Paul Krugman MAY 9, 2016
Truly, Donald Trump knows nothing. He is more ignorant about policy than you can possibly imagine, even when you take into account the fact that he is more ignorant than you can possibly imagine. But his ignorance isn’t as unique as it may seem: In many ways, he’s just doing a clumsy job of channeling nonsense widely popular in his party, and to some extent in the chattering classes more generally.
Last week the presumptive Republican presidential nominee — hard to believe, but there it is — finally revealed his plan to make America great again. Basically, it involves running the country like a failing casino: he could, he asserted, “make a deal” with creditors that would reduce the debt burden if his outlandish promises of economic growth don’t work out.
The reaction from everyone who knows anything about finance or economics was a mix of amazed horror and horrified amazement. One does not casually suggest throwing away America’s carefully cultivated reputation as the world’s most scrupulous debtor — a reputation that dates all the way back to Alexander Hamilton.
The Trump solution would, among other things, deprive the world economy of its most crucial safe asset, U.S. debt, at a time when safe assets are already in short supply.
Of course, we can be sure that Mr. Trump knows none of this, and nobody in his entourage is likely to tell him. But before we simply ridicule him — or, actually, at the same time that we’re ridiculing him — let’s ask where his bad ideas really come from.
First of all, Mr. Trump obviously believes that America could easily find itself facing a debt crisis. But why? After all, investors, who are willing to lend to America at incredibly low interest rates, are evidently not worried by our debt. And there’s good reason for their calmness: federal interest payments are only 1.3 percent of G.D.P., or 6 percent of total outlays.
These numbers mean both that the burden of the debt is fairly small and that even complete repudiation of that debt would have only a minor impact on the government’s cash flow.
So why is Mr. Trump even talking about this subject? Well, one possible answer is that lots of supposedly serious people have been hyping the alleged threat posed by federal debt for years. For example, Paul Ryan, the speaker of the House, has warned repeatedly about a “looming debt crisis.” Indeed, until not long ago the whole Beltway elite seemed to be in the grip of BowlesSimpsonism, with its assertion that debt was the greatest threat facing the nation.
A lot of this debt hysteria was really about trying to bully us into cutting Social Security and Medicare, which is why so many self-proclaimed fiscal hawks were also eager to cut taxes on the rich. But Mr. Trump apparently wasn’t in on that particular con, and takes the phony debt scare seriously. Sad!
Still, even if he misunderstands the fiscal situation, how can he imagine that it would be O.K. for America to default? One answer is that he’s extrapolating from his own business career, in which he has done very well by running up debts, then walking away from them.
But it’s also true that much of the Republican Party shares his insouciance about default. Remember, the party’s congressional wing deliberately set about extracting concessions from President Obama, using the threat of gratuitous default via a refusal to raise the debt ceiling.
And quite a few Republican lawmakers defended that strategy of extortion by arguing that default wouldn’t be that bad, that even with its access to funds cut off the U.S. government could “prioritize” payments, and that the financial disruption would be no big deal.
Given that history, it’s not too hard to understand why candidate Trump thinks not paying debts in full makes sense.
The important thing to realize, then, is that when Mr. Trump talks nonsense, he’s usually just offering a bombastic version of a position that’s widespread in his party. In fact, it’s remarkable how many ridiculous Trumpisms were previously espoused by Mitt Romney in 2012, from his claim that the true unemployment rate vastly exceeds official figures to his claim that he can bring prosperity by starting a trade war with China.
None of this should be taken as an excuse for Mr. Trump. He really is frighteningly uninformed; worse, he doesn’t appear to know what he doesn’t know. The point, instead, is that his blithe lack of knowledge largely follows from the know-nothing attitudes of the party he now leads.
Oh, and just for the record: No, it’s not the same on the other side of the aisle. You may dislike Hillary Clinton, you may disagree sharply with her policies, but she and the people around her do know their facts. Nobody has a monopoly on wisdom, but in this election, one party has largely cornered the market in raw ignorance.
Come si costruisce un ignorante, di Paul Krugman
New York Times 9 maggio 2016
Per davvero, Donald Trump non sa nulla. É più ignorante di politica di quello che probabilmente vi potete immaginare, anche quando mettiate nel conto il fatto che in generale è più ignorante di quello che vi potete immaginare. Ma la sua ignoranza non è così unica come può sembrare: in molti sensi, egli sta solo realizzando la goffa prestazione di incarnare assurdità ampiamente popolari nel suo partito, e in qualche misura nel chiacchiericcio delle classi benpensanti più in generale.
La scorsa settimana il presunto candidato presidenziale dei repubblicani – difficile a credere, ma siamo a questo punto – ha finalmente rivelato il suo piano per rendere l’America nuovamente grande. Fondamentalmente, riguarda il gestire il paese come una casa da gioco che sta per fallire: se le sue stravaganti promesse di crescita economica non fossero risolutive, egli potrebbe, ha asserito, “trovare un accordo” con i creditori che ridurrebbero il peso del debito.
La reazione, da parte di chiunque conosca qualcosa di finanza o di economia, è stata un misto di attonito orrore e di inorridito stupore. Nessuno butterebbe alla ortiche con nonchalance la reputazione scrupolosamente coltivata dall’America come debitore più meticoloso del mondo – una reputazione che risale niente di meno che ad Alexander Hamilton [1].
La soluzione di Trump, tra le altre cose, priverebbe il mondo del suo asset sicuro più importante, il debito statunitense, in un periodo nel quale gli asset sicuri sono già un’offerta scarsa.
Naturalmente, possiamo dar per certo che il signor Trump non sappia niente di cose del genere, e nessuno tra i suoi collaboratori è probabile che gliele racconti. Ma prima di metterlo semplicemente in ridicolo – o, per la verità, nello stesso tempo in cui lo si mette in ridicolo – chiediamoci da dove effettivamente queste cattive idee provengano.
Prima di tutto, il signor Trump evidentemente crede che l’America potrebbe affrontare facilmente una crisi del debito da sola. Ma perché? Dopo tutto, gli investitori, che sono disponibili a far credito all’America a tassi di interesse incredibilmente bassi, evidentemente non sono preoccupati del nostro debito. E c’è una buona ragione per non esserlo: i pagamenti federali sugli interessi sono soltanto l’1,3 per cento del PIL, o il 6 per cento della spesa totale.
Questi numeri significano sia che il peso del debito è abbastanza piccolo e che persino un completo disconoscimento del debito avrebbe soltanto un impatto modesto sui flussi di cassa governativi.
Dunque, perché Trump addirittura scomoda un tema del genere? Ebbene, una risposta possibile è che molte delle cosiddette persone serie stanno facendo un gran chiasso sulla presunta minaccia costituita da anni dal debito federale. Ad esempio, Paul Ryan, lo speaker della Camera, ha messo in guardia su una “incombente crisi del debito”. Per la verità, sino a non molto tempo fa l’intera classe dirigente della Capitale sembrava essere suggestionata dal BowlesSimpsonismo [2], con il suo giudizio secondo il quale quel debito era la più grande minaccia cui la nazione si trovava di fronte.
Molta di questa isteria del debito era in realtà relativa al tentativo di impressionarci ed indurci a tagliare la Previdenza Sociale e Medicare, che è la ragione per la quale molti sedicenti falchi della finanza pubblica erano anche ansiosi di tagliare le tasse sui ricchi. Ma il signor Trump in apparenza non aderiva a quel particolare imbroglio, ed ora prende sul serio il terrore fasullo per il debito. Spiacevole, no?
Eppure, sebbene egli fraintenda la situazione della finanza pubblica, come può immaginarsi che andare in default sarebbe positivo per l’America? Una risposta può essere che lo deduca dalla propria carriera di imprenditore, nel corso della quale ha fatto molti affari facendo crescere rapidamente i suoi debiti, e poi prendendone le distanze.
Ma è anche vero che gran parte del Partito Repubblicano condivide la sua noncuranza di un default. Si ricordi, la componente del Partito che siede in Congresso stabilì deliberatamente di estorcere concessioni dal Presidente Obama, utilizzando la minaccia di un ingiustificato default attraverso un rifiuto ad elevare il tetto del debito.
Ed un certo numero di legislatori repubblicani difese quella strategia estorsiva sostenendo che il default non sarebbe stato un gran danno, che persino con l’accesso tagliato ai fondi il Governo degli Stati Uniti poteva stabilire priorità nei pagamenti, e che il trambusto finanziario non sarebbe state stato un grande affare.
Considerata quella storia, non è troppo difficile capire perché il candidato Trump pensi che non pagare i debiti in assoluto abbia senso.
La cosa importante da capire, allora, è che quando Trump dice cose insensate, di norma egli offre soltanto una versione enfatica di quello che è generalmente condiviso nel suo partito. Infatti, è rilevante quanti ridicoli ‘trumpismi’ vennero fatti propri nel 2012 da Mitt Romney, a partire dalla sua pretesa che il vero tasso di disoccupazione era molto più ampio dei dati ufficiali sino al suo argomento di poter restituire prosperità avviando una guerra commerciale con la Cina.
Tutto questo non deve essere considerata una scusante per Trump. Egli è davvero spaventosamente non informato: peggio, sembra che sappia quello che non sa. Il punto, tuttavia, è che la sua spensierata ignoranza va un buona parte dietro le tendenze a non saper niente di niente del partito che adesso dirige.
Inoltre, solo per la cronaca: dall’altra parte dello schieramento le cose non stanno affatto in quel modo. Hillary Clinton può non piacere, si può dissentire pesantemente con le sue politiche, ma lei come le persone che le stanno intorno conoscono i fatti loro. Nessuno ha in monopolio della saggezza, ma in queste elezioni, un partito ha ampiamente monopolizzato il mercato, quanto ad autentica ignoranza.
[1] Uno dei primi segretari al Tesoro degli Stati Uniti, anzi il primo dopo la Guerra Civile, collaboratore di George Washington.
[2] Il riferimento è ai due copresidenti (Bowles, democratico e Simpson, repubblicano) di una Commissione sul deficit, dalla quale vennero proposte bipartisan sostanzialmente filo austerità. Il “bowlesimpsonismo” era il movimento di idee di quegli anni, o per meglio dire mesi, perché la stagione di quella intesa centrista durò molto poco.
By mm
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