Blog di Krugman

Il debito e le spirali demografiche del debito (12 dicembre 2015)

 

Dec 12 5:06 am

Debt and Demographic Debt Spirals

I’m in Portugal — sorry, too jet-lagged to post music this week — where I am attending a conference in memory of Jose da Silva Lopes. (No, I’m not doing interviews — I’m spending my spare time with friends.) And I have been doing some homework about the terrible times Portugal has recently suffered. What especially caught my eye was this:

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We used to think that high labor mobility was a good thing for currency unions, because it would allow the union’s economy to adjust to asymmetric shocks — booms in some places, busts in others — by moving workers rather than having to cut wages in the lagging regions. But what about the tax base? If bad times cause one country’s workers to leave in large numbers, who will service its debt and care for its retirees?

Indeed, it’s easy conceptually to see how a country could enter a demographic death spiral. Start with a high level of debt, explicit and implicit. If the work force falls through emigration, servicing this debt will require higher taxes on those who remain, which could lead to more emigration, and so on.

How realistic is this possibility? It obviously depends on having a sufficiently large burden of debt and other mandatory expenditure. It also depends on the elasticity of the working-age population to the tax burden, which in turn will depend both on the underlying economics — is there a strongly downward-sloping demand for labor, or is it highly elastic? — and on things like the willingness of workers to move, which may depend on culture and language.

Portugal, with its long tradition of outmigration, may be more vulnerable than most, but I have no idea whether it’s really in that zone.

One thing you might wonder is whether currency union makes any difference here. Can’t adverse shocks produce emigration and a death spiral regardless of currency regime? Yes, but. With a flexible exchange rate, adverse shocks will cause depreciation and a fall in real wages; under a currency union, they will produce unemployment for an extended period, until the grinding process of internal devaluation restores competitiveness. And everything I’ve seen says that migration is much more sensitive to unemployment than to wage differentials.

Now, it’s true that emigration in an economy with mass unemployment doesn’t immediately reduce the tax base, since the marginal worker wouldn’t have been employed anyway. But it sets things up for longer-run deterioration.

Oh, and Lisbon is really lovely despite all — and seems, justifiably, to be attracting a lot of tourists, which surely helps.

Now off to my friends’ house.

 

Il debito e le spirali demografiche del debito

Sono in Portogallo – spiacente, troppa differenza di fuso orario per mettere il post musicale di questa settimana [1] – dove sto presenziando ad una conferenza in memoria di Jose da Silva Lopes [2] (no, non sto concedendo interviste – passo con amici il mio modesto tempo libero). E sto facendo alcuni miei compiti sui tempi terribili che il Portogallo ha di recente sofferto. Quello che mi è balzato agli occhi è stato questo [3]:

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Eravamo abituati a pensare che una elevata mobilità del lavoro fosse una cosa buona per le unioni valutarie, perché avrebbe permesso all’economia di una unione di correggere gli shock asimmetrici – grandi espansioni in alcuni posti, crolli in altri – spostando i lavoratori anziché tagliare i salari nelle regioni rimaste indietro. Ma cosa accade alla base fiscale? Se il tempi cattivi in un paese inducono i lavoratori in gran numero ad andarsene, che provvederà al debito di quel paese e chi si curerà dei suoi pensionati?

In effetti, è facile osservare come un paese potrebbe entrare in una spirale fatale demografica. Si parta da un alto livello del debito, in termini assoluti e relativi. Se la forza lavoro scende per via dell’emigrazione, assistere questo debito richiederà tasse più elevate per quelli che restano, la qualcosa potrebbe portare ad una emigrazione maggiore, e così via.

Quanto è realistica questa possibilità? Ciò ovviamente dipende dall’avere un ampio peso di debito e di altre spese obbligatorie. Dipende anche dalla elasticità della popolazione in età lavorativa ai carichi fiscali, la qualcosa a sua volta dipende sia dalla sottostante economia – c’è una domanda di lavoro che inclina fortemente verso il basso, oppure è assai elastica? – sia da cose come la disponibilità dei lavoratori a spostarsi, che può essere condizionata dalla cultura e dal linguaggio.

Il Portogallo, con la sua lunga tradizione di emigrazione, potrebbe essere più vulnerabile della maggioranza degli altri, ma non ho idea se essa sia realmente tale in quell’area.

In questo caso, una cosa che ci si potrebbe chiedere è se una unione valutaria faccia qualche differenza. Gli shock negativi, non possono produrre emigrazione e spirali fatali a prescindere dai regimi valutari? Sì, ma … Con un tasso di cambio flessibile, gli shock negativi possono provocare una svalutazione ed una caduta dei salari reali; sotto una unione valutaria essi produrranno disoccupazione per un periodo prolungato, sinché il pesante processo della svalutazione interna non ripristina la competitività. E tutto quello che ho visto dice che l’emigrazione è molto più sensibile alla disoccupazione che ai differenziali di salari.

Ora, è vero che l’emigrazione in una economia con la disoccupazione di massa non riduce immediatamente la base fiscale, dato che il lavoratore marginale non sarebbe stato in ogni modo occupato. Ma essa dispone le cose per un deterioramento nel più lungo periodo.

Inoltre, Lisbona è proprio amabile nonostante tutto – e pare che comprensibilmente stia attraendo molti turisti, il che certamente aiuta.

Ora vado a casa dei miei amici.

 

 

 

 

[1] Ogni venerdì Krugman dedica un breve post ad eventi musicali, con relativi video ed audio.

[2] Un economista portoghese che Krugman conobbe nel 1976, quando faceva pratica in quel paese con altri studenti del MIT. É scomparso nell’aprile di quest’anno.

[3] La Tabella mostra l’andamento della popolazione portoghese in età lavorativa (dai 15 ai 64 anni) nel periodo dalla fine degli anni ’90 ad oggi.

 

 

 

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