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Infamie autorizzate, di Paul Krugman (New York Times 11 dicembre 2015)

 

Empowering the Ugliness

Paul Krugman DEC. 11, 2015

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We live in an era of political news that is, all too often, shocking but not surprising. The rise of Donald Trump definitely falls into that category. And so does the electoral earthquake that struck France in Sunday’s regional elections, with the right-wing National Front winning more votes than either of the major mainstream parties.

What do these events have in common? Both involved political figures tapping into the resentments of a bloc of xenophobic and/or racist voters who have been there all along. The good news is that such voters are a minority; the bad news is that it’s a pretty big minority, on both sides of the Atlantic. If you are wondering where the support for Mr. Trump or Marine Le Pen, the head of the National Front, is coming from, you just haven’t been paying attention.

But why are these voters making themselves heard so loudly now? Have they become much more numerous? Maybe, but it’s not clear. More important, I’d argue, is the way the strategies elites have traditionally used to keep a lid on those angry voters have finally broken down.

Let me start with what is happening in Europe, both because it’s probably less familiar to American readers and because it is, in a way, a simpler story than what is happening here.

My European friends will no doubt say that I’m oversimplifying, but from an American perspective it looks as if Europe’s establishment has tried to freeze the xenophobic right, not just out of political power, but out of any role in acceptable discourse. To be a respectable European politician, whether of the left or of the right, you have had to accept the European project of ever-closer union, of free movement of people, open borders, and harmonized regulations. This leaves no room for right-wing nationalists, even though right-wing nationalism has always had substantial popular support.

What the European establishment may not have realized, however, is that its ability to define the limits of discourse rests on the perception that it knows what it is doing. Even admirers and supporters of the European project (like me) have to admit that it has never had deep popular support or a lot of democratic legitimacy. It is, instead, an elite project sold largely on the claim that there is no alternative, that it is the path of wisdom.

And there’s nothing quite like sustained poor economic performance – the kind of poor performance brought on by Europe’s austerity and hard-money obsessions — to undermine the elite’s reputation for competence. That’s probably why one recent study found a consistent historical relationship between financial crises and the rise of right-wing extremism. And history is repeating itself.

The story is quite different in America, because the Republican Party hasn’t tried to freeze out the kind of people who vote National Front in France. Instead, it has tried to exploit them, mobilizing their resentment via dog whistles to win elections. This was the essence of Richard Nixon’s “southern strategy,” and explains why the G.O.P. gets the overwhelming majority of Southern white votes.

But there is a strong element of bait-and-switch to this strategy. Whatever dog whistles get sent during the campaign, once in power the G.O.P. has made serving the interests of a small, wealthy economic elite, especially through big tax cuts, its main priority — a priority that remains intact, as you can see if you look at the tax plans of the establishment presidential candidates this cycle.

Sooner or later the angry whites who make up a large fraction, maybe even a majority, of the G.O.P. base were bound to rebel — especially because these days much of the party’s leadership seems inbred and out of touch. They seem, for example, to imagine that the base supports cuts to Social Security and Medicare, an elite priority that has nothing to do with the reasons working-class whites vote Republican.

So along comes Donald Trump, saying bluntly the things establishment candidates try to convey in coded, deniable hints, and sounding as if he really means them. And he shoots to the top of the polls. Shocking, yes, but hardly surprising.

Just to be clear: In offering these explanations of the rise of Mr. Trump and Ms. Le Pen, I am not making excuses for what they say, which remains surpassingly ugly and very much at odds with the values of two great democratic nations.

What I am saying, however, is that this ugliness has been empowered by the very establishments that now act so horrified at the seemingly sudden turn of events. In Europe the problem is the arrogance and rigidity of elite figures who refuse to learn from economic failure; in the U.S. it’s the cynicism of Republicans who summoned up prejudice to support their electoral prospects. And now both are facing the monsters they helped create.

 

 

Infamie autorizzate (1), di Paul Krugman

New York Times 11 dicembre 2015

Viviamo in un’epoca di novità politiche che sono, anche troppo spesso, impressionanti ma non sorprendenti. L’ascesa di Donald Trump appartiene di sicuro a questa categoria. E lo stesso vale per il terremoto politico che ha colpito la Francia nelle elezioni regionali di domenica, dove la destra del Fronte Nazionale ha conquistato più voti degli altri principali partiti tradizionali.

Cosa hanno un comune questi due eventi? Entrambi riguardano personaggi politici che si inseriscono nei risentimenti di un blocco di elettori xenofobi e/o razzisti che ci sono da sempre. La buona notizia è che tali elettori sono una minoranza; la cattiva notizia è che sono una minoranza piuttosto grande, su entrambe le sponde dell’Atlantico. Se vi state chiedendo da dove proviene il sostegno politico per il signor Trump o per Marine Le Pen, colei che guida il Fronte Nazionale, semplicemente significa che non stavate attenti.

Ma perché questi elettori si fanno adesso sentire così rumorosamente? Sono diventati molto più numerosi? Forse, ma non è chiaro. Direi che è più importante il modo in cui le strategie che le classi dirigenti hanno tradizionalmente utilizzato per coprire con un coperchio quegli elettori arrabbiati sono alla fine andate in frantumi.

Consentitemi di partire da quello che sta accadendo in Europa, sia perché è probabilmente meno familiare per i lettori americani, sia perché, a suo modo, è una storia più semplice di quello che sta accadendo da noi.

I miei amici europei diranno senza dubbio che sto eccessivamente semplificando, ma da un punto di vista americano appare come se i gruppi dirigenti europei abbiano cercato di tenere nel congelatore la destra xenofoba, non solo fuori da potere politico, ma da ogni qualsiasi ruolo in un ammissibile dibattito. Per essere politici rispettabili in Europa, sia a destra che a sinistra, di doveva aver accettato il progetto europeo di una unione sempre più stretta, del libero movimento delle persone, dei confini aperti e della armonizzazione dei regolamenti. Questo non lasciava spazio ai nazionalisti della destra, anche se il nazionalismo della destra aveva sempre avuto un sostanziale sostegno popolare.

Quello che i gruppi dirigenti europei non hanno compreso, tuttavia, è che la loro capacità di delimitare i confini del dibattito politico si fonda sulla percezione che essi sappiano cosa fanno. Persino coloro che ammirano e sostengono il progetto europeo (come me) devono ammettere che esso non ha mai avuto un profondo sostegno popolare o una grande dose di legittimazione democratica. É stato, piuttosto, un progetto di élite in gran parte fatto accettare con l’argomento che non c’erano alternative, che era la strada del buon senso.

E non c’è niente come prolungate modeste prestazioni economiche – il genere di prestazioni provocate dall’austerità europea e dalle ossessioni per la moneta forte – che può minare la reputazione della competenza delle classi dirigenti. Quella è probabilmente la ragione per la quale uno studio recente ha scoperto una stabile relazione storica tra le crisi finanziarie e l’ascesa degli estremismi di destra. E la storia si sta ripetendo.

In America il racconto è un po’ diverso, perché il Partito Repubblicano non ha cercato di mettere nel congelatore quel genere di persone che votano per il Fronte Nazionale in Francia. Piuttosto ha cercato di sfruttarle, mobilitando il loro risentimento attraverso ammiccamenti che avevano lo scopo di vincere le elezioni. Questa fu la sostanza della “strategia meridionale” di Richard Nixon, e spiega perché il Partito Repubblicano ottiene la maggioranza schiacciante dei voti dei bianchi del Sud.

Ma in questa strategia c’è un forte elemento simile ad uno specchietto per allodole. Qualsiasi segnale sia stato spedito durante la campagna elettorale, una volta al potere il Partito Repubblicano si è messo al servizio degli interessi di una piccola élite economica di ricchi, in particolare attraverso grandi sgravi fiscali, la sua principale priorità – una priorità che resta intatta, come potete vedere se osservate i programmi fiscali dei candidati del gruppo dirigente repubblicani in questo ciclo di primarie.

Presto o tardi i bianchi arrabbiati che costituiscono una ampia frazione, se non la maggioranza, della base del Partito Repubblicano erano destinati a ribellarsi – in particolare perché di questi tempi una gran parte dei dirigenti del Partito sembra fatta con lo stesso stampo e fuori dalla realtà. Per esempio, sembrano immaginarsi che la base sia favorevole ai tagli alla Previdenza Sociale ed a Medicare, priorità delle classi dirigenti che non hanno niente a che fare con le ragioni per le quali la classe lavoratrice bianca vota repubblicano.

Così finché non arriva Donald Trump, che dice senza giri di parole quello che i candidati del gruppo dirigente cercano di trasmettere in codice, per accenni che si possono rinnegare, e pare proprio che egli intenda dire quelle stesse cose. E salta in testa ai sondaggi. Impressionante, è vero, ma non certo sorprendente.

Solo per chiarezza: nell’offrire queste spiegazioni per l’ascesa del signor Trump e della signora Le Pen, non sto offrendo scusanti a quello che dicono, che resta straordinariamente preoccupante e assai agli antipodi rispetto ai valori di due grandi nazioni democratiche.

Quello che sto dicendo, tuttavia, è che quelle infamie sono state rafforzate proprio da quei gruppi dirigenti che adesso si comportano come terrorizzati dall’improvvisa piega degli eventi. In Europa il problema è la arroganza e la rigidità dei personaggi dei gruppi dirigenti che si rifiutano di imparare dai fallimenti economici; negli Stati Uniti è il cinismo dei repubblicani che hanno fatto appello al pregiudizio, a sostegno delle loro prospettive elettorali. E adesso stanno facendo i conti con i mostri che hanno contribuito a creare.

(1) Si noti che “to empower” significa “dare il potere di, delegare, autorizzare”. “Rafforzare, dare energia” si traduce in inglese con “to power”.

 

 

 

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