Blog di Krugman

Gli Avari, gli Arabi e la storia (1 dicembre 2015)

 

Dec 1 2:24 pm

Avars, Arabs, and History

The historian David Potter had a great letter published in the Financial Times, correcting the really bad history of the Dutch president, who suggested that migrants brought about the fall of Rome. (Bad history is all the rage these days.) Potter:

The “barbarians” who were “responsible” for the “fall” of the western Roman empire in the fifth century AD were not a wave of desperate migrants. They were a collection of disgruntled employees.

Yep — in fact, many of the groups who ended up invading the Roman Empire were originally clients, hired, subsidized, or bribed (hard to tell these apart) to serve the empire at a time when its own military capacity was waning. And this isn’t just a story about the western empire, or about Rome.

I’m currently reading In God’s Path: The Arab Conquests and the Creation of an Islamic Empire by Robert G. Hoyland; I read Tom Holland’s In the Shadow of the Sword a while back. Both books portray the rise of Islam as something very different from the image I and I suspect many other people had.

We are not, it turns out, talking about Bedouin, inspired by faith, suddenly swooping out of the desert on unsuspecting lands. The soldiers and generals who conquered Persia and much of the Byzantine Empire were, most likely, mainly drawn from long-established client states on the Persian and Byzantine borders — men who learned the art of war and much else from the people who hired them. They turned first into raiders, drawn by the empires’ weakness, then into conquerors when that weakness — exacerbated by an exhausting, destructive war between Persia and Byzantium — proved so great that resistance to their raids collapsed. In other words, the Arab conquests were quite a lot like the Visigoth conquests in the west, at least at first.

And as Hoyland points out, the Arabs weren’t the only peripheral powers making big inroads at the time. The Avars, for example, swept up to the walls of Constantinople a few years before the Arab conquest; various Turkic groups wreaked havoc on Persia.

What was different about the Arabs was the way they achieved political and religious unity. But while that was a momentous achievement with huge consequences, it was probably a much messier and slower process than we tend to imagine, mainly taking place after the initial conquests, not before. The picture of a great holy war is probably a story invented centuries after the fact.

So how much light does any of this shed on current events? Little if any.

 

Gli Avari, gli Arabi e la storia

Lo storico David Potter ha pubblicato una lettera importante sul Financial Times, correggendo il racconto davvero brutto del Presidente Olandese [1], che aveva suggerito che gli emigranti provocarono la caduta di Roma (la brutta storia è tutta la rabbia di questi giorni). Potter:

“I ‘barbari’ che furono ‘responsabili’ della ‘caduta’ dell’Impero romano d’Occidente nel quinto secolo dopo Cristo non furono un’ondata di emigranti disperati. Erano una raccolta di impiegati scontenti”.

Sì – di fatto, molti dei gruppi che finirono con l’invadere l’Impero Romano erano originariamente clienti, ingaggiati, sovvenzionati o corrotti (difficile separare tutti questi aspetti) per servire l’Impero in un epoca nella quale la sua potenza militare stava svanendo. E questa non una storia che riguarda soltanto l’Impero d’Occidente, o Roma.

Sto attualmente leggendo “Sul sentiero di Dio: le conquiste arabe e la creazione di un Impero Islamico” di Robert G. Hoyland; ho letto un po’ di tempo fa “All’ombra della spada” di Tom Holland. Entrambi i libri presentano l’ascesa dell’Islam come qualcosa di molto diverso rispetto all’immagine che ne avevo io, e suppongo molti altri.

Si scopre che non stiamo parlando di beduini, ispirati dalla fede e improvvisamente piombati dal deserto e da terre sconosciute. I soldati ed i generali che conquistarono la Persia e gran parte dell’Impero Bizantino erano, molto più probabilmente, principalmente attirati da Stati satellite da lungo insediati sui confini persiani o bizantini – uomini che avevano appreso l’arte della guerra e molte altre cose dalle persone che li avevano ingaggiati. Essi si trasformarono dapprima in razziatori, attratti dalla debolezza degli imperi, poi in conquistatori – quando quella debolezza – esacerbata da una sfibrante guerra distruttiva tra la Persia e Bisanzio – si mostrò così grande che la resistenza alle loro razzie crollò. In altre parole, le conquiste degli Arabi furono del tutto simili alle conquiste dei Visigoti ad Occidente, almeno agli inizi.

E come mette in evidenza Hoyland, gli Arabi non erano le uniche potenze periferiche che all’epoca facevano grandi incursioni. Gli Avari, ad esempio, si trascinarono sino alle mura di Costantinopoli pochi anni prima della conquista araba; vari gruppi turchi gettarono scompiglio sulla Persia.

Quello che fu diverso con gli Arabi fu il modo in cui essi realizzarono la loro unità politica e religiosa. Ma se quella fu una realizzazione momentanea con vaste conseguenze, esso fu probabilmente un processo più caotico e lento di quello che tendiamo ad immaginare, che principalmente ebbe luogo dopo le conquiste iniziali, non prima. La raffigurazione di una grande guerra santa fu probabilmente una storia inventata secoli dopo quei fatti.

Dunque, quanta luce porta tutto questo sugli eventi attuali? Poca, se non punta.

 

[1] Dovrebbe trattarsi di una dichiarazione di questi giorni di Mark Rutte, che è capo del Governo olandese.

 

 

 

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