Blog di Krugman

‘Il Donald’ e il fattore della dabbenaggine (15 dicembre 2015)

 

Dec 15 4:12 am

The Donald and the Chump Factor

I suppose there are still some people waiting for Trump’s bubble to burst — any day now! But it keeps not happening. And it’s becoming increasingly plausible that he will go all the way. Why?

One answer — probably the most important — is what Greg Sargent has been emphasizing: the majority of Republican voters actually support Trump’s policy positions. After all, he’s just saying outright what mainstream candidates have implied through innuendo; how are voters supposed to know that this isn’t what you do?

I would, however, add a casual observation: at this point Trump has been the front-runner for long enough that it’s very hard to imagine his supporters suddenly losing faith, because it would be too embarrassing.

Bear in mind that embarrassment, and the desire to avoid it, are enormously important sources of motivation. Consider, as a weird, self-aggrandizing, but I think relevant observation, what has happened to supposedly smart guys who predicted soaring interest rates and runaway inflation 6 or 7 years ago. Almost none of them have conceded that they were wrong, and should have done more homework. Instead, many of them — especially the academics — have become ever more obsessed with claiming that they were somehow right, and/or trying to tear down the reputations of those of us who were in fact right. Nobody likes looking like a chump, and most people will go to great lengths to convince themselves that they weren’t.

Now think about someone who has been supporting Trump since the summer. For the Trump bubble to burst, many people like that would have to slap their foreheads and say, “Wow, he’s not a serious person! What was I thinking?”

And very few people ever do that sort of thing. Someone who has spent months supporting Trump despite establishment denunciations — which means something like a third of Republicans — will go to great lengths to avoid conceding that he has been foolish. At this point such people will insist that any negative reports about Trump are the product of hostile mainstream media; Trump’s very durability so far is likely to make him highly resilient looking forward.

To make another analogy, it’s a “When Prophecy Fails” sort of situation.

And this also suggests that even if Trump does finally decline, his support is likely to flow not to an establishment candidate but to another outsider figure. Everyone who knows Ted Cruz well hates him; in this environment that probably enhances his appeal.

The general election will, of course, be quite different. But it’s getting really hard to see how the GOP establishment reasserts control.

 

‘Il Donald’ e il fattore della dabbenaggine

Suppongo che ci sia ancora qualcuno che aspetta che la bolla di Trump scoppi – questione di giorni! Ma continua a non succedere. E sta diventando sempre più plausibile che egli arrivi sino in fondo. Perché?

Una risposta – probabilmente la più importante – è quella sulla quale Greg Sargent sta mettendo l’accento: la maggioranza degli elettori repubblicani effettivamente sostiene le posizioni politiche di Trump. Dopo tutto, egli sta solo dicendo apertamente quello che i candidati convenzionali sottintendono con allusioni; come si può supporre che gli elettori sappiano che non è questo che intendono?

Vorrei aggiungere, tuttavia, una osservazione casuale: a questo punto Trump è stato favorito da tanto tempo che è molto difficile immaginare che i suoi sostenitori smettano di essergli fedeli, perché sarebbe troppo imbarazzante.

Si ricordi che l’imbarazzo, e il desiderio di evitarlo, sono fattori di motivazione enormemente importanti. Si consideri, può sembrare una osservazione bizzarra e in sé esagerata, ma penso sia attinente, quello che è accaduto a individui che si supponevano intelligenti che, 6 o 7 anni orsono, avevano previsto tassi di interesse alle stelle ed una inflazione fuori controllo. Quasi nessuno tra loro ha riconosciuto che avevano avuto torto e che avrebbero dovuto prepararsi meglio. Piuttosto, molti di loro – specialmente gli accademici – si sono ancor più intestarditi nel sostenere che in qualche modo avevano ragione, e nel cercare di demolire la reputazione di quelli che, tra di noi, avevano avuto davvero ragione. A nessuno piace fare la figura di un babbeo, e la maggioranza delle persone fa l’impossibile per convincersi di non esserlo.

Si pensi adesso a qualcuno che abbia sostenuto Trump sin dalla scorsa estate. Nel caso che la bolla di Trump scoppiasse, molte persone del genere si darebbero uno schiaffo in fronte e direbbero: “Per la miseria, non è una persona seria! A cosa stavo pensando?”.

E sono molto poche le persone che fanno quel genere di cose. Chi ha speso mesi nel sostenere Trump nonostante le condanne del gruppo dirigente – ovvero circa un terzo dei repubblicani – faranno l’impossibile per evitare di ammettere di essere stati sciocchi. A questo punto quelle persone insisteranno nel sostenere che ogni resoconto negativo è il prodotto della ostilità dei media convenzionali; guardando avanti, la notevole tenuta di Trump sino ad oggi è probabile lo renda molto forte.

Per fare un’altra analogia, questa è una situazione del genere di “quando crolla una profezia”.

E questo indica anche che se persino Trump avesse alla fine un declino, il suo sostegno è probabile che non si riversi su un candidato del gruppo dirigente ma su un’altra figura fuori dai giochi. Chiunque conosca bene Ted Cruz lo odia; in questo contesto è probabile che tutto ciò accresca la sua attrattività.

Le elezioni generali, ovviamente, saranno un’altra cosa. Ma sta diventando davvero difficile vedere come il gruppo dirigente del Partito Repubblicano possa riprendere il controllo.

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