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Le elezioni hanno conseguenze, di Paul Krugman (New York Times 4 gennaio 2016)

 

Elections Have Consequences

Paul KrugmanJAN. 4, 2016

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You have to be seriously geeky to get excited when the Internal Revenue Service releases a new batch of statistics. Well, I’m a big geek; like quite a few other people who work on policy issues, I was eagerly awaiting the I.R.S.’s tax tables for 2013, which were released last week.

And what these tables show is that elections really do have consequences.

You might think that this is obvious. But on the left, in particular, there are some people who, disappointed by the limits of what President Obama has accomplished, minimize the differences between the parties. Whoever the next president is, they assert — or at least, whoever it is if it’s not Bernie Sanders — things will remain pretty much the same, with the wealthy continuing to dominate the scene. And it’s true that if you were expecting Mr. Obama to preside over a complete transformation of America’s political and economic scene, what he’s actually achieved can seem like a big letdown.

But the truth is that Mr. Obama’s election in 2008 and re-election in 2012 had some real, quantifiable consequences. Which brings me to those I.R.S. tables.

For one of the important consequences of the 2012 election was that Mr. Obama was able to go through with a significant rise in taxes on high incomes. Partly this was achieved by allowing the upper end of the Bush tax cuts to expire; there were also new taxes on high incomes passed along with the Affordable Care Act, a.k.a. Obamacare.

If Mitt Romney had won, we can be sure that Republicans would have found a way to prevent these tax hikes. And we can now see what happened because he didn’t. According to the new tables, the average income tax rate for 99 percent of Americans barely changed from 2012 to 2013, but the tax rate for the top 1 percent rose by more than four percentage points. The tax rise was even bigger for very high incomes: 6.5 percentage points for the top 0.01 percent.

These numbers aren’t enough to give us a full picture of taxes at the top, which requires taking account of other taxes, especially taxes on corporate profits that indirectly affect the income of stockholders. But the available numbers are consistent with Congressional Budget Office projections of the effects of the 2013 tax increases — projections which said that the effective federal tax rate on the 1 percent would rise roughly back to its pre-Reagan level. No, really: for top incomes, Mr. Obama has effectively rolled back not just the Bush tax cuts but Ronald Reagan’s as well.

The point, of course, was not to punish the rich but to raise money for progressive priorities, and while the 2013 tax hike wasn’t gigantic, it was significant. Those higher rates on the 1 percent correspond to about $70 billion a year in revenue. This happens to be in the same ballpark as both food stamps and budget office estimates of this year’s net outlays on Obamacare. So we’re not talking about something trivial.

Speaking of Obamacare, that’s another thing Republicans would surely have killed if 2012 had gone the other way. Instead, the program went into effect at the beginning of 2014. And the effect on health care has been huge: according to estimates from the Centers for Disease Control and Prevention, the number of uninsured Americans fell 17 million between 2012 and the first half of 2015, with further declines most likely ahead.

So the 2012 election had major consequences. America would look very different today if it had gone the other way.

Now, to be fair, some widely predicted consequences of Mr. Obama’s re-election — predicted by his opponents — didn’t happen. Gasoline prices didn’t soar. Stocks didn’t plunge. The economy didn’t collapse — in fact, the U.S. economy has now added more than twice as many private-sector jobs under Mr. Obama as it did over the same period of the George W. Bush administration, and the unemployment rate is a full point lower than the rate Mr. Romney promised to achieve by the end of 2016.

In other words, the 2012 election didn’t just allow progressives to achieve some important goals. It also gave them an opportunity to show that achieving these goals is feasible. No, asking the rich to pay somewhat more in taxes while helping the less fortunate won’t destroy the economy.

So now we’re heading for another presidential election. And once again the stakes are high. Whoever the Republicans nominate will be committed to destroying Obamacare and slashing taxes on the wealthy — in fact, the current G.O.P. tax-cut plans make the Bush cuts look puny. Whoever the Democrats nominate will, first and foremost, be committed to defending the achievements of the past seven years.

The bottom line is that presidential elections matter, a lot, even if the people on the ballot aren’t as fiery as you might like. Don’t let anyone tell you otherwise.

 

 

Le elezioni hanno conseguenze, di Paul Krugman

New York Times 4 gennaio 2016

Dovete essere sul serio dei fanatici se vi eccitate quando l’Internal Revenue Service [1] rilascia una nuova serie di statistiche. Ebbene, io sono un grande fanatico: come parecchie altre persone che lavorano sui temi della politica, ero impazientemente in attesa dei prospetti delle imposte del 2013 dell’IRS, che sono state pubblicate la settimana scorsa.

E quello che questi prospetti mostrano è che elezioni hanno davvero conseguenze reali.

Potreste pensare che sia ovvio. Ma in particolare a sinistra, ci sono persone che, deluse dai limiti di ciò che è stato realizzato dal Presidente Obama, minimizzano le differenze tra i Partiti. Chiunque sarà il prossimo Presidente, assicurano – o almeno, chiunque lo sarà a meno che non si tratti di Bernie Sanders – le cose resteranno più o meno le stesse, con i ricchi che continueranno a dominare la scena. Ed è vero che se vi aspettavate che il signor Obama stesse in carica per governare una completa trasformazione dello scenario economico e politico americano, quello che in effetti ha realizzato può sembrare una grande delusione.

Ma la verità è che l’elezione di Obama nel 2008 e la rielezione nel 2012 hanno avuto alcune conseguenze, reali e quantificabili. La qualcosa mi riporta a quei prospetti dell’IRS.

Perché una delle conseguenze importanti delle elezioni del 2012 è stata che Obama è stato capace di portare a compimento una significativa crescita del gettito fiscale sui redditi alti. In parte questo è stato ottenuto facendo in modo che l’estremità superiore degli sgravi fiscali di Bush andasse ad esaurimento [2]; ci sono anche state nuove tasse sui redditi alti approvate assieme alla Legge sulla Assistenza Sostenibile, anche nota come Obamacare.

Se avesse vinto Mitt Romney, si può esser certi che i repubblicani avrebbero trovato un modo per impedire quegli aumenti fiscali. E, dato che non vinse, oggi possiamo constatare cosa è accaduto. Secondo le nuove tabelle, la aliquota media sulle tasse sul reddito, tra il 2012 ed il 2013, è appena cambiata per il 99 per cento degli americani, ma la aliquota fiscale per l’1 per cento dei più ricchi è cresciuta di più di quattro punti percentuali. Per i redditi molto alti la crescita fiscale è stata anche maggiore: 6,5 punti percentuali per lo 0,01 per cento dei ricchissimi.

Questi numeri non sono sufficienti a fornirci un quadro completo delle tasse ai livelli più alti, che richiederebbe di metter nel conto altre imposte, in particolare le tasse sui profitti di impresa che indirettamente influenzano i redditi dei proprietari di azioni. Ma i dati disponibili sono coerenti con le previsioni del Congressional Budget Office sugli effetti degli incrementi fiscali del 2013 – previsioni che dicevano che l’effettiva aliquota fiscale federale sull’1 per cento sarebbe cresciuta grosso modo tornando al livello precedente a Reagan. Proprio così: per i redditi più alti, Obama non è soltanto tornato indietro rispetto agli sgravi fiscali di Bush, ma anche rispetto a quelli di Reagan.

Il punto, ovviamente, non è stato punire i ricchi ma raccogliere soldi per le priorità dei progressisti, e se gli aumenti fiscali del 2013 non sono stati giganteschi, sono stati significativi. Quelle aliquote più elevate sull’1 per cento corrispondono a circa 70 miliardi di dollari all’anno di entrate. Si dà il caso che questa sia la stessa stima degli aiuti delle tessere alimentari e delle previsioni dell’Ufficio del Bilancio per quest’anno sugli esborsi netti sulla riforma sanitaria di Obama. Dunque, non stiamo parlando di qualcosa di banale.

Parlando delle riforma sanitaria di Obama, quella è un’altra cosa che sicuramente i repubblicani avrebbero liquidato, se il 2012 fosse andato diversamente. Invece, il programma è entrato in funzione nel 2014. E gli effetti sull’assistenza sanitaria sono stati vasti: secondo le stime dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, il numero degli americani non assicurati è caduto di 17 milioni tra il 2012 e la prima metà del 2015, con ulteriori cali del tutto probabili nel futuro.

Dunque, le elezioni del 2012 ebbero importanti conseguenze. Se fossero andate in altro modo, l’America di oggi apparirebbe molto diversa.

Ora, per esser giusti, alcune conseguenze generalmente previste della rielezione di Obama – previste dai suoi avversari – non ci sono state. I prezzi della benzina non sono schizzati in alto. Le azioni non sono crollate. L’economia non ha collassato – nei fatti, l’economia statunitense è cresciuta con Obama di più del doppio in posti di lavoro del settore privato di quello che era cresciuta nello stesso periodo della Amministrazione di George Bush, e il tasso di disoccupazione è più basso di un punto intero, rispetto al tasso che il signor Romney aveva promesso di ottenere per la fine del 2016.

In altre parole, le elezioni del 2012 non hanno solo permesso ai progressisti di ottenere alcuni importanti risultati. Hanno anche offerto loro una opportunità per dimostrare che realizzare questo obbiettivi è fattibile. No, chiedere a ricchi di pagare un po’ di tasse in più nel mentre si aiutano coloro che sono meno fortunati non comporta la distruzione dell’economia.

Adesso, dunque, ci stiamo dirigendo verso altre elezioni presidenziali. E ancora una volta la posta in gioco è elevata. Chiunque i repubblicani scelgano alla nomination si impegnerà a distruggere la riforma sanitaria di Obama e a decurtare le tasse sui ricchi – di fatto, gli attuali programmi di sgravi fiscali del Partito Repubblicano fanno apparire irrisori i tagli di Bush. Chiunque i democratici nominino, prima di tutto, sarà impegnato a difendere le realizzazioni dei sette anni passati.

La morale della favola è che le elezioni contano molto, anche se gli individui che sono candidati non sono così impetuosi come vi piacerebbe. Non consentite a nessuno di raccontare cose diverse.

 

 

 

[1] IRS: Servizio Nazionale delle Entrate. L’omologo della Agenzia delle Entrate.

[2] Gli sgravi fiscali che furono fortemente voluti dalla Amministrazione di George Bush furono introdotti con un limite temporale, per eludere lo scoglio della maggioranza qualificata che altrimenti sarebbe stata necessaria per la loro approvazione. Si pensava che, giunti alla scadenza temporale, sarebbero probabilmente state considerate definitive. Ma almeno per i redditi più alti, Obama decise che quei provvedimenti spirassero.

 

 

 

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