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Quando si scontrano falsità, di Paul Krugman (New York Times 7 marzo 2016)

 

When Fallacies Collide

Paul KrugmanMARCH 7, 2016

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The formal debates among the Republicans who would be president have exceeded all expectations. Even the most hardened cynics couldn’t have imagined that the candidates would sink so low, and stay so focused on personal insults. Yet last week, offstage, there was in effect a real debate about economic policy between Donald Trump and Mitt Romney, who is trying to block his nomination.

Unfortunately, both men are talking nonsense. Are you surprised?

The starting point for this debate is Mr. Trump’s deviation from free-market orthodoxy on international trade. Attacks on immigrants are still the central theme of the Republican front-runner’s campaign, but he has opened a second front on trade deficits, which he asserts are being caused by the currency manipulation of other countries, especially China. This manipulation, he says, is “robbing Americans of billions of dollars of capital and millions of jobs.”

His solution is “countervailing duties” — basically tariffs — similar to those we routinely impose when foreign countries are found to be subsidizing exports in violation of trade agreements.

Mr. Romney claims to be aghast. In his stop-Trump speech last week he warned that if The Donald became president America would “sink into prolonged recession.” Why? The only specific reason he gave was that those duties would “instigate a trade war and that would raise prices for consumers, kill our export jobs and lead entrepreneurs and businesses of all stripes to flee America.”

This is pretty funny if you remember anything about the 2012 campaign. Back then, in accepting Mr. Trump’s endorsement, Mr. Romney praised the businessman (who was already a well-known “birther”) as someone with an “extraordinary ability to understand how our economy works.” But wait, it gets better: at the time, Mr. Romney was saying almost exactly the same things Mr. Trump is saying now. He promised to — you guessed it — declare China a currency manipulator, while attacking President Obama for failing to do so. And he brushed off concerns about starting a trade war, declaring that one was already underway: “It’s a silent one, and they’re winning.”

More important than Mr. Romney’s awkward history here, however, is the fact that his economic analysis is all wrong. Protectionism can do real harm, making economies less efficient and reducing long-run growth. But it doesn’t cause recessions.

Why not? Doesn’t a trade war reduce employment in export industries? Yes, and it also increases employment in industries that compete with imports. In fact, a worldwide trade war would, by definition, reduce imports by exactly the same amount that it reduces exports. There’s no reason to assume that the net effect on employment would be strongly negative.

But didn’t protectionism cause the Great Depression? No, it didn’t — protectionism was a result of the Depression, not its cause. By the way, if you want an example of a policy that really did have a lot to do with the Great Depression’s spread, that would be the gold standard — which Ted Cruz wants to restore.

So Mr. Romney is talking nonsense. But so is Mr. Trump.

Five years ago the Trump complaint that Chinese currency manipulation was costing U.S. jobs had some validity — in fact, serious economists were making the same point. But these days China is in big trouble, and is trying to keep the value of its currency up, not down: foreign exchange reserves are plunging in the face of huge capital flight, to the tune of a trillion dollars over the past year.

Nor is China alone. All around the world, capital is fleeing troubled economies — including, by the way, the euro area, which these days tends to run bigger trade surpluses than China. And much of that flight capital is heading for the United States, pushing up the dollar and making our industries less competitive. It’s a real problem; U.S. economic fundamentals are fairly strong, but we risk, in effect, importing economic weakness from the rest of the world. But it’s not a problem we can address by lashing out at foreigners we falsely imagine are winning at our expense.

What can we do to fight imported economic weakness? That’s a big subject, but one thing is for sure: given the pressures from abroad, and the worrying strength of the dollar, the Federal Reserve really, really needs to hold off on raising interest rates. Did I mention that Mr. Trump wants to see rates rise? Not only that, but he’s a full-on conspiracy theorist, declaring that Janet Yellen, the Fed’s chairperson, is keeping interest rates down as a favor to President Obama, who “wants to be out playing golf a year from now.”

So there you have it. The good news is that there was a real policy debate going on within the G.O.P. last week. The bad news is that it was junk economics on both sides.

 

Quando si scontrano falsità, di Paul Krugman

New York Times 7 marzo 2016

I dibattiti ufficiali tra i repubblicani che puntano alla Presidenza hanno superato tutte le aspettative. Persino i più incalliti cinici non potevano immaginare che i candidati sarebbero finiti così in basso e si sarebbero talmente concentrati sugli insulti personali. Tuttavia la scorsa settimana, dietro le quinte, c’è stato in effetti un dibattito vero sulla politica economica tra Donald Trump e Mitt Romney, che sta cercando di bloccare la sua nomina.

Sfortunatamente stanno parlando entrambi di cose insensate. Vi sorprende?

Il punto di partenza di questo dibattito è stata una divagazione del signor Trump dalla ortodossia del libero mercato in materia di commercio internazionale. Gli attacchi sugli immigrati sono ancora il tema centrale nella campagna elettorale del favorito, ma egli ha aperto un secondo fronte sui deficit commerciali, che sostiene vangano provocati dalla manipolazione valutaria di altri paesi, in particolare della Cina. Questa manipolazione, dice, “sta derubando gli americani di miliardi di dollari di capitali e di milioni di posti di lavoro”.

La sua soluzione sono le “imposte di compensazione” – in sostanza tariffe doganali – simile a quelle che normalmente imponiamo quando si scopre che paesi stranieri stanno dando sussidi alle esportazioni in violazione degli accordi commerciali.

Romney sostiene di essere sbalordito. Nel suo discorso della scorsa settimana per fermare Trump, ha messo in guardia che se “Il Donald” diventasse Presidente, l’America “sprofonderebbe in una prolungata recessione”. Perché? L’unica ragione specifica che egli ha fornito è che questi dazi “scatenerebbero una guerra commerciale che alzerebbe i prezzi ai consumatori, distruggerebbe i posti di lavoro nelle esportazioni e porterebbe gli imprenditori e le imprese di tutti i tipi a scappare dall’America”.

Se ricordate qualcosa della campagna elettorale del 2012, la cosa è piuttosto buffa. Allora, nell’accettare il sostegno di Trump, Romney elogiò l’impresario (che era già allora un “birther[1]) come uno dotato di “una capacità straordinaria di capire come funziona la nostra economia”. Ma aspettate, c’è di più: a quel tempo Romney diceva esattamente le stesse cose che Trump dice oggi. Promise che avrebbe dichiarato la Cina come un paese manipolatore di valuta, e attaccava il Presidente Obama per non volerlo fare. E liquidò le preoccupazioni per l’innesco di una guerra commerciale, dichiarando che essa era già in corso: “é una guerra silenziosa, e la stanno vincendo loro”.

Tuttavia, in questo caso, più importante della imbarazzante storia del signor Romney, è il fatto che la sua analisi economica sia completamente sbagliata. Il protezionismo può fare danni veri, rendendo le economie meno efficienti e riducendo nel lungo periodo la crescita. Ma non provoca recessioni.

Perché no? Una guerra commerciale non riduce l’occupazione nelle industrie dell’export? Sì, ma al tempo stesso incrementa l’occupazione nelle industrie che competono con le importazioni. Di fatto, per definizione, una guerra commerciale di dimensioni mondiali ridurrebbe le importazioni esattamente della stessa quantità della quale ridurrebbe le esportazioni. Non c’è ragione di ipotizzare che l’effetto netto sull’occupazione sarebbe fortemente negativo.

Ma il protezionismo non aveva provocato la Grande Depressione? No, non fu così – il protezionismo fu un risultato della Depressione, non la sua causa. Per inciso, se volete un esempio di una politica che ebbe realmente molto a che fare con la Grande Depressione, esso sarebbe il gold standard – che Ted Cruz vuole ripristinare. Dunque Romney sta dicendo una cosa insensata. Del resto, Trump è così.

Cinque anni orsono la lamentela di Trump secondo la quale la manipolazione valutaria cinese stava costando posti di lavoro agli Stat Uniti aveva qualche validità – d fatto, economisti seri stavano avanzando la stessa tesi. Ma di questi tempi la Cina è in grande difficoltà e sta cercando di tenere alto il valore della sua valuta, non di abbassarlo: le riserve in valuta estera stanno crollando a fronte di una vasta fuga di capitali, di qualcosa come un migliaio di miliardi di dollari nel corso dell’anno passato.

Né la Cina è sola. In tutto il mondo, i capitali stanno scappando dalle economie in difficoltà – inclusa, per inciso, l’area euro, che al giorno d’oggi tende a realizzare surplus commerciali più grandi della Cina. Si tratta di un problema reale: i fondamentali economici degli Stati Uniti sono abbastanza forti, ma in effetti noi rischiamo di importare debolezza economica dal resto del mondo. Ma non è un problema che si possa affrontare attaccando i paesi esteri che ci immaginiamo erroneamente stiano facendo guadagni a spese nostre.

Cosa possiamo fare per combattere la debolezza economica che si importa? É un grande tema, ma una cosa è sicura: date le pressioni dall’estero, e la preoccupante forza del dollaro, è proprio necessario che la Federal Reserve si astenga dall’elevare i tassi di interesse. Ho ricordato che Trump vuole veder salire i tassi? Non solo quello, egli è un teorico assoluto della cospirazione, che dichiara che Janet Yellen, la Presidentessa della Fed, sta tenendo bassi i tassi di interesse per favorire il Presidente Obama, il quale “vuole spassarsela giocando a golf tutto il prossimo anno”.

Dunque, è tutto qua. La buona notizia è che la settimana scorsa c’è stato un vero dibattito politico che si è sviluppato all’interno del Partito Repubblicano. La cattiva notizia è che, per entrambi i contendenti, si trattava di economia spazzatura.

 

[1] Intraducibile in poche parole. Un “birther” è un sostenitore della tesi secondo la quale Obama non aveva diritto alla Presidenza a seguito dell’articolo 2 della Costituzione, perché non era un americano autentico, essendo nato in Africa e dunque essendo ineleggibile. In realtà Obama aveva le carte in regola, che testimoniavano la sua nascita alle Hawaii, Stato americano. Ma alcuni repubblicani sostenevano che era nato in Kenya, oppure che da bambino si era trasferito in Indonesia ed aveva perso la sua cittadinanza americana.

 

 

 

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