Nov 2 10:20 am
Larry Summers reacts to an offhand post of mine, seeking to draw a distinction between our views. I actually don’t think our views differ significantly now, but he’s right that what he has been saying differs from the approach I took way back in 1998. And I’ve both acknowledged that and admitted that the approach I took then seems inadequate now:
Back in 1998, when I tried to think through the logic of the liquidity trap, I used a strategic simplification: I envisaged an economy in which the current level of the Wicksellian natural rate of interest was negative, but that rate would return to a normal, positive level at some future date. This assumption provided a neat way to deal with the intuition that increasing the money supply must eventually raise prices by the same proportional amount; it was easy to show that this proposition applied only if the money increase was perceived as permanent, so that the liquidity trap became an expectations problem.
The approach also suggested that monetary policy would be effective if it had the right kind of credibility – that if the central bank could “credibly promise to be irresponsible,” it could gain traction even in a liquidity trap.
But what is this future period of Wicksellian normality of which we speak?
Japan now looks like an economy in which a negative natural rate is a more or less permanent condition. So, increasingly, does Europe. And the US may be in the same boat, if only because persistent weakness abroad will lead to a strong dollar, and we will end up importing demand weakness.
And if we are in a world of secular stagnation — of more or less permanent negative natural rates — policy becomes even harder.
Trappole di liquidità provvisorie e permanenti
Larry Summers risponde ad un mio improvvisato post [1], cercando di tracciare una distinzione tra i nostri punti di vista. Per la verità io non penso che i nostri punti di vista siano significativamente diversi adesso, ma egli ha ragione a dire che ciò che viene affermando differisce dall’approccio che io assunsi nel passato 1998. Ed io l’ho riconosciuto [2], così come ho ammesso che l’approccio di allora sembra oggi inadeguato:
“Nel 1998, quando cercavo di analizzare a fondo la logica della trappola di liquidità, utilizzai una semplificazione strategica: immaginai un’economia nella quale il livello del wickselliano tasso di interesse naturale fosse negativo, ma al tempo stesso immaginai che quel tasso tornasse ad un livello normale e positivo in qualche momento futuro. Questo assunto fornì un modo preciso per fare i conti con l’intuizione secondo la quale l’aumento dell’offerta di moneta, alla fine, deve elevare in proporzione i prezzi della stessa quantità; fu semplice dimostrare che questo concetto si applicava soltanto se l’aumento della moneta veniva percepito come permanente, il modo tale che la trappola di liquidità diventava un problema di aspettative.
Quell’approccio suggerì anche che la politica monetaria sarebbe stata efficace se avesse avuto il grado giusto di credibilità – che se la banca centrale poteva “credibilmente promettere di essere irresponsabile”, poteva ottenere una forza di spinta anche in una trappola di liquidità”
Ma quale è questo periodo futuro di wickselliana normalità del quale parliamo?
Il Giappone adesso sembra un’economia nella quale un tasso naturale negativo è più o meno una condizione permanente. Tale sembra anche, sempre di più, l’Europa. E gli stati Uniti può darsi che siano nella stessa barca, se solo a causa della persistente debolezza all’estero ci dirigeremo verso un dollaro forte, e finiremo con l’importare la debolezza della domanda.
E se siamo in un mondo di stagnazione secolare – o di tassi naturali più o meno permanentemente negativi – la politica diventa persino più difficile.
[1] Si tratta del post dal titolo “Dell’esser stati contrari alla stagnazione secolare, prima di diventare favorevoli” del 31 ottobre 2015, qua tradotto. In effetti quel post era un po’ scherzoso, pur non essendo privo di tendenziosità. Come si legge nell’articolo di Summers appena tradotto, quest’ultimo ha però colto l’occasione per puntualizzare ed approfondire alcune passate differenze, in via di composizione.
L’interesse di questi due interventi mi pare consista anche nello spaccato di ‘relazioni’ tra due principali economisti che essi mostrano; non si sarà dimenticato che non molto tempo fa Krugman prese una netta posizione contraria alla possibile nomina di Summers alla Presidenza della Fed (del resto, una posizione implicitamente contraria a tale nomina fu anche quella di Joseph Stiglitz, mentre una posizione apertamente favorevole fu assunta da Brad DeLong). Dopo la loro importante convergenza sul tema della stagnazione secolare (che avvenne in occasione del convegno promosso nell’agosto del 2014 da Vox.EU. Gli interventi di entrambi sono qua tradotti), pare che si stia superando un clima di reciproca diffidenza. In genere, è interessante la franchezza, sia pure nel notevole rispetto reciproco, di queste ‘relazioni'; essa consente contrasti anche aspri assieme ad una seria attenzione alle rispettive ricerche ed alla crescente convergenza di analisi.
[2] Il riferimento è al post “Ripensare il Giappone” del 20 ottobre 2015, qua tradotto.
By mm
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