Blog di Krugman

La mancanza di potere corrompe (19 febbraio 2016)

 

Lack Of Power Corrupts

February 19, 2016 12:28 pm

Personally, I’m sick of the Sanders/Clinton thing; I didn’t want to write about it for today. But one of my mottos for column-writing has been “if it feels bad, do it.” If I would really like to avoid a topic because it makes life uncomfortable and will predictably lead to another wave of angry mail, that’s probably a good indication that it’s important. Still, I hope that I won’t have to do more columns like that.

But there is one other aspect of this discussion I do think should be aired, involving incentives and motives.

What you get a lot from Bernie supporters are accusations of bad faith. (The response to the critique of the CEA chairs seems to be 1. The campaign bears no responsibility for projections it eagerly endorsed 2. Anyway, the projections are right 3. They’re shilling for Hillary!) In general, feeling the Bern all too often seems to mean accusing anyone who doesn’t of corruption. So how should we think about such things?

First of all, yes, corruption — including corruption of alleged experts — really does happen. It tends to be a much bigger issue on the right, simply because there’s so much more money and so many fewer scruples. I’ve been saying for a while that there are three kinds of economists: liberal professional economists, conservative professional economists, and professional conservative economists. The fourth box is mostly empty, for lack of funding. Still, it would be naive to claim that keeping access to prospects for corporate consulting gigs and suchlike has no effect on policy arguments.

But it’s also naive, and destructive, to presume that that’s all there is. You don’t have to be a corporate hireling or a Hillary shill to be taken aback when a Democratic campaign endorses economic projections that are even more outlandish than the Republican fantasies you were ridiculing just the other day. And you really, really don’t want to go down the rabbit hole of assessing all substantive arguments solely on their political convenience, and assuming that nobody who disagrees with you might honestly, you know, disagree with you. That’s what right-wing apparatchiks do, and you don’t want to emulate them.

And it’s also important, I’d argue, to understand that to the extent that personal ambition distorts analysis — which it surely does for everyone, because none of us are saints — that’s not a phenomenon unique to well-connected insiders. For sure, big money and/or the prospect of big influence are much more powerful corrupting forces than what I’m about to describe. But they’re not the only sources of impurity.

Imagine an economist who has some following but is, for whatever reason, not in the nomenklatura of policy wonks who typically get called upon to advise officials, give speeches at financial conferences, whatever. That might be because said economist holds views that are considered too heterodox; it might be because he is too honest about the corruption of the mighty; or it might be because insider circles don’t consider him especially insightful or even technically competent — which in turn could be a huge injustice, or possibly kind of true. Whatever the reasons, he is or feels himself to be on the outside looking in

Now imagine that our outsider encounters a situation in which another outsider, this time in the sphere of politics, has some chance of staging an upset victory. It should be obvious that our outsider economist has every personal incentive to throw his lot in with the political outsider — even if the politician’s chances of winning are relatively small, even if his campaign could bring about disaster because it’s not ready for the challenges of the larger world. The point is that if the outsider politician should happen to pull it off, it will give the outsider economist a seat at the table, which he won’t have otherwise. The option value is the thing.

It also follows that the outsider has every incentive to vilify and blacken the reputation of more insider types who aren’t on the challenger’s bandwagon, even if this means alienating progressives whose support you really could use later on — hey, you don’t want to see your champion turn to established figures if and when he makes it to office.

My point is not that outsiders are more corrupt than insiders, nor that everyone’s actions right now should be seen as reflecting nothing but self-interest. That’s exactly what I’m arguing against! What I’m saying instead is that nobody can be presumed pure simply because he is currently without much power or access to power — for that very lack of power can have its own distorting effect.

And for ourselves, what each of us should do — all the time — is ask not just what we believe but why.

 

La mancanza di potere corrompe

Personalmente, non ne posso più della faccenda Sanders/Clinton; non volevo scriverne nell’articolo di oggi. Ma uno dei miei motti nello scrivere articoli è “se ti fa sentir male, fallo.” Se davvero preferiresti evitare un soggetto perché ti rende la vita sconfortevole e probabilmente porterà un’altra ondata di mail adirate, probabilmente ciò indica che è importante. Eppure, spero che non dovrò fare altri articoli come quello.

Ma c’è un altro aspetto di questa discussione che penso dovrebbe essere espresso, che riguarda gli incentivi e le motivazioni.

Dai sostenitori di Bernie arrivano una gran quantità di accuse di mala fede (la risposta alla critica dei Presidenti del Comitato dei consulenti della Casa Bianca è la numero 1; la campagna elettorale di Sanders, che non è responsabile per le previsioni che ha approvato con entusiasmo, è la seconda; il fatto che in ogni modo quelle previsioni sono giuste, la terza. Conclusione: stanno facendo i galoppini per Hillary!) In generale, essere in sintonia con Bern troppo spesso sembra comportare l’accusare di corruzione chiunque non lo sia. Dunque, cosa dovremmo desumere da cose del genere?

Partiamo dalla corruzione – inclusa la corruzione dei pretesi esperti – che, sì, esiste per davvero. Tende ad essere un problema molto più grande a destra, semplicemente perché ci sono molti più soldi e molti meno scrupoli. Ho sostenuto per un certo periodo che si sono tre tipi di economisti: gli economisti professionisti liberal, gli economisti professionisti conservatori, e gli economisti conservatori di professione. Il quarto contenitore è nella maggioranza dei casi vuoto, per mancanza di fondi [1]. Eppure, sarebbe ingenuo sostenere che avere accesso alle prospettive di lavoretti di consulenza per le imprese e cose del genere non abbia effetto sugli argomenti politici.

Ma è anche ingenuo, e distruttivo, presumere che tutto si risolva in questo. Non si deve essere nei libri paga delle imprese o galoppini di Hillary per restare sbalorditi quando una campagna elettorale di un democratico fa proprie previsioni che sono anche più esagerate di quelle che si stavano mettendo in ridicolo il giorno prima, a carico dei repubblicani. E non ci si può cacciare nel ginepraio di stimare tutti gli argomenti di sostanza unicamente nei termini della loro convenienza politica, e ipotizzare che nessuno che è in disaccordo con voi possa onestamente, suvvia, solo non essere d’accordo con voi. Questo è quello che fanno i funzionari della destra, e non c’è bisogno che li imitiate.

Ed è anche importante capire, direi, che nella misura nella quale l’ambizione personale distorce l’analisi – che è certamente quello che accade a tutti, perché nessuno di noi è santo – quello non è un fenomeno esclusivo degli addetti ai lavori ben introdotti. Di sicuro, tanti soldi o la prospettiva di avere grande influenza sono potenti forze corruttrici, che è quanto mi accingo a descrivere. Ma non sono le uniche fonti di impurità.

Si immagini un economista che ha qualche seguito, ma non è, per qualsiasi ragione, nella nomenclatura degli esperti politici che normalmente sono invitati a dare consigli alle autorità, a tenere discorsi nelle conferenze finanziarie, o cose del genere. Quello potrebbe dipendere dal fatto che il suddetto economista ha punti di vista che sono considerati troppo eterodossi; potrebbe dipendere dal fatto che è troppo onesto sulla corruzione del potenti; o potrebbe dipendere dal fatto che i circoli degli addetti ai lavori non lo considerano particolarmente intuitivo o persino tecnicamente competente – la qual cosa a sua volta potrebbe essere una grande ingiustizia, o forse in un certo senso vera. Qualsiasi siano le ragioni, egli è o sente di essere come qualcuno che guarda dal di fuori.

Ora immaginate che il nostro outsider incappi in una situazione nella quale un altro outsider, questa volta nella sfera della politica, abbia qualche possibilità di mettere in scena una sconcertante vittoria. Sarebbe evidente che il nostro economista outsider ha tutti gli incentivi personali per unire il suo destino a quello del politico outsider – persino se le possibilità di vittoria del politico sono relativamente piccole, persino se la sua campagna elettorale potrebbe provocare un disastro perché egli non è pronto per le sfide del mondo più grande. Il punto è che se dovesse accadere che il politico outsider ce la facesse, egli offrirà all’economista outsider un posto a tavola, che in altro modo non avrebbe avuto. É quello che si definisce un “valore di opzione” [2].

Ne consegue anche che l’outsider ha tutti gli incentivi a svilire e macchiare la reputazione di altri soggetti insider che non fanno parte del carrozzone dello sfidante, persino se questo comporta di alienarsi il sostegno di persone progressiste che potrebbe essere ben utili successivamente – suvvia, non si vuole correre il rischio di vedere il proprio campione rivolgersi a personaggi affermati, se e quando entrerà in carica!

Il mio argomento non è che gli outsider siano più corrotti degli addetti ai lavori, né che tutte le azioni del momento debbano essere considerate come se riflettessero interessi personali. Questo è esattamente ciò contro cui mi sto esprimendo. Ciò che invece sto dicendo è che nessuno si può presumere immacolato semplicemente perché al momento è sprovvisto di potere o di accesso al potere – perché proprio quella mancanza di potere può avere il suo proprio effetto distorsivo.

E quanto a noi, quello che ognuno di noi dovrebbe fare ogni volta, è chiedersi non solo in cosa crediamo ma perché ci crediamo.

 

[1] Per chi fosse a disagio con l’ironia yiddish di Krugman, suggerisco che il quarto contenitore sia quello degli economisti puri e semplici.

[2] Nella teoria dei costi-benefici la ‘option value’ è la scelta di una soluzione che può avere un valore futuro assai superiore alla valutazione che è possibile al presente, perché il ‘valore’ di ciò che si sceglie può assumere nel futuro una caratteristica molto diversa.

 

 

 

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