April 9, 2016 2:33 pm
I’ve written on a number of occasions about the Veg-O-Matic temptation — the urge to claim that your preferred policy solves all problems — it slices! It dices! It purees! It creates jobs! It raises productivity! It takes off weight without diet or exercise! There’s also the reverse version, in which a policy you dislike does everything bad — It’s inflationary! It’s contractionary! It causes acne!
When you see Veg-O-Matic claims, you should always be suspicious. Sometimes a policy does kill two or more birds with one stone — there’s a very good case that infrastructure investment under current conditions, with interest rates very low and economies still under capacity, would create jobs now, enhance long-run growth, and even improve fiscal prospects. But conclusions like that shouldn’t be accepted without a lot of hard thinking and self-criticism; you need to bend over backward to avoid falling into wishful thinking.
That consideration in itself should have flashed warning signs about, to take one important example, the embrace by Very Serious People of the doctrine of expansionary austerity — it was all too obvious that the austerians wanted a reason to cut government spending, and they should have been extremely wary of studies purporting to say that doing so would actually create jobs in a depressed economy. The fact that they instead seized on those studies was a very bad sign.
In modern America Veg-O-Matic economics has tended to be a right-wing thing, for a couple of reasons. One is that if your party’s central mission is to comfort the comfortable and afflict the afflicted, you need to claim that all kinds of wonderful side effects will take place from what might otherwise look like a combination of greed and cruelty. Another is that the parties are different; the monolithic GOP has, until just now, been able to get all its followers declaring that we’re at war with Eurasia, or Eastasia, with no awkward challenges from independent-minded wonks. The Democrats are a coalition in which the wonks have a fair bit of autonomy, and at least believe that they have a professional ethos to uphold.
That said, the Veg-O-Matic temptation exists for everyone. Yes, we see some of it in the populist uprising within the Democratic party, where anyone questioning the happy talk can be dismissed as a corrupt tool of the corporations. But the big example of Veg-O-Matic reasoning I see right now — in this case the anti-VOM version — is coming in what we might call the mainstream critique of Donald Trump.
I come here not to praise Trump — God no — and would be happy to see his political ambitions buried, with maximum ignominy. He would destroy American civil society; destroy our hopes of containing climate change; destroy U.S. influence by trying to bully everyone in sight. It’s very scary that there’s any chance that he might end up with his (long) finger on the button.
But too many anti-Trump critics seem to have settled on one critique that happens not to be right: the claim that a turn to protectionism would cause vast job losses. Sorry, that’s just not a claim justified by either theory or history.
Protectionism reduces world exports, but it also reduces world imports, so that the effect on overall demand is a wash; textbook economic models just don’t say what conventional wisdom is asserting here.
History doesn’t support this line of attack either. Protection in the 1930s was a result, not a cause, of the depression; the early postwar years, when tariffs were still high and exchange controls were pervasive, were marked by very full employment in many countries.
Why, then, focus on such a weak argument against a truly despicable candidate? I think I know the answer: it’s an argument that doesn’t involve taking on bad things in the Trump agenda that differ from the agenda of other Republicans only in degree — as Matt O’Brien says, on tax policy Trump is just Paul Ryan on steroids.
But bad arguments are bad arguments, even if used against a bad guy. And the choice of this argument is telling us something about what’s wrong with a lot of people beyond Trump.
Il Donald e il Veg-O-Matic
In un certo numero di occasioni ho scritto sulla tentazione del Veg-O-Matic [1] – il bisogno di sostenere che la vostra politica preferita risolva tutti i problemi – Taglia a fette! Taglia a dadini! É un passatutto! Crea lavoro! Aumenta la produttività! Vi riduce il peso senza dieta ed esercizi! C’è anche una versione inversa, per la quale la politica che non vi piace fa tutto male – E’ inflazionistica! E’ restrittiva! Fa venire l’acne!
Quando vedete queste pretese Veg-O-Matic, dovreste essere sempre sospettosi. Talvolta una politica può prendere due o più piccioni con una fava – c’è una argomento molto buono secondo il quale, nella attuali condizioni, con tassi di interesse molto bassi e le economie ancora al di sotto delle loro potenzialità, l’investimento in infrastrutture creerebbe da subito posti di lavoro, potenzierebbe la crescita a lungo termine, e migliorerebbe persino le prospettive della finanza pubblica. Ma conclusioni come quella non dovrebbero essere accolte senza profonda riflessione e senza senso autocritico; avete bisogno di molto impegno per evitare di ricadere in un ottimismo di maniera.
Per fare un esempio importante, quella considerazione da sola dovrebbe aver balenato segnali di ammonimento sulla adesione alla dottrina della austerità espansiva da parte di persone Molto Serie – era evidente che i filo austeri volevano una ragione per tagliare la spesa pubblica, ed esse avrebbero dovuto essere estremamente diffidenti su studi che si propongono di affermare che così facendo si creerebbero effettivamente posti di lavoro in una economia depressa. Il fatto che invece scegliessero di approfittare di quegli studi era un pessimo segnale.
Nell’America odierna l’economia Veg-O-Matic ha teso ad essere una questione della destra, per un paio di ragioni. Una è che se la missione fondamentale del vostro Partito è confortare chi sta bene ed accanirsi con chi sta male, avete bisogno di sostenere che ogni genere di meraviglioso effetto collaterale deriverà da quella che altrimenti potrebbe apparire come una combinazione di avidità e di crudeltà. Un’altra è che i partiti sono diversi: il monolitico Partito Repubblicano, sino ad oggi, è stato capace di portare tutti i suoi seguaci a dichiarare che siamo in guerra con l’Eurasia, o con l’Estasia, senza alcuna imbarazzante sfida da parte degli esperti di orientamento indipendente. I democratici sono una coalizione nella quale gli esperti hanno una discreta dose di autonomia, e credono almeno di possedere un’etica professionale da difendere.
Ciò detto, la tentazione del Veg-O-Matic esiste per tutti. É vero, vediamo qualcosa di ciò nel sollevamento populista all’interno del Partito Democratico, dove chiunque sollevi dubbi sul dibattito spensierato può essere liquidato come uno strumento corrotto delle corporazioni. Ma il grande esempio del Veg-O-Matic in questo momento lo vedo provenire – in questo caso nella versione ostile al Veg-O-Matic – in quella che potremmo definire la critica convenzionale a Donald Trump.
Non intendo qua elogiare Trump – Dio non voglia – e sarei contento di veder seppellite le sue ambizioni politiche con il massimo di ignominia. Egli distruggerebbe la società civile americana; distruggerebbe le nostre speranze di contenere il cambiamento climatico; distruggerebbe l’influenza degli Stati Uniti cercando di agire con prepotenza verso chiunque finisse nel mirino. É terrificante che ci sia una qualche possibilità che egli possa finire con avere il suo (lungo) dito sul bottone.
Ma troppi tra i critici anti-Trump sembrano convergere su una critica che si dà il caso sia sbagliata: la pretesa che una svolta verso il protezionismo provocherebbe una grande perdita di posti di lavoro. Spiacente, ma essa non è una pretesa giustificata, né dalla teoria né dalla storia.
Il protezionismo riduce le esportazioni mondiali, ma riduce anche le importazioni mondiali, cosicché l’effetto sulla domanda complessiva sarebbe un bilanciamento; in questo caso, i modelli di un libro di testo di economia non dicono proprio quello che sta sostenendo la saggezza convenzionale.
Neppure la storia è a sostegno di questa linea di attacco. Il protezionismo negli anni ’30 fu un risultato, non una causa, della depressione; i primi anni post bellici, quando le tariffe erano ancora alte e il controllo sugli scambi era pervasivo, furono caratterizzati in molti paesi da una decisa piena occupazione.
Perché, dunque, concentrarsi su un tale debole argomento contro un candidato davvero deprecabile? Penso di conoscere la risposta: si tratta di un argomento che non comporta una sfida all’agenda di Trump, che differisce dalla agenda degli altri repubblicani soltanto di intensità – come dice Matt O’Brien, sulla politica fiscale Trump è solo un Paul Ryan con gli steroidi.
Ma i cattivi argomenti sono cattivi argomenti, anche se sono usati contro un pessimo soggetto. E la scelta di questo argomento ci sta dicendo qualcosa su quello che non funziona in molte persone, oltre Trump.
[1] Ovvero, una macchinetta che realizza ogni genere di operazione di cucina, che negli Stati Uniti ha quel nome commerciale.
By mm
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