January 31, 2016 4:23 pm
I don’t know what will happen in the caucuses tomorrow. Actually, I know what will happen on the Republican side: someone horrifying will come in first, and someone horrifying will come in second. The names are less clear.
On the Democratic side, well, the last five polls all show Clinton in the lead, and FiveThirtyEight gives her an 80 percent chance of winning, but it’s not a sure thing.
While we wait, however, a few informal, not very analytical thoughts on the Democratic race. I’ve talked to a few friends who are Sanders supporters, some others who are Clinton supporters, and I have some impressions. This is not reporting; just a personal reaction.
The appeal of the Sanders campaign, at least to people I know, is that it brings a sense of possibility. For those who were joyful and uplifted on inauguration day 2009, the years that followed have been a vast letdown: American politics got even uglier, policy progress always fell short of dreams. Now comes Sanders — very different in personal style from Obama 2008, but again someone who seems different and offers the hope of transformation. And some people really want to hear that message, and don’t want to hear that they’re being unrealistic.
But there’s something else, which I keep encountering, and which I’m sure I’m not the only one to notice: even among progressives, the two-decade-plus smear campaign against the Clintons has had its effect. I keep being told about terrible things the Clintons did that never actually happened, but were carefully fomented right-wing legends — except I’m hearing them from people on the left. The sense that where there’s smoke there must be fire — when the reality was nothing but Richard Mellon Scaife with a smoke machine — is very much out there, still.
Unfortunately, that underlying Foxification of perceptions marries all too well with the tendency of some — only some — Sanders supporters to assume that any skepticism about their hero’s proposals or prospects must reflect personal corruption. Something like that was probably inevitable in a campaign whose premise is that everything is rigged by the oligarchy, but it interacts with the vague perception, the product of all those years of right-wing smearing, that there’s a lot of Clinton dirt.
Even among those who don’t believe in the phony scandals, there is, as there was in 2008, a desire for someone new, who they imagine won’t bring out all that ugliness. But of course they’re wrong: if Sanders is the nominee, it will take around 30 seconds before Fox News is nonstop coverage of the terrible things he supposedly did when younger. Don’t say there’s nothing there: a propaganda machine that could turn John Kerry into a coward can turn a nice guy from Brooklyn into a monstrously flawed specimen of humanity in no time at all.
On the other hand, that history is, I think, one factor behind a phenomenon we saw in 2008 and will see again this year: there’s a lot more passionate support for Clinton than either Sanders supporters or the news media imagine. There are a lot of Democrats who see her as someone who has been subjected to character assassination, to vicious attacks, on a scale few women and no men in politics have ever encountered — yet she’s still standing, still capable of remarkable grace under fire. If you didn’t see something heroic about her performance in the Benghazi hearing, you’re missing something essential.
And Clinton’s dogged realism, while it doesn’t inspire the same kind of uplift as Sanders’s promise of change, can be inspiring in its own way.
The truth is that both Democrats have a lot of genuine, solid support. Both had 80 percent approval among Democrats in the DMR poll released yesterday. One item from that poll that seems to have surprised reporters:
There’s no enthusiasm gap — it’s just different forms of enthusiasm.
So here we go. May the best person win.
Note prima dell’Iowa
Non so cosa accadrà nei caucus di domani. Per la verità, io so quello che accadrà dal lato dei repubblicani: qualcuno terrificante arriverà primo e qualcuno terrificante arriverà secondo. I nomi sono meno chiari.
Dal lato dei democratici, ebbene, tutti gli ultimi cinque sondaggi mostrano la Clinton in testa, e FiveThirtyEight le dà un 80 per cento di possibilità di vittoria, ma non è una cosa sicura.
Mentre aspettiamo, tuttavia, alcuni pensieri informali, non molto analitici, sulla competizione tra i democratici. Ho parlato con alcuni amici che sono sostenitori di Sanders e con alcuni altri che sono sostenitori della Clinton, e ne ho avuto alcune impressioni. Questo non è un resoconto; solo una reazione personale.
Ciò che piace nella campagna elettorale di Sanders, almeno alle persone che conosco, è che essa porta una sensazione di cose possibili. Per coloro che gioirono e furono sollevati dal giorno dell’inaugurazione del 2009, gli anni che sono seguiti sono stati un grande disappunto: la politica americana è diventata persino più sgradevole, i progressi nella pratica sono stati sempre deludenti rispetto ai sogni. Ora arriva Sanders – molto differente nello stile personale dall’Obama del 2008, ma ancora una volta qualcuno che sembra diverso ed offre la speranza della trasformazione. E alcuni persone vogliono davvero sentire un messaggio del genere, e non vogliono sentirsi dire che non sono realisti.
Ma c’è qualcos’altro in cui continuo ad imbattermi e che sono sicuro di non esser il solo a notare: anche tra i progressisti, i due decenni di campagne calunniose contro i Clinton hanno prodotto i loro effetti. Continuo a sentir raccontare di cose terribili fatte dai Clinton che non sono mai accadute, ma sono state fomentate con scrupolo dalle leggende della destra – con la differenza che le sento dire da persone di sinistra. La sensazione che dove c’è del fumo ci deve essere anche dell’arrosto – quando la realtà non è stata altro che Richard Mellon Scaife con una macchina del fango [1] – è ancora molto diffusa.
Sfortunatamente, quella implicita foxizzazione si sposa anche troppo bene con le tendenze di alcuni – solo alcuni – sostenitori di Sanders a considerare che ogni scetticismo sulle proposte o sulle prospettive del loro campione debba indicare una personale disonestà. Qualcosa del genere è probabilmente inevitabile in una campagna elettorale la cui premessa è che tutto è manipolato dall’oligarchia, ma essa interagisce con la vaga percezione, conseguenza di questi anni di calunnie da parte della destra, secondo la quale c’è molto di sporco nei Clinton.
Anche tra coloro che non credono negli scandali fasulli, c’è, come c’era nel 2008, un desiderio di qualcosa di nuovo, che si immaginano ci porterebbe fuori da quelle sgradevolezze. Ma ovviamente si sbagliano: se il nominato sarà Sanders, ci vorranno una trentina di secondi prima che Fox News avvii una campagna non-stop sulle cose terribili che si suppone egli abbia fatto quando era più giovane. Non si dica che in ciò non c’è niente: una macchina propagandistica che ha potuto trasformare John Kerry in un codardo, può trasformare un simpatico individuo di Brooklyn in un esemplare di umanità pieno di difetti in men che non si dica.
D’altra parte, quello storia, secondo me, è uno dei fattori che sta dietro quello che abbiamo visto nel 2008 e vedremo ancora quest’anno: c’è un sostegno molto più appassionato per la Clinton di quanto si immaginano sia i sostenitori di Sanders che gli organi di informazione. Ci sono molti democratici che la considerano come una persona che ha subito diffamazioni, attacchi feroci, in una dimensione nella quale poche donne e nessun uomo sono mai state sottoposti – tuttavia è ancora in piedi, è capace di mantenere una considerevole grazia sotto tale virulenza. Se non avete visto qualcosa di eroico nella sua condotta durante l’audizione su Bengasi, vi state perdendo qualcosa di essenziale.
E il realismo ostinato della Clinton, se non ispira lo stesso genere di sollievo delle promesse di cambiamento di Sanders, a modo suo può essere un fattore di ispirazione.
La verità è che entrambi i candidati democratici hanno un sostegno vasto, genuino e solido. Entrambi hanno una approvazione all’80 per cento nei sondaggi DMR resi noti ieri. Un sondaggio dal quale sembra che un tema abbia sorpreso i giornalisti:
Non c’è alcuna differenza di entusiasmo – soltanto forme diverse di entusiasmo.
Dunque, partiamo. Possa vincere la persona migliore.
[1] Richard Mellon Scaife è un miliardario americano e grande contribuente dei conservatori. Con i suoi giornali si impegnò molto a sostenere che Bill Clinton e consorte erano responsabili della morte di un consulente della Casa Bianca, che risultò ad una indagine specifica essersi suicidato.
[2] Per ragioni di grafica che non riesco a risolvere colloco in nota la traduzione della tabella:
[Per favore ci dica, per ciascuno di questi candidati, quanto sarebbe entusiastico il suo sostegno se la persona diventasse il nominato democratico: molto entusiastico, abbastanza entusiastico, sarei soltanto d’accordo con la nomina, oppure soltanto non sarei d’accordo?
Tra i probabili Molto o Semplicemente Molto Abbastanza Sarei Non sarei Incerto
partecipanti discretamente sarei/non sarei entusiasta entusiasta d’accordo d’accordo
alla nomina entusiasta d’accordo
Hillary Clinton 73 26 53 20 14 12 1
Bernie Sanders 69 30 49 20 22 8 2]
By mm
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