
At a more general level, I’d argue that it’s a really bad mistake to wave away policy silliness with a boys-will-be-boys attitude. Policy proposals tell us a lot about character — and the history of the past 15 years says that journalists who imagine that they can judge character from the way people come across on TV or in personal interviews are kidding themselves, and misleading everyone else.
Politica e carattere
David Brooks scrive un articolo a favore di Marco Rubio e, di passaggio, scrive questo:
“In questa fase è probabilmente irragionevole agitarsi troppo per i dettagli dei programmi di ciascun candidato. Sono tutti estremamente inaffidabili. Quello che conta è come un candidato segnala le priorità”.
Non sarete sorpresi di apprendere che non sono per nulla d’accordo. La mia esperienza è che il modo migliore per comprendere le vere priorità di un candidato – ed il carattere di lui o di lei – è guardare con impegno alle proposte politiche.
In questo caso il mio punto di vista è fortemente influenzato dalla storia di George W. Bush. I lettori più giovani possono non sapere o non ricordare come stavano le cose nel 2000, ma in quel momento l’opinione universale dei commentatori era che W era una modesta, affabile finzione, nonché un individuo onesto. Rimasi quasi solo nel prendere sul serio le sue proposte economiche – sulle tasse e sulla Previdenza Sociale. E quello che constatai fu un livello di disonestà e di irresponsabilità, in aggiunta al radicalismo, che era senza precedenti in un candidato alla Presidenza di un partito principale. Dunque, in quel caso fui fuori dal coro nel mettere in guardia che Bush era un personaggio negativo e pericoloso, a prescindere da quanto apparisse affabile.
Come andò a finire?
Dunque, adesso abbiamo candidati che propongono sgravi fiscali “estremamente inaffidabili”. Possiamo cominciare coll’osservare che non si tratta di un fenomeno bipartisan, che non è vero che lo fanno tutti? Hillary Clinton non sta proponendo cose estremamente inaffidabili, Bernie Sanders non ha offerto dettagli su come coprirebbe la spesa per un sistema (sanitario) con un unico centro di spesa, ma si può star certi che avrebbe qualcosa da proporre. E proporre cose estremamene inaffidabili è di per sé una dichiarazione di priorità: Rubio sta dicendo che tenersi contenti i “Club (dei capelli) per la crescita” [1] è per lui più importante persino di una finta responsabilità in materia di finanza pubblica. Oppure, se preferite, ciò a cui ci troviamo di fronte è una disponibilità a servire gli interessi di qualcuno senza limiti o senza imbarazzo.
Inoltre, la sua insistenza che l’economia magica dal lato dell’offerta in qualche modo ripagherebbe gli sgravi è una ulteriore dimostrazione delle sue priorità: la fedeltà al voodoo è più forte di tutto.
Ad un livello più generale, direi che è davvero un grande errore liquidare la stupidità politica con l’attitudine a fare ragazzate. Le proposte politiche ci dicono molto sul carattere – e la storia dei 15 anni passati dice che i giornalisti che si immaginano di poter giudicare il carattere dal modo in cui la gente si mostra nelle televisioni o nelle interviste personali, si prendono in giro da soli, e ingannano tutti gli altri.
[1] I “Club per la Crescita” sono in realtà una associazione di movimenti della destra, fondata nel 1999 da Stephen Moore, per il sostegno di candidati repubblicani. Di recente essa è coinvolta in una polemica molto aspra con Donald Trump, perché sostiene i candidati ‘di apparato’ (Jeb Bush e Rubio) e attacca le posizioni del miliardario.
Come sia accaduto che sia nata questa ironia – tra club per la crescita e club per la crescita dei capelli – non so dirlo, ma non si tratta di una invenzione di Krugman, giacché si trova anche altrove.
By mm
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