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Il Partito dei ritornelli, di Paul Krugman (New York Times 8 febbraio 2016)

 

The Time-Loop Party

Paul KrugmanFEB. 8, 2016

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By now everyone who follows politics knows about Marco Rubio’s software-glitch performance in Saturday’s Republican debate. (I’d say broken-record performance, but that would be showing my age.) Not only did he respond to a challenge from Chris Christie about his lack of achievements by repeating, verbatim, the same line from his stump speech he had used a moment earlier; when Mr. Christie mocked his canned delivery, he repeated the same line yet again.

In other news, last week — on Groundhog Day, to be precise — Republicans in the House of Representatives cast what everyone knew was a purely symbolic, substance-free vote to repeal Obamacare. It was the 63rd time they’ve done so.

These are related stories.

Mr. Rubio’s inability to do anything besides repeat canned talking points was startling. Worse, it was funny, which means that it has gone viral. And it reinforced the narrative that he is nothing but an empty suit. But really, isn’t everyone in his party doing pretty much the same thing, if not so conspicuously?

The truth is that the whole G.O.P. seems stuck in a time loop, saying and doing the same things over and over. And unlike Bill Murray’s character in the movie “Groundhog Day,” Republicans show no sign of learning anything from experience.

Think about the doctrines every Republican politician now needs to endorse, on pain of excommunication.

First, there’s the ritual denunciation of Obamacare as a terrible, very bad, no good, job-killing law. Did I mention that it kills jobs? Strange to say, this line hasn’t changed at all despite the fact that we’ve gained 5.7 million private-sector jobs since January 2014, which is when the Affordable Care Act went into full effect.

Then there’s the assertion that taxing the rich has terrible effects on economic growth, and conversely that tax cuts at the top can be counted on to produce an economic miracle.

This doctrine was tested more than two decades ago, when Bill Clinton raised tax rates on high incomes; Republicans predicted disaster, but what we got was the economy’s best run since the 1960s. It was tested again when George W. Bush cut taxes on the wealthy; Republicans predicted a “Bush boom,” but actually got a lackluster expansion followed by the worst slump since the Great Depression. And it got tested a third time after President Obama won re-election, and tax rates at the top went up substantially; since then we’ve gained eight million private-sector jobs.

Oh, and there’s also the spectacular failure of the Kansas experiment, where huge tax cuts have created a budget crisis without delivering any hint of the promised economic miracle.

But Republican faith in tax cuts as a universal economic elixir has, if anything, grown stronger, with Mr. Rubio, in particular, going even further than the other candidates by promising to eliminate all taxes on capital gains.

Meanwhile, on foreign policy the required G.O.P. position has become one of utter confidence in the effectiveness of military force. How did that work in Iraq? Never mind: The only reason anybody in the world fails to do exactly what America wants must be because our leadership is lily-livered if not treasonous. And diplomacy, no matter how successful, is denounced as appeasement.

Not incidentally, the shared Republican stance on foreign policy is basically the same view Richard Hofstadter famously described in his essay “The Paranoid Style in American Politics”: Whenever America fails to impose its will on the rest of the world, it must be because it has been betrayed. The John Birch Society has won the war for the party’s soul.

But don’t all politicians spout canned answers that bear little relationship to reality? No.

Like her or not, Hillary Clinton is a genuine policy wonk, who can think on her feet and clearly knows what she is talking about on many issues. Bernie Sanders is much more of a one-note candidate, but at least his signature issue — rising inequality and the effects of money on politics — reflects real concerns. When you revisit Democratic debates after what went down Saturday, it doesn’t feel as if you’re watching a different party, it feels as if you’ve entered a different intellectual and moral universe.

So how did this happen to the G.O.P.? In a direct sense, I suspect that it has a lot to do with Foxification, the way Republican primary voters live in a media bubble into which awkward facts can’t penetrate. But there must be deeper causes behind the creation of that bubble.

Whatever the ultimate reason, however, the point is that while Mr. Rubio did indeed make a fool of himself on Saturday, he wasn’t the only person on that stage spouting canned talking points that are divorced from reality. They all were, even if the other candidates managed to avoid repeating themselves word for word.

 

Il Partito dei ritornelli [1], di Paul Krugman

New York Times 8 febbraio 2016

Ormai chiunque segue la politica è al corrente della difettosa prestazione che il software di Marco Rubio ha evidenziato nel dibattito repubblicano di sabato (dovrei dire una prestazione da disco rotto, ma sarebbe come rivelare la mia età). Non solo egli ha risposto ad un sfida di Chris Christie sulle sua mancanza di risultati ripetendo, alla lettera, la stessa riga dal discorso sconcertante che aveva pronunciato un momento prima; quando Christie ha ironizzato sulle sue preconfezionate doti oratorie, egli ha ripetuto un’altra volta la stessa frase.

Altre notizie ci dicono che la scorsa settimana – precisamente il Giorno della Marmotta [2] – i repubblicani alla Camera dei Rappresentanti hanno messo in scena quello che tutti sapevano essere un atto puramente simbolico, la votazione priva di effetti per abrogare la riforma della assistenza di Obama. Era la sessantatreesima volta che lo facevano.

Tra queste storie c’è un nesso.

L’incapacità del signor Rubio di fare niente oltre il ripetere argomenti di conversazione preconfezionati è stata stupefacente. Peggio, è stata buffa, il che significa che è diventata virale. Ed ha rafforzato la voce secondo la quale egli non sarebbe niente se non un vestito vuoto. Ma, in realtà, non stanno tutti facendo la stessa cosa nel suo partito, anche se non in modo così vistoso?

La verità è che l’intero Partito Repubblicano appare bloccato in un ritornello, dicendo e facendo in continuazione le stesse cose. E diversamente dal personaggio interpretato da Bill Murray nel film “Ricomincio da capo” [3], i repubblicani non mostrano di apprendere niente dall’esperienza.

Si pensi alle dottrine che al giorno d’oggi ogni repubblicano deve sostenere, pena la scomunica.

Anzitutto, c’è la denuncia rituale della riforma sanitaria di Obama, legge terribile, negativissima, che non porta niente di buono e distrugge posti di lavoro. Ho ricordato che distrugge i posti di lavoro? Strano a dirsi, questa frase non è cambiata in nulla nonostante il fatto che si siano guadagnati 5,7 milioni di posti di lavoro nel settore privato a partire dal gennaio 2014, ovvero da quando la Legge sulla Assistenza Sostenibile è entrata in funzione.

Poi c’è il giudizio secondo il quale tassare i ricchi ha effetti terribili sulla crescita economica, e di converso che si può far conto sugli sgravi fiscali sui più ricchi per produrre un miracolo economico.

Questa dottrina venne messa alla prova più di due decenni orsono, quando Bill Clinton elevò le aliquote fiscali sugli alti redditi; i repubblicani previdero un disastro, ma ciò che avemmo fu il migliore andamento dell’economia dagli anni ’60. Fu ancora messa alla prova quando George W. Bush tagliò le tasse sui ricchi; i repubblicani previdero un “boom di Bush”, ma effettivamente si ottenne una scialba espansione seguita dalla crisi peggiore dalla Grande Depressione. Ed è stata provata una terza volta, dopo che il Presidente Obama ottenne le rielezione, e le aliquote fiscali sui più ricchi salirono sostanzialmente; da allora abbiamo guadagnato otto milioni di posti di lavoro nel settore privato.

Infine, c’è anche lo spettacolare fallimento dell’esperimento del Kansas, dove ampi sgravi fiscali hanno creato una crisi di bilancio senza produrre alcun cenno del promesso miracolo economico.

Ma la fiducia repubblicana negli sgravi fiscali come elisir economico universale è diventata, semmai, più forte, in particolare con il signor Rubio, che va persino oltre gli altri candidati, promettendo di eliminare tutte le tasse sui profitti da capitale.

Nel frattempo, in politica estera la posizione obbligata del Partito Repubblicano è diventata quella della fiducia assoluta sulla efficacia della forza militare. Come funzionò in Iraq? Non conta: la sola ragione per la quale qualcuno nel mondo non fa esattamente quello che vuole l’America, deve essere a causa della nostra leadership, che è senza spina dorsale se non traditrice. E la diplomazia, anche se ha successi, è denunciata come compromissoria.

Non a caso, la posizione condivisa dai repubblicani sulla politica estera coincide con il punto di vista che Richard Hofstadter notoriamente descrisse nel suo saggio “Lo stile paranoide nella politica americana”. Ogni qualvolta l’America non riesce ad imporre la sua volontà al resto del mondo, deve essere perché è stata tradita. La John Birch Society [4] ha conquistato l’anima del Partito.

Ma sputare risposte preconfezionate che hanno poco rapporto con la realtà, non è quello che fanno tutti gli uomini politici? No.

Che vi piaccia o no, Hillary Clinton è una esperta autentica di politica, che può prendere una decisione su due piedi e chiaramente sa di quello di cui sta parlando su molti temi. Bernie Sanders è molto di più che un candidato monocorde, ma almeno il suo tema distintivo – la crescente ineguaglianza e gli effetti del denaro sulla politica – riflette preoccupazioni reali. Se si vanno a rivedere i dibattiti democratici dopo quello a cui si è assistito sabato, non si ha l’impressione si osservare un partito diverso, si ha l’impressione di essere entrati in un mondo intellettuale e morale diverso.

Dunque, come è successo tutto questo al Partito repubblicano? La spiegazione più immediata ritengo che abbia molto a che fare con la foxizzazione [5], ovvero quanto gli elettori repubblicani delle primarie vivono dentro una bolla mediatica nella quale i fatti scomodi non possono penetrare. Ma, oltre la creazione di quella bolla, ci devono essere cause più profonde.

Qualsiasi sia la ragione definitiva, tuttavia, il punto è che mentre il signor Rubio sabato ha fatto proprio la figura dello sciocco, egli non era l’unica persona su quel palco che sputava argomenti di conversazione preconfezionati che non hanno niente in comune con la realtà. Erano tutti così, anche se gli altri candidati cercavano di evitare di ripetersi parola per parola.

 

[1] La alternativa mi pare sia tra il lasciarlo in inglese (“time loop” è un termine di origine informatica, indica una funzione che si ripete; più in astratto può indicare la tendenza a ripetere comportamenti ed eventi, come tornando indietro nel tempo e al tempo stesso dimostrando l’immodificabilità di quanto è già accaduto); oppure il ricorrere al più generico ma meno lambiccato ‘ritornello’.

[2] Il Giorno della Marmotta, il 2 di febbraio, è una festività americana, durante la quale, secondo il folklore, si osserva il comportamento di una marmotta per determinare la durata dell’inverno.

[3] Titolo italiano del film del 1993, dove avviene un fenomeno di “time loop”. Phil Connors è un insopportabile meteorologo televisivo che, controvoglia, deve recarsi nella piccola città di Punxsutawney, in Pennsylvania, per fare un reportage sulla tradizionale ricorrenza del Giorno della marmotta.

Qui però rimane intrappolato in un circolo temporale: ogni mattina, alle 06.00 in punto, viene svegliato dalla radio che trasmette sempre lo stesso brano musicale (I Got You Babe di Sonny & Cher), e da allora la giornata trascorre inesorabilmente allo stesso modo della precedente. Gli eventi si ripetono esattamente uguali ogni giorno, e lui ben presto impara a sfruttarli per passare una giornata stravagante, spendere soldi, conquistare donne. (Wikipedia)

[4] La John Birch Society (JBS) è un’associazione politica statunitense ultraconservatrice che promulga ideali discriminatori e spesso d’estrema destra quali il razzismo, l’antisemitismo, l’omofobia, e l’anticomunismo. Il fondatore Robert W. Welch Jr. (1899–1985) nel 1958 sviluppò un’elaborata infrastruttura organizzativa all’interno dell’associazione per avere controllo assoluto su tutte le filiali dell’organizzazione sparse sul territorio degli Stati Uniti.

Originariamente a Belmont (Massachusetts), la sede principale della JBS è ora situata a Appleton (Wisconsin), con filiali sparse in più di 50 Stati. L’organizzazione è proprietaria della American Opinion Publishing, che pubblica il giornale quattordicinale The New American. (Wikipedia)

[5] Dal canale televisivo di destra Fox News.

 

 

 

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