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Cose da festeggiare, come i sogni delle macchine volanti. Di Paul Krugman (New York Times, 25 dicembre 2015)

 

Things to Celebrate, Like Dreams of Flying Cars

Paul KrugmanDEC. 25, 2015

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In Star Wars, Han Solo’s Millennium Falcon did the Kessel Run in less than 12 parsecs; in real life, all the Falcon 9 has done so far is land at Cape Canaveral without falling over or exploding. Yet I, like many nerds, was thrilled by that achievement, in part because it reinforced my growing optimism about the direction technology seems to be taking — a direction that may end up saving the world.

O.K., if you have no idea what I’m talking about, the Falcon 9 is Elon Musk’s reusable rocket, which is supposed to boost a payload into space, then return to where it can be launched again. If the concept works, it could drastically reduce the cost of putting stuff into orbit. And that successful landing was a milestone. We’re still a very long way from space colonies and zero-gravity hotels, let alone galactic empires. But space technology is moving forward after decades of stagnation.

And to my amateur eye, this seems to be part of a broader trend, which is making me more hopeful for the future than I’ve been in a while.

You see, I got my Ph.D. in 1977, the year of the first Star Wars movie, which means that I have basically spent my whole professional life in an era of technological disappointment.

Until the 1970s, almost everyone believed that advancing technology would do in the future what it had done in the past: produce rapid, unmistakable improvement in just about every aspect of life. But it didn’t. And while social factors — above all, soaring inequality — have played an important role in that disappointment, it’s also true that in most respects technology has fallen short of expectations.

The most obvious example is travel, where cars and planes are no faster than they were when I was a student, and actual travel times have gone up thanks to congestion and security lines. More generally, there has just been less progress in our command over the physical world — our ability to produce and deliver things — than almost anyone expected.

Now, there has been striking progress in our ability to process and transmit information. But while I like cat and concert videos as much as anyone, we’re still talking about a limited slice of life: We are still living in a material world, and pushing information around can do only so much. The famous gibe by the investor Peter Thiel (“We wanted flying cars, instead we got 140 characters.”) is unfair, but contains a large kernel of truth.

Over the past five or six years, however — or at least this is how it seems to me — technology has been getting physical again; once again, we’re making progress in the world of things, not just information. And that’s important.

Progress in rocketry is fun to watch, but the really big news is on energy, a field of truly immense disappointment until recently. For decades, unconventional energy technologies kept falling short of expectations, and it seemed as if nothing could end our dependence on oil and coal — bad news in the short run because of the prominence it gave to the Middle East; worse news in the long run because of global warming.

But now we’re witnessing a revolution on multiple fronts. The biggest effects so far have come from fracking, which has ended fears about peak oil and could, if properly regulated, be some help on climate change: Fracked gas is still fossil fuel, but burning it generates a lot less greenhouse emissions than burning coal. The bigger revolution looking forward, however, is in renewable energy, where costs of wind and especially solar have dropped incredibly fast.

Why does this matter? Everyone who isn’t ignorant or a Republican realizes that climate change is by far the biggest threat humanity faces. But how much will we have to sacrifice to meet that threat?

Well, you still hear claims, mostly from the right but also from a few people on the left, that we can’t take effective action on climate without bringing an end to economic growth. Marco Rubio, for example, insists that trying to control emissions would “destroy our economy.” This was never reasonable, but those of us asserting that protecting the environment was consistent with growth used to be somewhat vague about the details, simply asserting that given the right incentives the private sector would find a way.

But now we can see the shape of a sustainable, low-emission future quite clearly — basically an electrified economy with, yes, nuclear power playing some role, but sun and wind front and center. Of course, it doesn’t have to happen. But if it doesn’t, the problem will be politics, not technology.

True, I’m still waiting for flying cars, not to mention hyperdrive. But we have made enough progress in the technology of things that saving the world has suddenly become much more plausible. And that’s reason to celebrate.

 

Cose da festeggiare, come i sogni delle macchine volanti. Di Paul Krugman

New York Times, 25 dicembre 2015

In Guerre Stellari, il Millennium Falcon di Han Solo percorse la Kessel Run in meno di dodici parsec [1]; nella vita reale, tutto quello che il Falcon 9 è sinora riuscito a fare è stato atterrare a Cape Canaveral senza cadere o esplodere. Tuttavia, io come molti affezionati alla materia, ci siamo eccitati per quel risultato, in parte perché ha rafforzato il mio crescente ottimismo sulla direzione che la tecnologia sembra stia prendendo – una direzione che potrebbe finir col salvare il mondo.

Va bene, se non avete idea di ciò di cui sto parlando, il Falcon 9 è il razzo riutilizzabile di Elon Musk [2], che si suppone spinga una carica esplosiva nella spazio, per poi ritornare in un punto dal quale può nuovamente essere lanciato. Se l’idea funziona, essa potrebbe ridurre drasticamente il costo dell’inviare oggetti in orbita. E il successo dell’atterraggio è stato una pietra miliare. Siamo ancora molto lontani dalle colonie spaziali e dagli hotel a gravità zero, per non dire dagli imperi galattici. Ma dopo decenni di stagnazione, la tecnologia spaziale si sta spostando in avanti.

E ai mie occhi di appassionato, questo sembra far parte di una tendenza più generale, che mi sta rendendo più speranzoso nel futuro di quello che sono stato per un certo periodo.

Considerate questo: presi il mio dottorato nel 1977, l’anno della prima pellicola di Guerre Stellari, il che significa che ho fondamentalmente passato la mia intera vita professionale in un’epoca di delusione tecnologica.

Sino agli anni ’70, quasi tutti credevano che la tecnologia in progresso avrebbe fatto nel futuro quello che non aveva fatto nel passato: avrebbe prodotto un rapido, inconfondibile miglioramento in quasi tutti gli aspetti della vita. Ma non è accaduto. E se fattori sociali – sopra tutti, la crescente ineguaglianza – hanno giocato un ruolo importante in quella disillusione, è anche vero che sotto la maggioranza degli aspetti la tecnologia è rimasta al di sotto delle aspettative.

L’esempio più evidente sono i trasporti, dove le macchine e gli areoplani non sono più veloci di quanto erano quando ero studente, ed i tempi effettivi di trasporto sono saliti grazie alla congestione ed alla sicurezza delle linee. Più in generale, c’è stato proprio un progresso minore di quello che ci si attendeva nel nostro disporre del mondo fisico – della nostra capacità di produrre e portare a termine le cose.

Si può dire che c’è stato un progresso impressionante nella nostra capacità di trattare e di trasmettere le informazioni. Ma mentre mi piacciono come ad ognuno i video di gatti [3] e di concerti, stiamo ancora parlando di aspetti limitati dell’esistenza: viviamo ancora in un mondo materiale e far girare le informazioni può solo avere un effetto modesto. La famosa battuta dell’investitore Peter Thiel [4] (“Volevamo le macchine volanti, invece abbiamo avuto i 140 caratteri”) è ingiusta, ma contiene un buon nocciolo di verità.

Nei cinque o sei anni passati, tuttavia – o almeno così mi sembra – la tecnologia è tornata ad essere fisica, stiamo nuovamente facendo progressi nel mondo delle cose, non solo dell’informazione. E questo è importante.

I progressi nella missilistica sono divertenti da osservare, ma la vera grande notizia riguarda l’energia, sino a poco tempo fa un campo di effettiva enorme delusione. Per decenni, le tecnologie energetiche non convenzionali sono restate al di sotto delle aspettative, e sembrava che niente potesse porre termine alla nostra dipendenza dal petrolio e dal carbone – nel breve periodo una cattiva notizia per la predominanza che confermava al Medio Oriente; nel lungo periodo una notizia ancora peggiore a causa del riscaldamento globale.

Ma adesso stiamo assistendo ad una rivoluzione su una molteplicità di fronti. Sino ad adesso gli effetti maggiori sono venuti dalla fratturazione degli scisti, che ha messo fine alle paure per i picchi del petrolio e potrebbe, se regolata correttamente, essere di qualche aiuto per il cambiamento climatico: il gas proveniente dalla fratturazione è ancora un combustibile fossile, ma la sua combustione genera molte minori emissioni di gas serra del bruciare il carbone. Guardando in avanti, tuttavia, la più grande rivoluzione è l’energia rinnovabile, dove i costi dell’eolico e specialmente del solare sono caduti in modo incredibilmente veloce.

Perché questo è importante? Tutti, con la sola eccezione degli ignoranti e dei repubblicani, comprendono che il cambiamento del clima è la più grande minaccia dinanzi alla quale si trova l’umanità. Ma quanto dovremo sacrificarci per affrontare quella minaccia?

Ebbene, si sente ancora sostenere, in gran parte da parte della destra ma in pochi casi anche da parte di persone di sinistra, che non possiamo assumere una iniziativa efficace sul clima senza porre un termine alla crescita economica. Ad esempio, Marco Rubio ripete che cercare di limitare le emissioni “distruggerebbe la nostra economia”. Questo non è mai stato ragionevole, ma coloro tra noi che sostenevano che la protezione ambientale era coerente con la crescita, in qualche modo erano soliti esser vaghi sui dettagli, sostenevano semplicemente che il settore privato, fornito dei giusti incentivi, avrebbe trovato una strada.

Ma oggi possiamo vedere abbastanza chiaramente i lineamenti di un futuro sostenibile e a basse emissioni – fondamentalmente una economia elettrificata, con le centrali nucleari che innegabilmente giocheranno un qualche ruolo, ma con il solare e l’eolico in primo piano. Ovviamente, non è obbligatorio che accada. Ma se non accadrà sarà dipeso dalla politica, non dalla tecnologia.

Lo ammetto, io sto ancora aspettando le macchine volanti, per non dire l’hyperdrive [5]. Eppure abbiamo fatto sufficienti progressi nella tecnologia delle cose e salvare il mondo è improvvisamente diventato più plausibile. Ed è quello il motivo per cui festeggiare.

 

 

 

[1] É nota la passione di Krugman per la fantascienza. Per i non ‘praticanti’ (come me) basterà riferire che il Millennium Falcon è una nave spaziale, Han Solo è il suo pilota, la Kessel Run è un spericolata rotta dell’iperspazio, e che il parsec è una unità di lunghezza usata in astronomia (sta per “parallasse di un secondo di arco” e corrisponde alla distanza dalla Terra – o dal Sole – di una stella che ha una parallasse annua di un secondo di arco). Dodici parsec sono dunque lunghini, se capisco.

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Prestazioni incomparabili con il Falcon 9, al quale Krugman si riferisce subito dopo, che è un vero e proprio razzo a due stadi utilizzato attualmente dalla NASA. Ciononostante, la novità del lanciatore a razzo Falcon 9 consiste oggi nel poter recuperare e poi riutilizzare il primo stadio del congegno, come effettivamente è accaduto il 22 dicembre scorso a Cape Canaveral. Analoghi tentativi erano falliti in precedenza.

Ma l’importanza di questa recentissima prestazione è proprio il tema dell’articolo, e viene spiegata in esso.

[2] É il nome dell’amministratore delegato della società che produce per conto della NASA il Falcon 9 (la Space Exploration Technologies Corporation) . Cittadino statunitense nato a Pretoria (Sudafrica), da madre canadese e padre sudafricano. É degno di nota il fatto che sia anche stato cofondatore di PayPal, il sistema di pagamenti via internet più grande al mondo.

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[3] I gatti, in realtà, sono una sua specialità.

[4] Peter Thiel – guarda la combinazione – è come il precedente Elon Musk uno dei fondatori di PayPal. La battuta a lui attribuita si riferiva al fatto che siamo passati dal sognare le macchine volanti – ovvero da scenari illimitati – alla schiavitù del non potere oltrepassare le 140 battute sui social network (Twitter).

[5] Ancora in fantascienza è il nome che viene dato ai metodi di trasporto più veloci della luce.

 

 

 

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