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Speranza da Parigi, di Paul Krugman (New York Times 14 dicembre 2015)

 

Hope From Paris

Paul KrugmanDEC. 14, 2015

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Did the Paris climate accord save civilization? Maybe. That may not sound like a ringing endorsement, but it’s actually the best climate news we’ve had in a very long time. This agreement could still follow the path of the 1997 Kyoto Protocol, which seemed like a big deal but ended up being completely ineffectual. But there have been important changes in the world since then, which may finally have created the preconditions for action on global warming before it’s too late.

Until very recently there were two huge roadblocks in the way of any kind of global deal on climate: China’s soaring consumption of coal, and the implacable opposition of America’s Republican Party. The first seemed to mean that global greenhouse emissions would rise inexorably no matter what wealthy countries did, while the second meant that the biggest of those wealthy countries was unable to make credible promises, and hence unable to lead.

But there have been important changes on both fronts.

On one side, there is a visible shift in Chinese attitudes — or at any rate, a shift that would be visible if the smog weren’t so thick. Seriously, China faces a huge air quality crisis, brought on largely by coal-burning, which makes it far more willing to wean itself from the worst form of fossil fuel consumption. And China’s economic growth — real income per capita has quadrupled since 1997 — also means that it has a rapidly growing middle class that demands a higher quality of life, including air that’s relatively safe to breathe.

So China is playing a very different role now than it did in the past. One indicator: some of the usual suspects on the right have suddenly changed their line. They used to argue that U.S. emission limits would be useless, because China would just keep polluting; now they’re starting to argue that U.S. action isn’t necessary, because China will cut coal consumption whatever we do.

Which brings us to the U.S. Republican attitudes haven’t changed, except for the worse: the G.O.P. is spiraling ever deeper into a black hole of denial and anti-science conspiracy theorizing. The game-changing news is that this may not matter as much as we thought.

It’s true that America can’t take broad-based action on climate without new legislation, and that won’t happen as long as Republicans retain a lock on the House. But President Obama has moved to limit emissions from power plants — a big part of the solution we need — through executive action. And this move has already had the effect of restoring U.S. climate credibility abroad, letting Mr. Obama take a leading role in Paris.

Still, what reason is there to believe that the accord will really change the world’s trajectory? Nations have agreed both to emission targets and to regular review of their success or failure in meeting those targets; but there are no penalties other than censure for countries that fail to deliver.

And achieving those emission targets would definitely hurt some powerful special interests, since it would mean leaving most of the world’s remaining fossil fuels in the ground, never to be burned. So what will stop the fossil fuel industry from buying enough politicians to turn the accord into a dead letter?

The answer, I’d suggest, is that new technology has fundamentally changed the rules.

Many people still seem to believe that renewable energy is hippie-dippy stuff, not a serious part of our future. Either that, or they have bought into propaganda that portrays it as some kind of liberal boondoggle (Solyndra! Benghazi! Death panels!) The reality, however, is that costs of solar and wind power have fallen dramatically, to the point where they are close to competitive with fossil fuels even without special incentives — and progress on energy storage has made their prospects even better. Renewable energy has also become a big employer, much bigger these days than the coal industry.

This energy revolution has two big implications. The first is that the cost of sharp emission reductions will be much less than even optimists used to assume — dire warnings from the right used to be mostly nonsense, but now they’re complete nonsense. The second is that given a moderate boost — the kind that the Paris accord could provide — renewable energy could quickly give rise to new interest groups with a positive stake in saving the planet, offering an offset to the Kochs and suchlike.

Of course, it could easily go all wrong. President Cruz or President Rubio might scuttle the whole deal, and by the time we get another chance to do something about climate it could be too late.

But it doesn’t have to happen. I don’t think it’s naïve to suggest that what came out of Paris gives us real reason to hope in an area where hope has been all too scarce. Maybe we’re not doomed after all.

 

 

Speranza da Parigi, di Paul Krugman

New York Times 14 dicembre 2015

L’accordo di Parigi sul clima ha salvato la civiltà? Può darsi. Questo può non sembrare un sostegno caloroso, ma effettivamente si tratta della migliore notizia sul clima che abbiamo da lungo tempo. Anche questa intesa potrebbe seguire il percorso del Protocollo di Kyoto del 1997, che sembrò un buon accordo ma finì col diventare completamente inefficace. Ma da allora ci sono stati importanti cambiamenti nel mondo, che potrebbero aver finalmente creato le precondizioni per una iniziativa sul riscaldamento globale, prima che sia troppo tardi.

Sino a poco tempo fa c’erano due sbarramenti sulla strada di qualsiasi accordo generale sul clima: il consumo di carbone che saliva alle stelle da parte della Cina e l’implacabile opposizione da parte del Partito Repubblicano americano. Il primo sembrava comportare che le emissioni globali dei gas serra sarebbero cresciute inesorabilmente a prescindere da quello che i paesi ricchi avessero fatto, mentre il secondo significava che il più grande di quei paesi ricchi era incapace di fare promesse credibili, e di conseguenza incapace di prenderne la guida.

Ma su entrambi i fronti ci sono stati importanti cambiamenti.

Da una parte, c’è un visibile spostamento nelle tendenze cinesi – o in ogni caso, uno spostamento che sarebbe visibile se lo smog non fosse così denso. Per dirla seriamente, la Cina si trova di fronte ad una vasta crisi della qualità dell’aria, provocata in larga parte dalla combustione del carbone, che la rende assai più disponibile a rinunciare alla dipendenza dalla peggiore forma di consumo dei combustibili fossili. E la crescita economica cinese – il reddito reale procapite è quadruplicato a partire dal 1997 – significa anche che essa ha una classe media in rapida crescita che chiede una superiore qualità della vita, inclusa un’aria che sia relativamente sicura da respirare.

Dunque la Cina sta giocando un ruolo molto diverso da quello del passato. Un indicatore: alcuni dei soliti noti, a destra, hanno improvvisamente cambiato la loro linea. Erano soliti sostenere che i limiti alle emissioni sarebbero stati inutili, perché la Cina avrebbe continuato ad inquinare; ora stanno cominciando a sostenere che l’iniziativa degli Stati Uniti non è necessaria, perché la Cina taglierà il consumo di carbone, qualsiasi cosa noi facciamo.

Il che ci porta al fatto che le tendenze dei repubblicani americani non sono cambiate, se non in peggio: il Partito Repubblicano sta avvitandosi sempre più profondamente nel buco nero del negazionismo e della teoria su una cospirazione contro la scienza. Le novità del contesto che sta cambiando è che questo potrebbe non essere così importante come si pensava.

É vero che l’America non può assumere una iniziativa di carattere generale senza una nuova legislazione, e che ciò non accadrà finché i repubblicani mantengono la presa sulla Camera dei Rappresentanti. Ma il Presidente Obama ha spostato i limiti alle emissioni sulle centrali elettriche – una gran parte della soluzione che ci serve – attraverso una iniziativa di competenza dell’esecutivo. E questa mossa ha già avuto l’effetto di ristabilire all’estero una credibilità sul clima degli Stati Uniti, consentendo ad Obama di assumere un ruolo guida a Parigi.

Tuttavia, quale ragione c’è di credere che l’accordo cambierà realmente la traiettoria del mondo? Le nazioni hanno concordato sia gli obbiettivi delle amissioni, sia una regolare verifica del loro successo o del loro fallimento nel raggiungere quegli obbiettivi; ma non ci sono penalizzazioni, aldilà di una censura, per i paesi che non sapranno portarli a termine.

E realizzare quegli obbiettivi alle emissioni chiaramente colpirebbe particolari potenti interessi, dal momento che comporterebbe di lasciare nel suolo gran parte dei residui combustibili fossili, per non essere mai bruciati. Dunque, che cosa impedirà all’industria dei combustibili di comprare un numero sufficiente di uomini politici, in modo da trasformare l’accordo in una lettera morta?

La risposta, direi, è che le nuove tecnologie hanno sostanzialmente cambiato le regole.

Molte persone sembrano ancora credere che le energie rinnovabili siano roba da stravaganti figli dei fiori, e non una seria componente del nostro futuro. O si tratta di quello, oppure sono abbindolati dalla propaganda che le descrive come fregature dei progressisti (Solyndra! Bengasi! I tribunali della morte! [1]). La realtà, tuttavia, è che i costi dell’energia solare ed eolica sono caduti in modo spettacolare, al punto che essi sono prossimi ad essere competitivi con i combustibili fossili anche senza speciali incentivi – ed il progresso sull’immagazzinamento dell’energia ha reso le loro prospettive persino migliori. Le energie rinnovabili sono anche diventate grandi occasioni di occupazione, molto più grandi, di questi tempi, dell’industria del carbone.

Questa rivoluzione energetica ha due grandi implicazioni. La prima è che il costo di brusche riduzioni nelle emissioni sarà molto minore di quello che persino gli ottimisti erano soliti considerare – i tremendi ammonimenti da parte della destra erano di solito in gran parte insensati, ma adesso sono completamente insensati. Il secondo è che, grazie ad un moderato sostegno – del genere di quello che l’accordo di Parigi fornirebbe – le energie rinnovabili potrebbero rapidamente dar luogo nuovi gruppi di interesse per i quali ci sarebbe una vantaggiosa posta in gioco nel salvare il pianeta, bilanciando l’influenza dei fratelli Koch e compagni.

Ovviamente, tutto potrebbe facilmente andare storto. Presidenti come Cruz o come Rubio potrebbero mandare all’aria l’intero accordo, e prima che si abbia un’altra possibilità di fare qualcosa sul clima, potrebbe essere troppo tardi.

Ma non deve accadere. Io non penso che sia ingenuo suggerire che quello che viene fuori dall’accordo di Parigi ci offre una ragione reale per sperare, su una materia nella quale la speranza è stata anche troppo esigua. Dopo tutto, forse non siamo spacciati.

 

[1] Tre episodi della propaganda della destra americana. Solyndra è il nome di una società fallita che operava nel settore delle energie rinnovabili. Bengasi e i ‘tribunali della morte’ li abbiamo inveceincontrati varie volte. 

 

 

 

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