Paul KrugmanDEC. 18, 2015
In May 2009 Congress created a special commission to examine the causes of the financial crisis. The idea was to emulate the celebrated Pecora Commission of the 1930s, which used careful historical analysis to help craft regulations that gave America two generations of financial stability.
But some members of the new commission had a different goal. George Santayana famously remarked that “those who cannot remember the past are condemned to repeat it.” What he didn’t point out was that some people want to repeat the past — and that such people have an interest in making sure that we don’t remember what happened, or that we remember it wrong.
Sure enough, some commission members sought to block consideration of any historical account that might support efforts to rein in runaway bankers. As one of those members, Peter Wallison of the American Enterprise Institute, wrote to a fellow Republican on the commission, it was important that what they said “not undermine the ability of the new House G.O.P. to modify or repeal Dodd-Frank,” the financial regulations introduced in 2010. Never mind what really happened; the party line, literally, required telling stories that would help Wall Street do it all over again.
Which brings me to a new movie the enemies of financial regulation really, really don’t want you to see.
“The Big Short” is based on the Michael Lewis book of the same name, one of the few real best-sellers to emerge from the financial crisis. I saw an early screening, and I think it does a terrific job of making Wall Street skulduggery entertaining, of exploiting the inherent black humor of how it went down.
The film achieves this feat mainly by personalizing the tale, focusing not on abstractions but on colorful individuals who saw the rot in the system and tried to make money off that realization. Of course, this still requires explaining what it was all about. Yet even the necessary expository set pieces work amazingly well. For example, we learn how dubious loans were repackaged into supposedly safe “collateralized debt obligations” via a segment in which the chef Anthony Bourdain explains how last week’s fish can be disguised as seafood stew.
But you don’t want me to play film critic; you want to know whether the movie got the underlying economic, financial and political story right. And the answer is yes, in all the ways that matter.
I could quibble over a few points: The group of people who recognized that we were experiencing the mother of all housing bubbles, and that this posed big dangers to the real economy, was bigger than the film might lead you to believe. It even included a few (cough) mainstream economists. But it is true that many influential, seemingly authoritative players, from Alan Greenspan on down, insisted not only that there was no bubble but that no bubble was even possible.
And the bubble whose existence they denied really was inflated largely via opaque financial schemes that in many cases amounted to outright fraud — and it is an outrage that basically nobody ended up being punished for those sins aside from innocent bystanders, namely the millions of workers who lost their jobs and the millions of families that lost their homes.
While the movie gets the essentials of the financial crisis right, the true story of what happened is deeply inconvenient to some very rich and powerful people. They and their intellectual hired guns have therefore spent years disseminating an alternative view that the money manager and blogger Barry Ritholtz calls the Big Lie. It’s a view that places all the blame for the financial crisis on — you guessed it — too much government, especially government-sponsored agencies supposedly pushing too many loans on the poor.
Never mind that the supposed evidence for this view has been thoroughly debunked, or that before the crisis some of these same hired guns attacked those agencies not for lending too much to the poor, but for not lending enough. If the historical record runs counter to what powerful interests want you to believe, well, history will just have to be rewritten. And constant repetition, especially in captive media, keeps this imaginary history in circulation no matter how often it is shown to be false.
Sure enough, “The Big Short” has already been the subject of vitriolic attacks in Murdoch-controlled newspapers; if the movie is a commercial success and/or wins awards, expect to see much more.
The thing to remember, when you see such attacks, is why they’re taking place. The truth is that the people who made “The Big Short” should consider the attacks a kind of compliment: The attackers obviously worry that the film is entertaining enough that it will expose a large audience to the truth. Let’s hope that their fears are justified.
“La grande scommessa” [1], bolle immobiliari e ripetute bugie, di Paul Krugman
New York Times 18 dicembre 2015
Nel maggio del 2009 il Congresso istituì una commissione speciale per esaminare le cause della crisi finanziaria. L’idea era quella di fare qualcosa di simile alla famosa Commissione Pecora degli anni ’30 [2], che utilizzò scrupolose analisi storiche che contribuirono a dar vita a regolamenti che diedero all’America stabilità finanziaria per due generazioni.
Ma alcuni membri della nuova commissione avevano un diverso obiettivo. Secondo la famosa osservazione di George Santayana [3], “coloro che non possono ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”. Quello che egli non aveva messo in evidenza è che ci sono individui che vogliono ripetere il passato – e che quegli individui hanno un interesse nell’assicurarsi che non si rammenti cosa è successo, oppure che lo si ricordi nel modo sbagliato.
Difatti, alcuni componenti della Commissione cercarono di bloccare le considerazioni su ogni riferimento storico che potesse essere di sostegno agli sforzi per mettere sotto controllo i banchieri avventurosi. Come scrisse ad un collega repubblicano della Commissione uno di quei membri, Peter Wallison dell’American Enterprise Institute, era importante che quello che affermavano “non indebolisse la possibilità, per il Partito Repubblicano della nuova Camera dei Rappresentanti, di modificare o abrogare la Dodd-Frank [4]”, la regolamentazione finanziaria che venne introdotta nel 2010. Non era importante quello che era realmente avvenuto; la linea del partito richiedeva, letteralmente, che si raccontassero storie che avrebbero aiutato Wall Street e rifare tutto nuovamente.
La qualcosa mi conduce al nuovo film che i nemici della regolamentazione finanziaria vogliono assolutamente che non vediate.
“La grande scommessa” è basato sul libro di Michael Lewis che porta lo stesso titolo, uno dei pochi veri e propri best-seller che sono stati partoriti dalla crisi finanziaria. L’ho visto in anteprima, e penso che costituisca un lavoro formidabile nel rendere la furfanteria di Wall Street, nello sfruttare l’umorismo nero caratteristico di come le cose precipitarono.
Il film realizza questa impresa principalmente attraverso una personalizzazione della storia, non concentrandosi su astrattezze ma su coloriti personaggi che videro il marcio del sistema e cercarono di tirar fuori soldi da quella consapevolezza. Naturalmente, questo richiede comunque una spiegazione sul contesto a cui tutto ciò si riferiva. Tuttavia, persino le scene descrittive del film funzionano perfettamente. Apprendiamo, ad esempio, come i mutui sospetti vennero impacchettati nelle presunte sicure “obbligazioni di garanzia sul debito”, attraverso un frammento nel quale il cuoco Anthony Bourdain spiega come il pesce della settimana passata possa essere fatto passare per uno spezzatino di mare.
Ma voi non volete da me una recensione del film; volete sapere se esso rappresenta nel modo giusto l’implicita storia economica, finanziaria e politica. E la risposta è positiva, in tutti i possibili sensi.
Potrei sottilizzare su un paio di punti: il gruppo di persone che riconobbero che eravamo alle prese con la madre di tutte le bolle immobiliari, e che questo provocava grandi pericoli per l’economia reale, fu più ampio di quello che il film potrebbe far credere. Includeva persino qualche (colpetto di tosse!) economista convenzionale. Ma è vero che molti protagonisti influenti e apparentemente autorevoli, da Alan Greenspan in giù, insistettero non solo che non c’era alcuna bolla, ma che nessuna bolla era persino possibile.
E la bolla la cui esistenza essi negavano venne realmente in gran parte gonfiata attraverso meccanismi finanziari opachi che in molti casi corrispondevano a vere e proprie frodi – ed è una vergogna che fondamentalmente nessuno sia stato punito per tali peccati se non innocenti spettatori, precisamente i milioni di lavoratori che persero i loro posti di lavoro e i milioni di famiglie che persero le loro abitazioni.
Mentre il film tocca gli aspetti essenziali in modo giusto, la vera storia di quello che accadde è profondamente sconveniente per alcuni individui molto ricchi e potenti. Costoro, ed i loro sicari, hanno di conseguenza passato anni nel diffondere un punto di vista alternativo, che l’operatore finanziario e blogger Barry Ritholtz definisce la Grande Bugia. Si tratta di un punto di vista che colloca tutta la responsabilità della crisi finanziaria, come vi potete immaginare, sul ‘troppo’ Governo, in particolare sulle agenzie finanziate dal Governo che si suppone abbiano insistito nel realizzare troppi mutui con la povera gente.
Non conta che le presunte prove di questo punto di vista siano state completamente smentite, o che prima della crisi alcuni degli stessi individui prezzolati avessero attaccato queste agenzie non per aver fatto troppi prestiti ai poveri, ma per non averne fatti abbastanza. Se la testimonianza storica va in direzione opposta a quello che interessi potenti vogliono che crediate, ebbene, si tratta soltanto di riscrivere la storia. E la ripetizione costante, in special modo nei media asserviti, fa circolare questo racconto immaginario a prescindere da quante volte si dimostra che esso è falso.
Come volevasi dimostrare, “La grande scommessa” è già oggetto di attacchi al vetriolo da parte dei giornali della catena Murdoch; se il film sarà un successo commerciale e/o se vincerà qualche premio, aspettatevi di vederne molti di più.
La cosa da ricordare, quando vedete questi attacchi, è la ragione per la quale essi avvengono. La verità è che coloro che hanno realizzato “La grande scommessa” li dovrebbero considerare come una sorta di complimento: i protagonisti di quegli attacchi ovviamente si preoccupano che il film possa talmente fare spettacolo per un ampio pubblico, al punto da esporre ad esso la verità. Speriamo che i loro timori siano giustificati.
[1] Un film che esce negli Stati Uniti in questi giorni, del genere alta finanza (e assalti da parte di giovani promettenti), con Brad Pitt e Ryan Gosling. La traduzione del titolo del film (La grande scommessa) è molto libera. Il libro di Michael Lewis, da cui il film è tratto, è stato tradotto con Il grande scoperto. Il termine è comunque riferito, mi sembra, alla individuazione di una aperta situazione irregolare sul mercato finanziario, ed al conseguente tentativo di speculazione.
[2] La Commissione “Pecora” – dal nome del Giudice ed avvocato Ferdinand Pecora, che fu nominato come principale consulente ed investigatore al servizio della commissione stessa – venne istituita dal Senato degli Stati Uniti per approfondire le responsabilità nelle condotte finanziaria che avevano portato alla crisi del 1929 ed indicare linee di riforma del sistema finanziario americano.
Una foto di Ferdinand Pecora nel 1933.
[3] Filosofo, scrittore e poeta spagnolo, nato a Madrid nel 1863 e morto a Roma nel 1952.
[4] Il nome che venne dato alla legge di riforma del sistema finanziario, ovvero dei due congressisti che la proposero.
By mm
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