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Lo scontro tra i geni della truffa repubblicani, di Paul Krugman (New York Times 4 marzo 2016)

 

Clash of Republican Con Artists

Paul KrugmanMARCH 4, 2016

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So Republicans are going to nominate a candidate who talks complete nonsense on domestic policy; who believes that foreign policy can be conducted via bullying and belligerence; who cynically exploits racial and ethnic hatred for political gain.

But that was always going to happen, however the primary season turned out. The only news is that the candidate in question is probably going to be Donald Trump. Establishment Republicans denounce Mr. Trump as a fraud, which he is. But is he more fraudulent than the establishment trying to stop him? Not really.

Actually, when you look at the people making those denunciations, you have to wonder: Can they really be that lacking in self-awareness?

Donald Trump is a “con artist,” says Marco Rubio — who has promised to enact giant tax cuts, undertake a huge military buildup and balance the budget without any cuts in benefits to Americans over 55.

“There can be no evasion and no games,” thunders Paul Ryan, the speaker of the House — whose much-hyped budgets are completely reliant on “mystery meat,” that is, it claims trillions of dollars in revenue can be collected by closing unspecified tax loopholes and trillions more saved through unspecified spending cuts.

Mr. Ryan also declares that the “party of Lincoln” must “reject any group or cause that is built on bigotry.” Has he ever heard of Nixon’s “Southern strategy”; of Ronald Reagan’s invocations of welfare queens and “strapping young bucks” using food stamps; of Willie Horton?

Put it this way: There’s a reason whites in the Deep South vote something like 90 percent Republican, and it’s not their philosophical attachment to libertarian principles.

Then there’s foreign policy, where Mr. Trump is, if anything, more reasonable — or more accurately, less unreasonable — than his rivals. He’s fine with torture, but who on that side of the aisle isn’t? He’s belligerent, but unlike Mr. Rubio, he isn’t the favorite of the neoconservatives, a.k.a. the people responsible for the Iraq debacle. He’s even said what everyone knows but nobody on the right is supposed to admit, that the Bush administration deliberately misled America into that disastrous war.

Oh, and it’s Ted Cruz, not Mr. Trump, who seems eager to “carpet bomb” people, without appearing to know what that means.

In fact, you have to wonder why, exactly, the Republican establishment is really so horrified by Mr. Trump. Yes, he’s a con man, but they all are. So why is this con job different from any other?

The answer, I’d suggest, is that the establishment’s problem with Mr. Trump isn’t the con he brings; it’s the cons he disrupts.

First, there’s the con Republicans usually manage to pull off in national elections — the one where they pose as a serious, grown-up party honestly trying to grapple with America’s problems. The truth is that that party died a long time ago, that these days it’s voodoo economics and neocon fantasies all the way down. But the establishment wants to preserve the facade, which will be hard if the nominee is someone who refuses to play his part.

By the way, I predict that even if Mr. Trump is the nominee, pundits and others who claim to be thoughtful conservatives will stroke their chins and declare, after a great show of careful deliberation, that he’s the better choice given Hillary’s character flaws, or something. And self-proclaimed centrists will still find a way to claim that the sides are equally bad. But both acts will look especially strained.

Equally important, the Trump phenomenon threatens the con the G.O.P. establishment has been playing on its own base. I’m talking about the bait and switch in which white voters are induced to hate big government by dog whistles about Those People, but actual policies are all about rewarding the donor class.

What Donald Trump has done is tell the base that it doesn’t have to accept the whole package. He promises to make America white again — surely everyone knows that’s the real slogan, right? — while simultaneously promising to protect Social Security and Medicare, and hinting at (though not actually proposing) higher taxes on the rich. Outraged establishment Republicans splutter that he’s not a real conservative, but neither, it turns out, are many of their own voters.

Just to be clear, I find the prospect of a Trump administration terrifying, and so should you. But you should also be terrified by the prospect of a President Rubio, sitting in the White House with his circle of warmongers, or a President Cruz, whom one suspects would love to bring back the Spanish Inquisition.

As I see it, then, we should actually welcome Mr. Trump’s ascent. Yes, he’s a con man, but he is also effectively acting as a whistle-blower on other people’s cons. That is, believe it or not, a step forward in these weird, troubled times.

 

Lo scontro tra i geni della truffa repubblicani, di Paul Krugman

New York Times 4 marzo 2016

Dunque i repubblicani sono in procinto di nominare un candidato che dice cose completamente prive di senso in politica interna; che crede che la politica estera possa essere condotta con prepotenza e belligeranza; che sfrutta in modo cinico a vantaggio delle sue posizioni politiche l’odio razziale ed etnico.

Ma quello era possibile sempre, per quanto la stagione delle primarie l’abbia messo in rilievo. La sola novità è che il candidato in questione probabilmente sarà Donald Trump. Il gruppo dirigente repubblicano accusa il signor Trump di essere un impostore, quale è. Ma è il suo un imbroglio maggiore del gruppo dirigente che cerca di fermarlo? Per la verità, no.

Effettivamente, quando osservate le persone che avanzano quelle denunce, dovete chiedervi: possono per davvero essere così sprovvisti di auto consapevolezza?

Dice Marco Rubio – che ha promesso l’approvazione di giganteschi sgravi fiscali, di impegnarsi in un vasto potenziamento militare e di realizzare il pareggio del bilancio senza nessun taglio ai sussidi agli americani ultracinquantacinquenni – che Donald Trump è un “genio della truffa”.

“Non ci possono essere evasioni e giochini”, tuona Paul Ryan, lo speaker della Camera – le cui proposte di bilancio molto pubblicizzate si basano completamente su dati di “dubbia provenienza”, vale a dire: si sostiene che migliaia di miliardi di dollari di entrate possano essere raccolti interrompendo imprecisate elusioni fiscali e che migliaia di altri miliardi possano essere risparmiati attraverso imprecisati tagli alla spesa pubblica.

Ryan dichiara anche che “il Partito di Lincoln” deve “respingere ogni gruppo o ideologia costruiti sul fanatismo”. Ha mai sentito parlare della “strategia meridionalista” di Nixon; oppure quello che diceva Ronald Reagan quando si riferiva alle “regine dell’assistenza” e invitava a “prendere a cinghiate i giovanotti” che usavano le tessere alimentari; o del caso di Willie Horton? [1]

Mettiamola in questo modo: c’è una ragione per la quale i bianchi nel Profondo Sud votano al 90 per cento repubblicano, e non consiste nel loro attaccamento filosofico ai principi libertariani [2].

C’è poi la politica estera, nella quale il signor Trump è addirittura più ragionevole – o, più precisamente, meno irragionevole – dei suoi rivali. A lui va bene il metodo della tortura, ma su quel versante a chi non va bene? Predilige gli interventi bellici, ma diversamente da Marco Rubio non è il favorito dei neoconservatori, ovvero dei personaggi responsabili della debacle irakena. Ha persino affermato quello che tutti sanno, ma che a destra nessuno riconoscerebbe, che la Amministrazione Bush spinse l’America in quella guerra disastrosa con l’inganno.

Infine, è Ted Cruz, non Trump, che sembra ansioso di ‘bombardare a tappeto’ le popolazioni, senza che mostri di sapere cosa questo significhi.

In sostanza, c’è da chiedersi perché il gruppo dirigente repubblicano sia davvero così inorridito dal signor Trump. É vero, è un impostore, ma lo sono tutti. Perché, dunque, questo impostore è diverso da tutti gli altri?

Direi che la risposta è che il problema Trump, per il gruppo dirigente, non è l’imbroglio che egli si porta dietro; sono gli imbrogli sui quali apre uno squarcio.

In primo luogo, c’è l’imbroglio che i repubblicani normalmente cercano di conseguire nelle elezioni nazionali – quello per il quale si atteggiano come un partito serio, maturo, che cerca onestamente di cimentarsi con i problemi dell’America. La verità è che qual Partito morì molto tempo fa e che questi sono tempi molto più marcati dalla economia voodoo e dalle fantasie neoconservatrici. Ma il gruppo dirigente vuole preservare le apparenze, la qualcosa sarà difficile se in candidato sarà uno che si rifiuta di stare al gioco.

Per inciso, io prevedo che se anche Trump sarà il prescelto, i commentatori e gli altri che sostengono di essere conservatori riflessivi si lisceranno il mento e dichiareranno, dopo una grande sceneggiata di accurata meditazione, che egli costituisce la scelta migliore, di fronte ai difetti del carattere di Hillary, o a cose del genere. Ed i sedicenti centristi troveranno ancora un modo per sostenere che entrambi gli schieramenti sono egualmente negativi. Ma appariranno entrambe posizioni particolarmente forzate.

É parimenti importante che il fenomeno Trump costituisca una minaccia per l’imbroglio che il gruppo dirigente del Partito Repubblicano viene orchestrando con la sua stessa base. Sto parlando dello specchietto per allodole per il quale gli elettori bianchi sono indotti ad odiare lo Stato assistenziale dai richiami a “Quella Gente”, mentre le politiche effettive riguardano tutte i premi alla classe dei ricchi contribuenti elettorali.

Quello che Donald Trump ha fatto è dire alla base del Partito che egli non ha bisogno di accettare l’intero pacchetto. Ha promesso di rendere l’America nuovamente ‘bianca’ – nessuno ha dubbi che questo sia lo slogan vero, non è così? – ma al tempo stesso ha promesso di proteggere la Previdenza Sociale e l’assistenza sanitaria per gli anziani, ed ha fatto cenno (sebbene non abbia proprio proposto) a tasse più elevate sui ricchi. L’indignato gruppo dirigente repubblicano farfuglia che non è un vero conservatore, ma si scopre che non lo sono nemmeno molti dei suoi elettori.

Per esser chiaro, ritengo che la prospettiva di una Amministrazione Trump sia terrificante, e così dovreste fare anche voi. Ma dovreste pure essere atterriti dalla prospettiva di un Presidente Rubio, che si insedia alla Casa Bianca con il suo circolo di guerrafondai, o di un Presidente Cruz, che fa venire il sospetto di morir dalla voglia di tornare alla Inquisizione Spagnola.

Per come la vedo, dunque, dovremmo effettivamente dare il benvenuto alla arrampicata di Trump. É vero, è un impostore, ma si sta anche efficacemente comportando come un prezioso informatore sugli altri impostori delle gente comune. Ci crediate o meno, è un passo in avanti, in questi difficili tempi bizzarri.

 

[1] In sostanza, sono riferimenti alla lunga storia dell’utilizzo di temi razzistici nella pluridecennale campagna repubblicana per guadagnarsi consensi negli Stati del Sud, che venne anzitutto inaugurata da Nixon. Le “regine dell’assistenza” erano le donne di colore che, secondo Reagan, andavano su macchine di lusso con i sussidi sociali; gli inviti a prendere a cinghiate si riferivano, sempre da parte di Reagan, ai giovani di colore che usavano le ‘tessere’ alimentari per farsi delle bistecche; Willie Horton era un individuo di colore responsabile di gravi crimini che aveva ottenuto un congedo provvisorio dal penitenziario e che venne abbondantemente utilizzato nella campagna elettorale di Bush padre del 1988. In tutti i casi, l’elemento razziale consisteva nel fatto che tutte tali casistiche – fatti talora banali, talora dubbi, talora gravi – venivano per definizione applicati alla gente di colore (“Those People”, “Quella Gentaccia”).

[2] “Libertarian” si potrebbe correttamente tradurre con “libertario”, ma quest’ultimo ha in Europa un significato politico affatto diverso. Il libertarianismo nella tradizione americana è una caratteristica del pensiero politico della destra (vedi nella note sulla traduzione “Ayn Rand”).

 

 

 

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