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Creare ed utilizzare i modelli (dal blog di Krugman, 2 gennaio 2016)

 

Making And Using Models

January 2, 2016 10:07 am

Larry Summers, Brad DeLong, and yours truly are having a bit of a three-cornered dialogue about the role of models in policy, set off by Larry’s initial post about why he believes the Fed is making a mistake in raising rates. We’re now in round two – and before I get to the specifics, let me ask: Don’t you wish real life were like this? (Let me pull John Maynard Keynes out from behind this sign.)

I mean, we’re having a serious discussion by people who have thought hard about these topics, and more than that, have a long history of hard thinking about economics. To the extent that the three of us differ, it’s not based on knee-jerk ideology, or simplistic slogans. Oh, and on the immediate question of whether the Fed should raise rates, we’re all agreed that it should not.

Compare this with what mainly happens in economic debate. Oh well.

Anyway, Larry now comes back with an assertion that his case against a rate hike rests largely on supply-side uncertainty, where I think textbook demand-side economics is already enough; and also with a statement that he’s OK in principle with policy judgments that aren’t based on models, and a critique of my Mundell-Fleming lecture arguing that policymakers’ fears that deficits can cause a disastrous loss of confidence don’t make sense. Brad responds by wondering exactly how the policymakers could be right in this case.

And that really gets at my point, which is not that existing models are always the right guide for policy, but that policy preferences should be disciplined by models. If you don’t believe the implications of the standard model in any area, OK; but then give me a model, or at least a sketch of a model, to justify your instincts.

What, after all, are economic models for? They are definitely not Truth. They are, however, a way to make sure that the stories you tell hang together, that they involve some plausible combination of individual behavior and interaction of those plausibly behaving individuals.

Take, for example, the famous open letter to Ben Bernanke demanding that he call off quantitative easing. The signatories declared that “The planned asset purchases risk currency debasement and inflation, and we do not think they will achieve the Fed’s objective of promoting employment.” OK, how is that supposed to work? What model of the inflation process do you have in which an expansion of the Fed’s balance sheet translates into inflation without causing an overheating of the labor market first? I’m not saying that there is no possible story along those lines, but spell it out so we can see how plausible it is.

What I said in my Mundell-Fleming lecture was that simple models don’t seem to have room for the confidence crises policymakers fear – and that I couldn’t find any plausible alternative models to justify those fears. It wasn’t “The model says you’re wrong”; it was “Show me a model”.

The reason I’ve been going on about such things is that since 2008 we’ve repeatedly seen policymakers overrule or ignore the message of basic macro models in favor of instincts that, to the extent they reflect experience at all, reflect experience that comes from very different economic environments. And these instincts have, again and again, proved wrong – while the basic models have done well. The models aren’t sacred, but the discipline of thinking things through in terms of models is really important.

 

Creare ed utilizzare i modelli

É in corso tra Larry Summers, Brad DeLong ed il sottoscritto una specie di dialogo triangolare sul ruolo dei modelli nella politica, avviato da un post iniziale di Larry sui motivi per i quali egli ritiene che la Fed stia facendo un errore nell’alzare i tassi di interesse. Siamo adesso al secondo giro – e prima che passi al merito, fatemi porre questa domanda: non vorreste che la vita reale fosse così? (fatemi tirar fuori John Maynard Keynes da dietro questo pretesto [1]).

Voglio dire, è in corso una discussione seria tra persone che hanno ragionato a fondo su queste tematiche, e oltre a ciò, hanno una lunga storia di pensieri approfonditi sull’economia. Nelle misura in cui i tre hanno opinioni diverse, ciò non dipende da una ideologia impulsiva o da banali slogan. Inoltre, sulla domanda immediata se la Fed dovrebbe elevare i tassi, tutti e tre concordano che non dovrebbe.

Confrontate tutto questo con quello che principalmente avviene nel dibattito economico. Lasciamo perdere.

In ogni modo, Larry adesso ritorna con un giudizio secondo il quale la sua tesi contraria ad un rialzo dei tassi si basa ampiamente su una incertezza dal lato dell’offerta, laddove io penso che l’economia da libro di testo dal lato della domanda sia già sufficiente; ed anche con una affermazione secondo la quale egli sarebbe favorevole in via di principio a giudizi politici che non siano basati su modelli, e con una critica alla mia conferenza in occasione del Mundell-Fleming [2], dove sostenevo che i timori degli operatori pubblici che i deficit possano provocare una disastrosa perdita di fiducia non hanno senso. Brad replica chiedendosi per quale mai ragione gli operatori pubblici dovrebbero in questo caso aver ragione.

E ciò si avvicina realmente alla mia opinione, che non è quella per cui i modelli esistenti siano sempre la guida giusta per la politica, ma che le preferenze della politica dovrebbero essere disciplinate da modelli. Potete non credere nelle implicazioni del modello standard in una qualsiasi area; ma datemi un modello, o almeno uno schizzo di modello, che giustifichi i vostri istinti.

Dopo tutto, a cosa servono i modelli? Chiaramente, essi non sono la verità. Tuttavia, sono un modo per accertare che le storie che raccontate stanno insieme, che esse riguardano una qualche plausibile combinazione di comportamenti individuali e l’interazione di tali plausibili comportamenti individuali.

Si prenda, ad esempio, la famosa lettera aperta a Ben Bernanke che chiedeva che egli annullasse la facilitazione quantitativa. I firmatari dichiaravano che “Gli acquisti programmati di asset rischiano di provocare una perdita di valore del dollaro e l’inflazione, e noi non pensiamo che realizzeranno l’obbiettivo della Fed di promuovere occupazione”. Va bene: come si pensa che tutto questo funzioni? Quale modello di inflazione avete per il quale una espansione degli equilibri patrimoniali della Fed si traduca in inflazione, senza provocare anzitutto un surriscaldamento del mercato del lavoro? Non sto affermando che non esista alcuna possibile spiegazione lungo queste linee, ma ditela in dettaglio, in modo che si possa vedere quanto è plausibile.

Quello che io dicevo nella mia conferenza al Mundell-Fleming era che non sembra esserci spazio per le crisi di fiducia che gli operatori della politica temono – e che non sapevo trovare alcun plausibile modello alternativo che giustificasse quelle paure. La mia posizione non era “Il modello dice che avete torto”; era “Mostratemi un modello”.

La ragione per la quale sto procedendo con ragionamenti del genere è che a partire dal 2008 abbiamo ripetutamente visto gli operatori della politica rigettare o ignorare i modelli macroeconomici di base a favore di istinti che, nella misura in cui riflettono davvero una esperienza, riflettono una esperienza che proviene da contesti economici molto diversi. E questi istinti si sono mostrati, in continuazione, sbagliati – mentre i modelli di base hanno operato correttamente. I modelli non sono sacri, ma la disciplina di ragionare in termini di modelli è davvero importante.

 

 

[1] In connessione appare una scena con Woody Allen che dovrebbe appartenere al film Annie Hall (in italiano, Io e Annie), scena che si conclude con un curioso incontro nientemeno che con Marshall McLuhan, che all’epoca (morì nel 1980) era un filosofo canadese, studioso degli effetti prodotti dalla comunicazione sulla società e sugli individui. La cancellazione e la sua sostituzione di una parola (Keynes al posto di McLuhan), in genere, è una tecnica ironica. Sarebbe come dire, suppongo, che Krugman sta chiedendosi se il genere di dibattito tra i tre economisti non indichi il valore civico potenziale del keynesismo nella vita reale, chiamando a testimoniare un grande esperto come McLuhan, preso a prestito da un film di Woody Allen.

zz 57

 

 

 

 

 

 

 

 

[2] Si tratta della conferenza dei 27 ottobre 2013 dal titolo “Regimi valutari, flussi dei capitali e crisi”. É qua tradotta, nella sezione ‘Saggi ed articoli su riviste’.

 

 

 

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