Paul KrugmanFEB. 1, 2016
So what’s really at stake in this year’s election? Well, among other things, the fate of the planet.
Last year was the hottest on record, by a wide margin, which should — but won’t — put an end to climate deniers’ claims that global warming has stopped. The truth is that climate change just keeps getting scarier; it is, by far, the most important policy issue facing America and the world. Still, this election wouldn’t have much bearing on the issue if there were no prospect of effective action against the looming catastrophe.
But the situation on that front has changed drastically for the better in recent years, because we’re now achingly close to achieving a renewable-energy revolution. What’s more, getting that energy revolution wouldn’t require a political revolution. All it would take are fairly modest policy changes, some of which have already happened and others of which are already underway. But those changes won’t happen if the wrong people end up in power.
To see what I’m talking about, you need to know something about the current state of climate economics, which has changed far more in recent years than most people seem to realize.
Most people who think about the issue at all probably imagine that achieving a drastic reduction in greenhouse gas emissions would necessarily involve big economic sacrifices. This view is required orthodoxy on the right, where it forms a sort of second line of defense against action, just in case denial of climate science and witch hunts against climate scientists don’t do the trick. For example, in the last Republican debate Marco Rubio — the last, best hope of the G.O.P. establishment — insisted, as he has before, that a cap-and-trade program would be “devastating for our economy.”
To find anything equivalent on the left you have to go far out of the mainstream, to activists who insist that climate change can’t be fought without overthrowing capitalism. Still, my sense is that many Democrats believe that politics as usual isn’t up to the task, that we need a political earthquake to make real action possible. In particular, I keep hearing that the Obama administration’s environmental efforts have been so far short of what’s needed as to be barely worth mentioning.
But things are actually much more hopeful than that, thanks to remarkable technological progress in renewable energy.
The numbers are really stunning. According to a recent report by the investment firm Lazard, the cost of electricity generation using wind power fell 61 percent from 2009 to 2015, while the cost of solar power fell 82 percent. These numbers — which are in line with other estimates — show progress at rates we normally only expect to see for information technology. And they put the cost of renewable energy into a range where it’s competitive with fossil fuels.
Now, there are still some issues special to renewables, in particular problems of intermittency: consumers may want power when the wind doesn’t blow and the sun doesn’t shine. But this issue seems to be of diminishing significance, partly thanks to improving storage technology, partly thanks to the realization that “demand response” — paying consumers to cut energy use during peak periods — can greatly reduce the problem.
So what will it take to achieve a large-scale shift from fossil fuels to renewables, a shift to sun and wind instead of fire? Financial incentives, and they don’t have to be all that huge. Tax credits for renewables that were part of the Obama stimulus plan, and were extended under the recent budget deal, have already done a lot to accelerate the energy revolution. The Environmental Protection Agency’s Clean Power Plan, which if implemented will create strong incentives to move away from coal, will do much more.
And none of this will require new legislation; we can have an energy revolution even if the crazies retain control of the House.
Now, skeptics may point out that even if all these good things happen, they won’t be enough on their own to save the planet. For one thing, we’re only talking about electricity generation, which is a big part of the climate change problem but not the whole thing. For another, we’re only talking about one country when the problem is global.
But I’d argue that the kind of progress now within reach could produce a tipping point, in the right direction. Once renewable energy becomes an obvious success and, yes, a powerful interest group, anti-environmentalism will start to lose its political grip. And an energy revolution in America would let us take the lead in global action.
Salvation from climate catastrophe is, in short, something we can realistically hope to see happen, with no political miracle necessary. But failure is also a very real possibility. Everything is hanging in the balance.
Vento, sole e fuoco. Di Paul Krugman
New York Times 1 febbraio 2016
Cos’è, dunque, veramente in gioco nelle elezioni di quest’anno? Ebbene, tra le altre cose, il destino del pianeta.
L’ultimo anno è stato, con ampio margine, il più caldo nelle serie storiche, il che dovrebbe – ma non succederà – porre fine alle pretese dei negatori del cambiamento climatico, secondo le quali il riscaldamento globale si sarebbe interrotto. La verità è che, per la precisione, il cambiamento climatico è sempre più spaventoso; si tratta, di gran lunga, della più importante questione politica che l’America e il mondo hanno dinanzi. Eppure, queste elezioni non sarebbero state molto influenzate da quel tema se non ci fosse stata la prospettiva di una concreta iniziativa contro l’incombente catastrofe.
Ma la situazione su quel fronte è cambiata drasticamente in meglio negli anni recenti, perché siamo estremamente vicini ad una rivoluzione delle energie rinnovabili. Inoltre, per ottenere quella rivoluzione energetica non sarà necessaria una rivoluzione politica. Tutto quello che servirebbe sono mutamenti nelle politiche abbastanza modesti, alcuni dei quali sono già avvenuti ed altri sono già in corso. Sennonché quei cambiamenti non accadranno se andranno al potere le persone sbagliate.
Per comprendere quello di cui sto parlando, avete bisogno di sapere qualcosa sullo stato attuale dell’economia del clima, che negli anni recenti è cambiata molto di più di quello che la maggioranza delle persone sembra comprendere.
La maggioranza delle persone che pensa a tale questione con tutta probabilità si immagina che realizzare una drastica riduzione nelle emissioni dei gas serra richieda necessariamente grandi sacrifici economici. Questo punto di vista è una condizione della ortodossia della destra, per la quale esso è una specie di linea di difesa di riserva contro ogni iniziativa, nel caso che la negazione della scienza climatica e la caccia alle streghe contro gli scienziati del clima non serva allo scopo. Ad esempio, nell’ultimo dibattito repubblicano Marco Rubio – l’ultima migliore speranza del gruppo dirigente del Partito Repubblicano – ha ribadito, come aveva fatto in precedenza, che un programma del genere cap-and-trade [1] sarebbe “devastante per la nostra economia”.
Per trovare qualcosa di equivalente a sinistra, si deve andare ben oltre le posizioni convenzionali, a quegli attivisti che pretendono che il cambiamento climatico non possa essere combattuto senza un rovesciamento del capitalismo. Eppure, la mia sensazione è che molti democratici non credano che una politica normale sia sufficiente allo scopo, che ci sia bisogno di un terremoto politico per rendere possibile una iniziativa reale. In particolare, continuo a sentir dire che gli sforzi ambientali della amministrazione Obama sono stati ben al di sotto di quello che era necessario, al punto da essere appena meritevoli di essere menzionati.
Ma per la verità la situazione giustifica molto più ottimismo, grazie ad un rilevante progresso tecnologico nelle energie rinnovabili.
I dati sono realmente sbalorditivi. Secondo un recente rapporto della società di investimenti Lazard, il costo della produzione di elettricità utilizzando l’energia eolica è caduto del 61 per cento dal 2009 al 2015, mentre il costo dell’energia solare è caduto dell’82 per cento. Questi numeri – che sono in linea con altre stime – mostrano un progresso a ritmi che normalmente ci aspettiamo di vedere solo nelle tecnologie dell’informazione. E collocano il costo dell’energia rinnovabile ad un livello competitivo con i combustibili fossili.
Ora, ci sono ancora alcuni temi particolari per le energie rinnovabili, in particolare i problemi dell’intermittenza: i consumatori possono aver bisogno di elettricità quando non soffia il vento ed il sole non brilla. Ma questo tema sembra che stia perdendo di significato, in parte grazie al miglioramento della tecnologia dell’immagazzinamento, in parte grazie alla comprensione che una “condotta reattiva alla domanda” – pagare i consumatori che tagliano i consumi di energie nei periodi di punta – può grandemente ridurre il problema.
Cosa servirà, dunque, per realizzare uno spostamento dai combustibili fossili alle rinnovabili, uno spostamento verso il sole ed i vento piuttosto che verso il fuoco? Incentivi finanziari, ed essi non debbono essere così ampi. I crediti di imposta per le rinnovabili che hanno fatto parte del programma delle misure di sostegno di Obama, e sono stati prorogati con il recente accordo sul bilancio, hanno già fatto molto per accelerare la rivoluzione energetica. Il Programma per una Elettricità Pulita della Agenzia di Protezione Ambientale, che se sarà implementato creerà forti incentivi per allontanarsi dal carbone, farà molto di più.
E niente di questo richiederà una nuova legislazione: possiamo avere una rivoluzione energetica anche se i pazzi mantengono il controllo della Camera dei Rappresentanti.
Ora, gli scettici possono mettere in evidenza che anche se accadranno queste cose positive, per lor conto esse non saranno sufficienti a salvare il pianeta. Da una parte, stiamo parlando soltanto di produzione di elettricità, che è una gran parte del problema del cambiamento climatico, ma non l’intera faccenda. Dall’altra, stiamo solo parlando di un paese, mentre il problema è globale.
Ma direi che il genere di progresso che adesso è alla portata produrrebbe, nella giusta direzione, un punto di rottura. Una volta che le energie rinnovabili diventano un successo evidente e, perché no, un potente gruppo di interesse, l’anti ambientalismo comincerà a perdere la sua presa politica. Ed una rivoluzione energetica in America ci consentirà di prendere la testa nella iniziativa globale.
La salvezza dalla catastrofe climatica, in poche parole, è qualcosa che possiamo realisticamente sperar di vedere, senza la necessità di alcun miracolo politico. Ma è una possibilità altrettanto reale un fallimento. É tutto il bilico.
[1] “Cap-and-Trade” – letteralmente “fissare un limite ed entro quello commerciare” – è una strategia tradizionale delle politiche ambientali, che consiste nello stabilire limiti all’inquinamento e valorizzare il rispetto di tali limiti, con un sistema di penalità per chi non li rispetta e di premi per chi lo fa in modo efficiente. Un aspetto dei premi consisterebbe nel rendere economicamente vantaggiosi i comportamenti positivi – che ad esempio si collochino al di sotto dei limiti prescritti; quelle prestazioni farebbero ottenere dei ‘crediti’ che potrebbero essere venduti, ed acquistati da chi temporaneamente non riesce a rispettare i limiti stessi. Una politica del genere è stata applicata efficacemente in vari paesi per affrontare il problema delle piogge acide derivanti dall’inquinamento di anidride solforica ed ossidi di azoto. “Cap-and-trade” viene anche tradotto con “mercato delle emissioni”.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"