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L’economia che non-va-così-male, di Paul Krugman (New York Times 7 dicembre 2015)

 

The Not-So-Bad Economy

DEC. 7, 2015

Paul Krugman

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According to the economist Kevin O’Rourke, who has been doing a running comparison between the Great Depression that began in 1929 and the Great Recession that began almost eight years ago, the world has just passed a sad landmark. While the initial slump this time around wasn’t nearly as bad as the collapse from 1929 to 1933, the recovery has been much weaker — and at this point world industrial production is doing worse than it did at the same point in the 1930s. A remarkable achievement!

But the bad news is unevenly distributed. In particular, Europe has done very badly, while America has done relatively well. True, U.S. performance looks good only if you grade on a curve. Still, unemployment has been cut in half, and the Federal Reserve is getting ready to raise interest rates at a time when its counterpart, the European Central Bank, is still desperately seeking ways to boost spending.

Now, I believe that the Fed is making a mistake. But the fact that hiking rates is even halfway defensible is a sign that the U.S. economy isn’t doing too badly. So what did we do right?

The answer, basically, is that the Fed and the White House have mostly worried about the right things. (Congress, not so much.) Their actions fell far short of what should have been done; unemployment should have come down much faster than it did. But at least they avoided taking destructive steps to fight phantoms.

Start with the Fed. In his recent book “The Courage to Act,” Ben Bernanke, the former Fed chairman, celebrates his institution’s willingness to step in and rescue the financial system, which was indeed the right thing to do. But everyone did that.

The real profile in courage was the Fed’s behavior in 2010-11, when it stood fast in the face of demands that it tighten policy despite high unemployment. The pressure was intense, with leading Republicans including Paul Ryan, now the speaker of the House, accusing Mr. Bernanke of “debasing” the dollar and suggesting that he was corruptly aiding President Obama. Hard-money advocates seized on a rise in headline consumer prices, claiming that it was a harbinger of high inflation to come.

But the Fed stuck to its, um, printing presses, arguing that the rise in inflation was a one-time blip driven mainly by oil prices — and it was proved right.

Meanwhile, on the other side of the Atlantic, the European Central Bank gave in to inflation panic, raising interest rates twice in 2011 — and in so doing helped push the euro area into a double-dip recession.

What about the White House? Some of us warned from the beginning that the 2009 stimulus was too small and would fade out too fast, a warning vindicated by events. But it was much better than nothing, and was enacted over scorched-earth opposition from Republicans claiming that it would cause soaring interest rates and a fiscal crisis. Again, this is in strong contrast to Europe, which never did much stimulus and turned quickly to savage austerity in debtor nations.

Unfortunately, the U.S. ended up doing a fair bit of austerity too, partly driven by conservative state governments, partly imposed by Republicans in Congress via blackmail over the federal debt ceiling. But the Obama administration at least tried to limit the damage.

The result of these not-so-bad policies is today’s not-so-bad economy. It’s not a great economy, by any measure: Unemployment is low, but that has a lot to do with a decline in the fraction of the population looking for work, and the weakness of wages ensures that it doesn’t feel like prosperity. Still, things could be worse.

And they may indeed get worse, which is why the Fed’s likely rate hike will be a mistake.

Fed officials believe that the solid job growth of the past couple of years — which happened, by the way, as Obamacare, which conservatives assured us would be a job killer, went into full effect — will continue even if rates go up. I’m among those who believe that America is facing growing drag from the weakness of other economies, especially because a rising dollar is making U.S. manufacturing less competitive. But those officials could be right, in which case waiting to raise rates could mean some acceleration of inflation.

On the other hand, they could be wrong, in which case a rate hike could end the run of good economic news. And this would be much more serious than a modest uptick in inflation, because it’s not at all clear what the Fed could do to fix its mistake.

I’m not sure why this argument, which a number of economists are making, isn’t getting much traction at the Fed. I suspect, however, that officials have been worn down by incessant criticism of their policies, and want to throw the critics a bone.

But those critics have been wrong every step of the way. Why start taking them seriously now?

 

 

L’economia che non-va-così-male, di Paul Krugman

New York Times 7 dicembre 2015

Secondo l’economista Kevin O’Rourke, che ha sviluppato un confronto dal vivo tra la Grande Depressione che cominciò nel 1929 e la Grande Recessione che prese le mosse circa otto anni orsono, il mondo ha appena superato un triste punto di riferimento. Se questa volta la crisi non è stata neanche lontanamente così negativa come il collasso tra il 1929 e il 1933, la ripresa è stata molto più debole – e a questo punto la produzione industriale mondiale sta andando peggio, rispetto a quando era allo stesso punto negli anni ’30 [1]. Un risultato considerevole!

Ma le cattive notizie sono distribuite in modo non uniforme. In particolare, l’Europa sta andando assai male, mentre l’America ottiene risultati relativamente buoni. É vero, l’andamento degli Stati Uniti appare buono soltanto se si distribuisce la valutazione su una curva. Eppure, la disoccupazione si è ridotta della metà e la Federal Reserve si tiene pronta ad elevare o tassi di interesse mentre il suo omologo, la Banca Centrale Europea, sta ancora cercando disperatamente modi per incoraggiare la spesa.

Ora, io credo che la Federal Reserve stia commettendo un errore. Ma il fatto che elevare i tassi sia seppur minimamente difendibile, è un segno che l’economia degli Stati Uniti non sta andando così male. Dunque, che cosa abbiamo fatto nel modo giusto?

Fondamentalmente, la risposta è che la Fed e la Casa Bianca si sono soprattutto preoccupati delle cose giuste (non altrettanto il Congresso). Le loro azioni non sono state all’altezza del bisogno; la disoccupazione sarebbe dovuta diminuire molto più velocemente. Ma almeno hanno evitato di assumere iniziative distruttive per combattere fantasmi.

Partiamo dalla Fed. Nel suo libro recente, “Il Coraggio di agire”, Ben Bernanke, il precedente Presidente della Fed, attribuisce al suo istituto il merito della volontà di intervenire per il salvataggio del sistema finanziario, che è stata in effetti la cosa giusta. Sennonché, l’hanno fatto tutti.

Il vero profilo del coraggio fu nel comportamento della Fed nel 2010-2011, quando prese rapidamente posizione di fronte alle richieste di una politica restrittiva nonostante l’alta disoccupazione. La pressione era elevata, con eminenti repubblicani, incluso Paul Ryan, oggi Presidente della Camera, che accusava Bernanke di “ridurre il valore” del dollaro ed indicava come egli stesse, con una manipolazione, aiutando Obama. I sostenitori della moneta forte afferrarono al volo un aumento nei prezzi complessivi al consumo, per sostenere che erano un annuncio di una elevata inflazione in arrivo.

Ma la Fed, diciamo così, si attaccò alle sue macchine da stampa delle banconote, sostenendo che la crescita dell’inflazione era una momentanea impennata principalmente guidata dai prezzi del petrolio – la qualcosa si dimostrò giusta.

Nel frattempo, sull’altra sponda dell’Atlantico, la Banca Centrale Europea cedette al panico dell’inflazione, elevando i tassi di interesse due volte nel 2011 – e così facendo contribuì a spingere l’area euro in una recessione a due cifre.

Che dire della Casa Bianca? Alcuni di noi misero in guardia sin dagli inizi che le misure di sostegno del 2009 erano troppo piccole e sarebbero svanite troppo presto, un ammonimento confermato dagli eventi. Ma fu meglio che niente, e fu deliberato contro l’opposizione da terra bruciata dei repubblicani che sostenevano che avrebbe provocato un’impennata dei tassi di interesse ed una crisi finanziaria pubblica. Anche questo avvenne in forte contrasto con l’Europa, che non ha mai messo in atto misure di sostegno e si volse rapidamente ad una austerità selvaggia nelle nazioni debitrici.

Sfortunatamente, anche gli Stati Uniti finirono col far propria una discreta austerità, in parte guidata da governi conservatori degli Stati, in parte imposta in Congresso dai repubblicani con il ricatto sul tetto del deficit federale. Ma l’Amministrazione Obama almeno cercò di limitare il danno. Il risultato di queste politiche non-così-negative è l’odierna economia non-così-negativa. Non è una grande economia, da ogni punto di vista: la disoccupazione è bassa, ma questo ha molto a che fare con un declino nella parte della popolazione che cerca lavoro, e la debolezza dei salari garantisce che l’economia non dia l’impressione della prosperità. Eppure, le cose potrebbero andar peggio.

E in effetti possono andar peggio, che è la ragione per la quale il rialzo dei tassi da parte della Fed sarà un errore.

I dirigenti della Fed ritengono che la solida crescita di posti di lavoro degli ultimi due anni – che è avvenuta, per inciso, allorché la riforma della assistenza sanitaria di Obama, che i conservatori assicuravano avrebbe provocato uno sterminio di posti di lavoro, è entrata pienamente in funzione – continuerà anche se i tassi saliranno. Io sono tra coloro che ritengono che l’America stia fronteggiando un crescente effetto di trascinamento dalla debolezza delle altre economie, in particolare perché un dollaro che si sta rivalutando rende il sistema manifatturiero degli Stati Uniti meno competitivo. Ma quei dirigenti potrebbero aver ragione, nel qual caso aspettare ad elevare i tassi potrebbe comportare una qualche accelerazione dell’inflazione.

D’altronde, potrebbero aver torto, nel qual caso un rialzo del tasso potrebbe porre termine alla serie delle buone notizie. E questo potrebbe essere molto più serio di un modesto incremento nell’inflazione, perché non è affatto chiaro cosa la Fed potrebbe fare per rimediare al proprio errore.

Non sono sicuro del perché questo argomento, che viene avanzato da un certo numero di economisti, non stia facendo grandi progressi alla Fed. Ho il sospetto, tuttavia, che i dirigenti siano stati logorati dalle critiche incessanti alle loro politiche, e intendano gettare un osso a quei critici.

Ma quei critici sinora hanno avuto torto ad ogni passaggio. Perché cominciare a prenderli sul serio adesso?

 

[1] Naturalmente, allo stesso punto in termini relativi, ovvero alla stessa distanza temporale dall’inizio della crisi. Il lavoro di Kevin O’Rourke consiste nel paragonare nel tempo l’evoluzione delle due crisi; per questo viene definito “running”, ovvero “dal vivo” (come aggettivo ha il significato di “aperto, vivo, sanguinante”).

 

 

 

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