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Sanders al limite di rottura, di Paul Krugman (New York Times 8 aprile 2016)

 

Sanders Over the Edge

Paul Krugman APRIL 8, 2016

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From the beginning, many and probably most liberal policy wonks were skeptical about Bernie Sanders. On many major issues — including the signature issues of his campaign, especially financial reform — he seemed to go for easy slogans over hard thinking. And his political theory of change, his waving away of limits, seemed utterly unrealistic.

Some Sanders supporters responded angrily when these concerns were raised, immediately accusing anyone expressing doubts about their hero of being corrupt if not actually criminal. But intolerance and cultishness from some of a candidate’s supporters are one thing; what about the candidate himself?

Unfortunately, in the past few days the answer has become all too clear: Mr. Sanders is starting to sound like his worst followers. Bernie is becoming a Bernie Bro.

Let me illustrate the point about issues by talking about bank reform.

The easy slogan here is “Break up the big banks.” It’s obvious why this slogan is appealing from a political point of view: Wall Street supplies an excellent cast of villains. But were big banks really at the heart of the financial crisis, and would breaking them up protect us from future crises?

Many analysts concluded years ago that the answers to both questions were no. Predatory lending was largely carried out by smaller, non-Wall Street institutions like Countrywide Financial; the crisis itself was centered not on big banks but on “shadow banks” like Lehman Brothers that weren’t necessarily that big. And the financial reform that President Obama signed in 2010 made a real effort to address these problems. It could and should be made stronger, but pounding the table about big banks misses the point.

Yet going on about big banks is pretty much all Mr. Sanders has done. On the rare occasions on which he was asked for more detail, he didn’t seem to have anything more to offer. And this absence of substance beyond the slogans seems to be true of his positions across the board.

You could argue that policy details are unimportant as long as a politician has the right values and character. As it happens, I don’t agree. For one thing, a politician’s policy specifics are often a very important clue to his or her true character — I warned about George W. Bush’s mendacity back when most journalists were still portraying him as a bluff, honest fellow, because I actually looked at his tax proposals. For another, I consider a commitment to facing hard choices as opposed to taking the easy way out an important value in itself.

But in any case, the way Mr. Sanders is now campaigning raises serious character and values issues.

It’s one thing for the Sanders campaign to point to Hillary Clinton’s Wall Street connections, which are real, although the question should be whether they have distorted her positions, a case the campaign has never even tried to make. But recent attacks on Mrs. Clinton as a tool of the fossil fuel industry are just plain dishonest, and speak of a campaign that has lost its ethical moorings.

And then there was Wednesday’s rant about how Mrs. Clinton is not “qualified” to be president.

What probably set that off was a recent interview of Mr. Sanders by The Daily News, in which he repeatedly seemed unable to respond when pressed to go beyond his usual slogans. Mrs. Clinton, asked about that interview, was careful in her choice of words, suggesting that “he hadn’t done his homework.”

But Mr. Sanders wasn’t careful at all, declaring that what he considers Mrs. Clinton’s past sins, including her support for trade agreements and her vote to authorize the Iraq war — for which she has apologized — make her totally unfit for office.

This is really bad, on two levels. Holding people accountable for their past is O.K., but imposing a standard of purity, in which any compromise or misstep makes you the moral equivalent of the bad guys, isn’t. Abraham Lincoln didn’t meet that standard; neither did F.D.R. Nor, for that matter, has Bernie Sanders (think guns).

And the timing of the Sanders rant was truly astonishing. Given her large lead in delegates — based largely on the support of African-American voters, who respond to her pragmatism because history tells them to distrust extravagant promises — Mrs. Clinton is the strong favorite for the Democratic nomination.

Is Mr. Sanders positioning himself to join the “Bernie or bust” crowd, walking away if he can’t pull off an extraordinary upset, and possibly helping put Donald Trump or Ted Cruz in the White House? If not, what does he think he’s doing?

The Sanders campaign has brought out a lot of idealism and energy that the progressive movement needs. It has also, however, brought out a streak of petulant self-righteousness among some supporters. Has it brought out that streak in the candidate, too?

 

Sanders al limite di rottura, di Paul Krugman

New York Times 8 aprile 2016

Sin dagli inizi, molti e probabilmente la maggioranza degli esperti di politica progressisti erano scettici su Bernie Sanders. Su molti temi – inclusi i temi distintivi della sua campagna elettorale, in particolare la riforma del sistema finanziario – egli sembrava scegliere i facili slogan al ragionamento complesso. E la sua teoria politica del cambiamento, la sua refrattarietà ai limiti, pareva del tutto irrealistica.

Alcuni sostenitori di Sanders rispondevano con acrimonia quando venivano sollevate queste preoccupazioni, accusando immediatamente chiunque esprimesse dubbi sul loro eroe di essere un venduto se non proprio un malfattore.  Ma l’intolleranza e il settarismo di alcuni dei sostenitori di un candidato sono una cosa; che dire invece del candidato stesso?

Sfortunatamente, nei giorni passati la risposta è diventata anche troppo chiara: il signor Sanders sta cominciando ad assomigliare ai suoi peggiori sostenitori. Bernie sta diventando un fanatico di Bernie [1].

Fatemi illustrare la questione dal punto di vista delle tematiche concrete, parlando della riforma delle banche.

In questo caso il facile slogan è: “Basta con le grandi banche”. É evidente la ragione per la quale questo slogan è attraente da un punto di vista politico: Wall Street offre un eccellente assortimento di cattivi soggetti. Ma le grandi banche furono effettivamente al cuore della crisi finanziaria, e il rompere con esse ci proteggerebbe da crisi future?

Anni orsono, molti analisti arrivarono alla conclusione che le risposte ad entrambe le domande erano negative. I prestiti fraudolenti furono ampiamente messi in pratica da istituti più piccoli, estranei a Wall Street, come Countrywide Financial; la crisi stessa si concentrò non sulle grandi banche ma sulle “banche ombra” come la Lehman Brothers, che non erano necessariamente così grandi. E la riforma finanziaria che il Presidente Obama ha approvato nel 2010 face uno sforzo reale per affrontare questi problemi. Poteva ed avrebbe dovuto essere più aggressiva, ma dare un pugno su tavolo sulle grandi banche è come farsi sfuggire la sostanza.

Tuttavia, proseguire sul tema delle grandi banche è in pratica tutto quello che ha fatto il signor Sanders. Nelle rare occasioni nelle quali gli sono stati chiesti maggiori dettagli, non è parso che egli avesse nient’altro da offrire. E questa inconsistenza oltre gli slogan sembra essere la sostanza della sua posizione un po’ su tutto.

Potete ritenere che i dettagli della politica non siano significativi, se un uomo politico ha i valori ed il carattere giusti. Ebbene, si dà il caso che io non sia d’accordo. Da una parte, gli specifici programmi politici di un politico sono spesso un indizio importante del carattere  di lui o di lei – io misi in guardia nel passato sulla falsità di George W. Bush quando la maggioranza dei giornalisti lo dipingeva come una finta, come una persona per bene, perché osservai effettivamente le sue proposte in materia di fisco. D’altra parte, io considero un valore in sé l’impegno a misurarsi con scelte difficili, al contrario di prendere scorciatoie.

Ma in ogni caso, il modo in cui adesso Sanders sta facendo la campagna elettorale solleva seri problemi sul carattere e sui valori.

Una cosa è che la campagna di Sanders indichi i rapporti di Hillary Clinton con Wall Street, che sono reali, sebbene la questione dovrebbe essere se essi abbiano distorto la sua posizione, un argomento che la campagna di Sanders non ha mai neppure cercato di avanzare. Ma i recenti attacchi secondo i quali la signora Clinton sarebbe uno strumento dell’industria dei combustibili fossili sono solo apertamente disonesti, e ci dicono di una campagna che ha perso il suo equilibrio morale.

E poi c’è stata l’invettiva di mercoledì sulla ragione per la quale la Clinton non sarebbe “qualificata” per la Presidenza.

Ciò che probabilmente ha dato il via a tutto ciò è stata una recente intervista di Sanders a The Daily News, nella quale egli è ripetutamente apparso incapace di rispondere quando veniva richiesto di andare oltre i suoi consueti slogan. La Clinton, interrogata su quella intervista, è stata scrupolosa nella sua scelta delle parole, suggerendo che egli “non avesse fatto i suoi compiti a casa”.

Ma Sanders non è stato affatto scrupoloso, dichiarando di considerare i passati peccati della Clinton, inclusi i suoi sostegni agli accordi commerciali ed il suo voto per autorizzare la guerra in Iraq – per la qual cosa ella si è scusata – la rendevano completamente inadatta all’incarico.

Questo è realmente negativo, a due livelli. Ritenere le persone responsabili per il loro passato è giusto, ma imporre un criterio di purezza, secondo il quale ogni compromesso  o passo falso fa di voi l’equivalente morale di un malfattore, non lo è. Abraham Lincoln non soddisfaceva quello standard; neppure Franklin Delano Roosevelt. Neppure lo soddisfa, se è per quello, Bernie Sanders (si pensi alle armi [2]).

E la tempistica della filippica di Sanders è stata realmente stupefacente. Data la sua ampia posizione di forza tra i delegati – basata ampiamente sul sostegno degli elettori afro-americani, che reagiscono al suo pragmatismo perché la storia insegna loro a non fidarsi delle promesse stravaganti – la Clinton è fortemente favorita nella nomination democratica.

Sanders sta prendendo posizione per aderire alla folla dei sostenitori della posizione “Bernie oppure il crollo”, che annunciano di andarsene se egli non potrà portare a termine uno straordinario capovolgimento, e forse di aiutare a collocare Donald Trump o Ted Cruz alla Casa Bianca? Se non è così, cosa pensa di star facendo?

La campagna elettorale di Sanders ha portato allo scoperto una gran quantità di idealismo e di energia di cui il movimento progressista ha bisogno. Ma ha anche messo in evidenza, tuttavia, una vena di stizzosa arroganza tra alcuni sostenitori.  Ha anche portato allo scoperto una traccia simile nel candidato?

 

[1] Non è facile, mi pare, tradurre in questo caso il significato effettivo di “bro”- letteralmente un ‘fratello’, soprattutto nel senso di membro di una setta. Nel dibattito che si legge sui media americani sui “Bernie Bros” sembra che, oltre alla caratteristica di una adesione assai sguaiata alla candidatura di Sanders, non siano immuni da atteggiamenti di tipo maschilista. Ma, trattandosi di posizioni che soprattutto emergono dai ‘social’, non si può escludere che questo ultimo aspetto dipenda un po’ anche dalla propaganda opposta. Il problema sostanziale è invece se queste posizioni estremistiche possono prevalere nelle concezioni del candidato stesso, sino a configurare uno scenario di disimpegno nel caso probabile che la nomination vada alla Clinton.

[2] Nell’autunno del 2005 il Senato americano votò una legge che in sostanza impediva azioni legali contro le imprese costruttrici di fucili e pistole, qualora queste armi fossero finite in mano a bande criminali. Lo Stato di New York e i legali impegnati nella lotta contro la massiccia vendita di armi erano pronti ad una iniziativa legale contro i costruttori, che fu impedita dalla approvazione della legge federale. Naturalmente la allora senatrice Clinton votò contro la legge, mentre sorprendentemente Sanders votò a favore. Il suo argomento fu che non si poteva incolpare le imprese costruttrici se un arma finiva in mano alle persone sbagliate. Di recente Sanders si è detto disponibile ad una nuova lettura di quella legislazione, ma ha confermato la sostanza degli argomenti che lo portarono alla sua approvazione.

 

 

 

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