October 31, 2015 10:43 am
And now for something completely different — or anyway not the kind of thing I’ve been writing about lately. But I have been keeping my eye on the ongoing debate over the world trade slowdown, and wanted to weigh in on one issue.
For those who don’t know about it, there seems to have been a break in the trend of world trade. Between 1990 and the 2008 crisis, trade grew much more rapidly than world GDP; this “hyperglobalization” brought trade shares of income to levels unprecedented in previous history. Trade then plunged, as was to be expected, in the slump — most trade these days consists of durable goods, which are very cyclical. It bounced back when the world started to recover. But while it’s more or less at the pre-crisis level relative to GDP, it hasn’t gone beyond, suggesting that hyperglobalization has reached some kind of limit. And many of us are talking about things like supply chains, logistics, and so on to explain why.
But a new piece from the Bank of England suggests a seemingly simpler explanation: it’s just a composition effect, as world output shifts toward countries that have relatively low income elasticities of demand for imports. So is that really the story?
I’d say no, because I don’t believe that the income elasticity of imports is a structural parameter. You need to look underneath to the underlying economic logic — and this pushes you back to stories about supply chains etc..
The notion that income elasticities in trade aren’t structural is one I’ve been pushing for a very long time. Way back when I noted that there seems to be a systematic relationship between estimated income elasticities and national growth rates, what I called the 45-degree rule, which suggested that we were really looking at supply-side, not demand-side effects; a lot of later research seems to support that suggestion.
So how should we think about income elasticities for the purpose of understanding the trade slowdown? I’d argue that other things equal, we should expect trade to grow at the same rate as the world economy. If it grows faster, that’s something to explain with changes in trade policy, transportation costs, and so on. To a first approximation, this says that for any one country we’d expect to see a relationship along the lines
Trade growth = GDP growth + x
where x is the common factor — containerization, say — causing overall world trade to grow faster than income.
This in turn says that the “income elasticity” — actually just the ratio of trade growth to GDP growth, not necessarily a structural parameter — should look like this:
Elasticity = Trade growth / GDP growth = 1 + x/GDP growth
So fast-growing countries should appear to have low income elasticities, but that’s not saying anything about the underlying causes of trade growth.
Let’s take the data on elasticities and growth given in the BoE analysis, and plot it:
That’s China in the lower left corner. It looks pretty good to me. And the clear implication is that China isn’t really a “low trade elasticity” economy. It’s just a fast-growing economy, which more or less mechanically means that it has a low ratio of trade growth to GDP growth. And its rising share of world trade should not be viewed as an explanatory factor in the trade slowdown.
I still think it’s about those supply chains.
Spiegare la debolezza del commercio (per esperti)
Ed ora qualcosa di completamente diverso – o in ogni caso non il genere di cose sulle quali vengo scrivendo di recente. Ma sto tenendo d’occhio il perdurante dibattito sul rallentamento del commercio mondiale, ed avevo intenzione di intervenire su un aspetto.
Per coloro che non sanno di cosa si tratta, sembra esserci stata una interruzione nelle tendenze del commercio mondiale. Tra il 1990 e la crisi del 2008, il commercio è cresciuto più rapidamente del PIL mondiale; questa “iperglobalizzazione” ha portato le quote del commercio sul reddito a livelli che non hanno precedenti nella storia recente. Con la crisi il commercio è crollato, come c’era da aspettarsi – in tali periodi, gran parte del commercio consiste in beni durevoli, che sono molto ciclici. C’è stato un rimbalzo quando nel mondo è cominciata la ripresa. Ma se il commercio è più o meno, in relazione al PIL, al livello precedente la crisi, non è andato oltre, indicando che la iperglobalizzazione ha raggiunto una sorta di limite. E molti di noi stanno parlando di cose come le catene dell’offerta, la logistica ed altro per spiegarne le ragioni.
Ma un nuovo articolo da parte della Banca di Inghilterra suggerisce una spiegazione più semplice: si tratta soltanto di un effetto di composizione, dal momento che la produzione mondiale si sposta verso paesi che hanno relativamente basse elasticità di reddito, quanto a domanda per le importazioni. E’ dunque quella spiegazione vera?
Direi di no, perché non credo che l’elasticità di reddito delle importazioni sia un parametro strutturale. É necessario guardare al di sotto, alla sottostante logica economica – e questo vi riporta a storie che riguardano le catena dell’offerta etc. .
Il concetto che le elasticità di reddito nel commercio non siano strutturali è stato da me avanzato da molto tempo. Quando nel passato osservai che sembrava esserci una relazione tra le elasticità di reddito stimate e i tassi nazionali della crescita, quella che io chiamai la “regola dei 45 gradi”, ciò mi suggerì che eravamo realmente dinanzi ad effetti dal lato dell’offerta e non dal lato della domanda; una grande quantità di ricerche successive sembrano sostenere tale indicazione.
Come dovremmo dunque ragionare delle elasticità di reddito allo scopo di comprendere il rallentamento del commercio? Direi che a parità delle altre condizioni, dovremmo aspettarci che il commercio cresca allo stesso tasso dell’economia mondiale. Se esso cresce più rapidamente, c’è qualcosa da spiegare in ordine alla politica commerciale, ai costi di trasporto, e così via. Ad una prima approssimazione, questo ci dice che dovremmo aspettarci una relazione su queste linee:
Crescita del commercio = crescita del PIL + x
laddove x è il fattore comune – ad esempio la containerizzazione – che fa crescere il commercio complessivo mondiale più velocemente del reddito.
Questo a sua volta ci dice che “l’elasticità del reddito” – effettivamente solo il rapporto tra crescita del commercio e crescita del PIL, e non necessariamente un parametro strutturale – dovrebbe apparire in questo modo:
Elasticità = crescita del commercio/crescita del PIL = 1 + x/crescita del PIL
Dunque dovrebbe apparire che i paesi a rapida crescita hanno basse elasticità del reddito, ma ciò non ci direbbe niente sulle cause sottostanti della crescita del commercio.
Consentitemi di utilizzare i dati della analisi della Banca di Inghilterra su elasticità e crescita, e di tracciarli su un diagramma:
Quella nell’angolo basso a sinistra è la Cina. Mi sembra abbastanza corretto. E la chiara implicazione è che la Cina non è un’economia a “bassa elasticità di commercio”. É solo un’economia a rapida crescita, che in modo più o meno meccanico significa che ha una basso rapporto tra crescita del commercio e crescita del PIL. E la sua quota crescente nel commercio mondiale non dovrebbe essere considerata come un fattore che spiega il rallentamento commerciale.
Continuo a pensare che esso dipenda da quelle catene dell’offerta.
By mm
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